NEWS

Trattativa e stragi, l’ex ministro Vincenzo Scotti: “nel ’92 si sottovalutò pericolo mafia”

Di redazione il . Istituzioni

Di lui la stampa raccontò quel sorriso lasciato a metà quando gli chiesero di spiegare il perché del suo avvicendamento con Nicola Mancino, il 29 giugno 1992, durante il processo in corso a Caltanissetta per la strage di via D’Amelio. Oggi chiamato a deporre nel processo in corso a Palermo, nel quale sono imputati il generale Mario Mori e il colonnello Mauro Obinu, accusati davanti al Tribunale di Palermo di favoreggiamento aggravato a Cosa nostra per la mancata cattura del boss Bernardo Provenzano, l’allora ministro dell’Interno, Vincenzo Scotti va oltre quell’espressione . E racconta perché si trovò privo del Ministero dal quale stava cercando – come conferma in aula – di “rinforzare il 41 bis per i mafiosi”, dopo la strage di Capaci. 
Poche settimane dopo quella strage, infatti, racconta oggi  a Palermo,  Scotti aveva iniziato a lavorare su un decreto legge che prevedeva il carcere duro per i mafiosi, il cosiddetto “41bis” ma  – dichiara l’allora ministro  – «quando accelerai per l’approvazione del decreto fui isolato politicamente».  «Percepii un clima di isolamento politico, se dicessi un’altra cosa dire il falso. Anche i giornali lo scrissero all’epoca, spiega Scotti al Procuratore aggiunto Antonio Ingroia e al pm Antonino Di Matteo nel corso della deposizione, tutti conoscevano il mio orientamento nella lotta alla mafia, dissi soprattutto dopo gli omicidi Salvo Lima e di Giovanni Falcone che bisognava incalzare, accelerare nella lotta a Cosa nostra e non abbassare la guardia. Era una condotta nota a tutti».
 Scotti racconta di un governo dimissionario ma che operava in piena emergenza, rispetto alla strage che da poco si era verificata e ai segnali inquietanti che arrivavano da più parti. «Nel marzo del 1992 denunciai il rischio di un piano di destabilizzazione ordito dalla mafia, fui considerato avventato, insomma, mi presero per un venditore di patacche – ha precisato oggi in aula, Scotti». A definire così gli allarmi lanciati da Scotti, sulla base delle informazioni che arrivavano anche dai Servizi Segreti, in parlamento, fra gli altri, Giulio Andreotti. 
E’ il 1992, da poco è stato eletto a presidente della Repubblica, Oscar Luigi Scalfaro  e l’Italia si trova nei giorni caldi dello scontro Stato – mafia, e probabilmente, proprio negli stessi giorni di quel “dialogo a colpi di bombe” che una parte della mafia stava intessendo, all’insaputa di molti, con una parte dello Stato. Anche su questo Scotti, oggi racconta alcuni nuovi dettagli: spiega di aver lasciato traccia di questo suo allarme che si basava su documenti raccolti da apparati dello Stato, e segnalati a lui, dall’allora capo della polizia, Parisi, alla Commissione antimafia in una sua relazione. Contestualmente racconta di non aver saputo niente di eventuali contatti fra persone delle istituzioni e l’ex sindaco di Palermo, Ciancimino in quel periodo. «Nessuno mi informo’, quando ero ministro dell’Interno, dei contatti tra il Ros dei carabinieri e l’ex sindaco di Palermo Vito Ciancimino» – ha precisato nella sua deposizione.  Ai pm che lo sentono ha spiegato di aver parlato della cosa successivamente con l’ex guardasigilli Claudio Martelli, informato dei contatti dall’allora direttore degli Affari penali di via Arenula Liliana Ferraro, e di avergli chiesto perché non gli era stato detto della circostanza. «Mi disse – ha aggiunto Scotti – che non aveva ritenuto di dirmelo
» .
Ai giornalisti che l’hanno intervistato, uscendo dal tribunale di Palermo, ha confermato: «La mia sostituzione al ministero dell’Interno con Nicola Mancino nel giugno del ’92? Ho cercato di non darmi una spiegazione. Fu una decisione non logica dal punto di vista istituzionale nella lotta alla mafia. Io non ho alcun elemento concreto, ma solo sensazioni politiche. Ci sono diversi punti interrogativi che restano». Sul suo sostituto al Viminale, Nicola Mancino, dice: «E’ una persona rispettabilissima, io non pongo un problema personale ma politico, del merito. Parliamo di una sostituzione avvenuta nel momento di maggiore scontro con la mafia, cioe’ dopo la strage di Capaci in cui morirono il giudice Giovanni Falcone e tre agenti della scorta».  Scotti riferisce di una “generale sottovalutazione del rischio” rappresentato dalla mafia in quel 1992 da parte della politica e dei vertici istituzionali.  
Durante il processo per la strage di via D’Amelio era stato sentito sul quel periodo, all’epoca incalzato dall’avvocato Luigi Li Gotti sul passaggio dal ministero degli Interni agli Esteri, in un tempo brevissimo. A seguire una parte dell’interrogatorio di Vincenzo Scotti in aula*:
[…] Avv. LI GOTTI : Perché da ministro dell’Interni dimissionario, perché dimissionario un Governo, lei diventa ministro degli Esteri? Ci fu una spiegazione del perché nel momento più caldo dell’offensiva mafiosa viene sostituito  il ministro dell’Interni? Le diedero spiegazioni di questo?
Avv. REINA: Scusi, Signor Presidente, sia quando ha fatto la domanda il Pubblico Ministero che ora che ha fatto la domanda l’avvocato Li Gotti, il ministro ha avuto una espressione che, purtroppo, la Corte pur essendo presente, non è riuscita… Non chiedo al ministro, però vorrei che la Cort, diciamo, fosse a conoscenza di questa espressione, che a volte dicono più delle parole. 
PRESIDENTE: Credo che l’avvocato Li Gotti abbia dato in parte atto di questa espressione che ha assunto il teste mentre deponeva. 
Avv. REINA: Una cosa è che ne diamo atto noi, una cosa è che la Corte si renda conto visivamente. 
PRESIDENTE: Cosa che, ovviamente, non  può più fare. Va bene, può rispondere
TESTE SCOTTI V. : Presidente, ma… chiedo scusa alla Corte, non era assolutamente qualcosa di irriverente, nei confronti della Corte, cioè..
PRESIDENTE: Certamente no, ma non è questa…
TESTE SCOTTI: Nel modo più assoluto
PRESIDENTE: Non è questo che intendono dire gli avvocati
TESTE SCOTTI: Era soltanto un sorriso che nasce dalla mia curiosità dal 1992 di capire perché questo è avvenuto. Avendo avuto io contrasti notevoli ed essendoci oramai anche alcune pubblicazioni di quanto è stato fatto per contenere l’azione, io ho avuto solidarietà assoluta dai colleghi di Governo quando ho proposto i provvedimenti […]
AVV. LI GOTTI: Devo ritornare sulla domanda che era un pochettino più esplicita. Lei non esce dalla compagine governativa perché il Governo del quale fa parte è dimissionario, ma entra in una nuova compagine governativa, rimanendo ministro, ma divenendo ministro degli Esteri. Il passaggio da un ministero a […]
TESTE SCOTTI V. : per venticinque giorni
AVV. LI GOTTI: D’accordo, però voglio dire, cade un Governo è normale che si possa cambiare la compagine governativa. Lei rimane nel suo Governo. Io la domanda che le facevo era: perché lei lascia il ministero dell’Interno divenendo ministro degli Esteri?
TESTE SCOTTI V. : questa è una valutazione personale..
AVV. LI GOTTI: Se lei chiese la ragione in un momento caldissimo di attacco della malavita, di “Cosa nostra” allo Stato, di questo spostamento di Ministero oppure può darcene oggi una spiegazione.
TESTE SCOTTI V.: No fa parte, avvocato … c’è…
AVV. LI GOTTI: fu un problema di… lei apparteneva ad una corrente politica?
TESTE SCOTTI V.: No, no,  non c’era nessuna questione di corrente, né questioni di…c’era una questione mia di valutazione personale di questa direzione. Tenga conto che io non ho mai inteso abbandonare la battaglia, ho inteso continuarla nel Governo da posizione diversa, tant’è vero che il mio primo atto da ministro degli Esteri, fu l’istituzione di un ufficio per i problemi penali internazionali, per agevolare l’azione di Grazia e Giustizia degli Interni, perché mi ero reso conto agli Interni, che il problema fosse di portata internazionale […]
Durante l’interrogatorio l’avvocato continua a chiedere al teste l’ex ministro Scotti le ragioni di quel passaggio “dalla sera alla mattina” dagli Interni agli Esteri. E il ministro Scotti, successivamente risponde a Li Gotti, nel merito, facendo riferimento agli “avvertimenti” di cui oggi ha parlato in aula, durante il processo Mori – Obinu per la mancata cattura di Bernardo Provenzano. Riportiamo solo l’ultimo passaggio di queste deposizioni, la risposta di Vincenzo Scotti, alla domanda dell’avvocato Li Gotti, che chiede se può meglio spiegare una sua dichiarazione, dopo il delitto Lima, che parlò di un delitto “avvertimento”.

AVV. LI GOTTI: visto che lei aveva un osservatorio privilegiato, essendo il ministro dell’Interno, ci può dare un contenuto  di maggiore delucidazione  della parola “avvertimento”?
TESTE SCOTTI V.: Guardi, io non ho … in linguaggio italiano la parola avvertimento è avvertire… cioè questi di fronte – lo disse anche il capo della Polizia – al fatto che le istituzioni avevano accresciuto il potere di contrasto nei confronti della mafia, volevano indicare una loro forza, una loro esistenza anche rispetto agli addetti, anche rispetto ai clan. Questo era un modo in cui loro reagivano, non solo per un avvertimento verso l’alto, ma anche verso di loro, poiché se ricorda il Decreto Legge che portò in carcere la cupola, fu uno schiaffo fortissimo di chi riteneva di potere avere impunità e di chi riteneva che lo Stato non fosse in grado di intervenire, anche di fronte ad una situazione come quella con mezzi e poteri straordinari. Io volli un Decreto Legge e una operazione di Polizia immediata proprio perché era un avvertimento, al di là del contenuto specifico, che lo Stato non arretrava e lo Stato era lì perché era di fronte a queste situazioni non tornasse indietro. Questo è il senso della mia osservazione, non entra nella banalità delle vicende politiche di Tizio e Caio. Era una posizione istituzionale, che io indicavo.
AVV. LI GOTTI: Lei ha avuto cognizione o conoscenza che in quel periodo, le sto parlando del periodo immediatamente successivo alla strage di Capaci, fosse stata avviata una trattativa per il recupero di opere d’arte con la richiesta a Cosa nostra che accettò la proposta chiedendo la liberazione di cinque capi mandamento?
TESTE SCOTTI V.: No
AVV. LI GOTTI Nessuno mai le riferì questo?
TESTE SCOTTI V.: No, nessuno
*(Deposizione di Scotti Vincenzo al processo per la strage di via D’Amelio, 16 luglio 1998 – pag. 55 – 57- Tratte da “La Trattativa” a cura di Maurizio Torrealta)

Trackback dal tuo sito.

Premio Morrione

Premio Morrione Finanzia la realizzazione di progetti di video inchieste su temi di cronaca nazionale e internazionale. Si rivolge a giovani giornalisti, free lance, studenti e volontari dell’informazione.

leggi

LaViaLibera

logo Un nuovo progetto editoriale e un bimestrale di Libera e Gruppo Abele, LaViaLibera eredita l'esperienza del mensile Narcomafie, fondato nel 1993 dopo le stragi di Capaci e via D'Amelio.

Vai

Articolo 21

Articolo 21: giornalisti, giuristi, economisti che si propongono di promuovere il principio della libertà di manifestazione del pensiero (oggetto dell’Articolo 21 della Costituzione italiana da cui il nome).

Vai

I link