“Non sapevo della mafia a Leinì”
Passano pochi minuti e Nevio Coral scoppia in lacrime. E’ seduto di fronte alla Corte che lo sta giudicando per concorso esterno in associazione mafiosa e risponde alla domande dei Pm che lo ritengono l’uomo cerniera tra la ‘ndrangheta e politica. Quello reso ieri nella maxi aula bunker delle Vallette è stato un interrogatorio fiume, che si è protratto per ore. Nel rispondere alle domande dei Pm, Coral ha ripercorso la sua carriera politico industriale: “ Ho iniziato a lavorare a 13 anni, ho abitato in una baracca di legno. Ho fatto squadra con la mia famiglia e dal nulla ho creato una ventina di aziende autonome”. Parla con soddisfazione della sua carriera professionale, di un uomo che si è fatto da solo. Poi racconta del suo percorso di uomo pubblico “sganciato dai partiti che si è occupato del bene del paese”. Parte dal 1994, dalla sua discesa in campo in Forza Italia, della vittoria delle elezioni a Leinì e dello scioglimento della giunta, dopo pochi mesi. “Non potevo più lavorare con i partiti – spiega Coral – così ho fondato il movimento Nuove Energie ho vinto le elezioni ed ho governato Leinì per due mandati”.
Nevio Coral, che si definisce il “Grillo di quei tempi, ma con i piedi per terra” si interrompe più volte e piange, soprattutto quando i Pm lo incalzano sui rapporti avuti con persone legate alla ‘ndrangheta. Rapporti testimoniati da intercettazioni e interessi economici tra esponenti di spicco delle locali torinesi e l’ex Sindaco di Leinì. Il paese che ha governato per 10 anni, del quale è stato consigliere comunale con deleghe importanti – quando primo cittadino diventò suo figlio – è stato commissariato per infiltrazione mafiosa, eppure, con convinzione Nevio Coral non ha esitato a dichiarare alla Corte “a mio giudizio la mafia a Leinì non c’è . Se ci fosse stata ce ne saremmo accorti. Da noi è morto l’ultimo mafioso nel 2003, in frazione tedeschi. Mi sarei rivolto immediatamente ai carabinieri, se avessi saputo della presenza della mafia”.
Dalla lente con cui guarda il suo operato l’ex Sindaco di Leinì vede solo successi, una perfetta gestione della macchina comunale. Ma la procura gli risponde riportando le intercettazioni che lo vedono protagonista del favore elettorale della ‘ndrangheta. La prima volta che gli inquirenti sentono il suo nome pronunciato da uomini della ‘ndrangheta è nel 2004: Adolfo Crea parla dell’appoggio alle elezioni regionali a Caterina Ferrero, nuora del Sindaco di Leinì “ per chiedere a Coral qualcosa in cambio”. Ma Coral smentisce, dice di non avere mai conosciuto queste persone e le considera millantatori. Ma è nel 2009 che per la Procura i rapporti si intensificano. A parlare di voti, affari e appalti è lo stesso Coral. Lo fa con personaggi di spicco della criminalità organizzata comeGiuseppe Gioffrè e Giovanni Iaria. I Pm leggono in aula le intercettazioni fatte all’hotel Verdina dove Coral parla di appalti, affari di fronte a quelli che lui chiama imprenditori, ma che sono persone con svariati precedenti penali, arrestate poi nell’operazione Minotauro. L’accusa chiede conto delle frasi pronunciate a Coral e lui, di fronte a queste promesse fatte in cambio di un appoggio elettorale per la candidatura del figlio Ivano alle provinciali di Torino, si giustifica dicendo che è il suo modo di fare, che in campagna elettorale fingi di conoscere tutti, che non sapeva di avere a che fare con ‘ndranghetisti e se l’avesse saputo “ sarebbe andato dritto dai Carabinieri”.
Simile la reazione avuta alla contestazione mossa dai Pm sugli intrecci societari che lo vedono in affari con Macrina Valter – socio di fatto di Giovanni Iaria: il Sindaco si dichiara all’oscuro degli affari sporchi del socio. Nevio Coral ha deciso di rispondere a tutte le domande tenendo una linea chiara: dichiararsi completamente estraneo alla ‘ndrangheta e di non sapere che le persone con cui si rapportava fossero esponenti della criminalità organizzata. La tesi della Procura è naturalmente opposta e insiste sulla consapevolezza dell’ex Sindaco di Leinì che da questi personaggi otteneva favori e stringeva affari. Un impianto accusatorio che si traduce nell’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa.
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