Capo morto capo ha
Capo di Cosa Nostra cotto e mangiato.
Era il boss dei boss. Aveva deciso di pentirsi a seguito di grave malattia. E’ morto in clinica. Dove? Nella location più adatta. In Colombia.
Stiamo parlando d‘“u pacchiuni”, Giovanni Motisi, 65 anni, ricercato – ammesso che qualcuno lo abbia cercato per davvero – dal 1998.
Risponderebbe, se fosse ancora vivo, dell’uccisione del commissario Ninni Cassarà e dell’agente Roberto Antiochia (nel 1985). Poliziotti antimafiosi che davano la caccia ai mafiosi. Risponderebbe? O avrebbe risposto? E chi lo sa.
Ma anche di qualche omicidio, di mafia in senso stretto, cioè faida fra mafiosi di diversa corrente.
È diventata ricca di molte stranezze, la lotta alla mafia. Vediamo.
La notizia che Motisi sia venuto a mancare in Colombia, viene data da un settimanale italiano illustrato che l’ha ricevuta da un fotografo (“firma” del settimanale stesso), che vive in Colombia, e che a sua volta l’aveva ricevuta da un misterioso “tramite” – non se ne conosce l’identità -, al quale Motisi si era rivolto per affidare, proprio al fotografo, il “pizzino” della sua volontà di imminente pentimento.
Solo che Motisi è morto. O meglio, sarebbe morto, dato che sono in corso tutti gli accertamenti del caso. O potrebbe essere morto qualcun altro al posto suo.
Che dire?
Abbiamo digerito l’arresto e la morte di Matteo Messina Denaro, che è andato al creatore limitandosi a scrivere pensieri d’amore, ma senza neanche un barlume di verità sui segreti di Stato, che gelosamente custodiva, che erano tanti, e che erano d’acciaio.
Ma al capo di Cosa Nostra, che cerca il fotografo per far pentimento e poi muore sul più bello, la nostra fantasia, almeno ad oggi, ancora non era arrivata. E poi in Colombia, in una clinica di Calì.
Avranno di che lavorare gli investigatori che cercano i latitanti (ma anche gli sceneggiatori di Netflix).
Fonte: AntimafiaDuemila
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