La “firma” di Cosa nostra nell’omicidio Rostagno
La mafia trapanese ha ucciso Mauro Rostagno. C’ è la certezza sulla responsabilità di Cosa Nostra, invece su chi ha sparato e fatto parte del commando che la sera del 26 settembre 1988 ancora ci sono indagini in corso, ma il sospetto conduce a quel gruppo di fuoco a disposizione del capo mafia Vincenzo Virga che prima e dopo Rostagno è entrato all’ opera quasi sempre con le stesse modalità, compresa anche la circostanza ripetuta dell’ utilizzo di uno stesso modello di auto una Fiat Uno, rubata, usata e poi bruciata.
La perizia balistica ha dato alla procura antimafia di Palermo importanti elementi per dire che dalle stesse mani sono passate le cartucce utilizzate in alcuni omicidi di mafia commessi a Trapani, l’ ultimo di una lunga catena è quello dell’ agente di custodia Giuseppe Montalto, omicidio per il quale sconta l’ergastolo Vito Mazzara, un tipo esperto di armi, campione nelle gare di tiro a volo. E secondo gli esperti della balistica doveva essere un esperto di armi quello che si è occupato delle cartucce esplose in un paio di delitti di mafia, omicidio Rostagno compreso. Particolari ne trapelano pochi, ma quelle cartucce sarebbero state preparate in modo artigianale, addirittura rese più potenti di quelle normale perchè «sovraccaricate», e poi in qualche maniera si è tentato di confondere le impronte lasciate al momento dell’esplosione, in un modo particolare, sparandole a freddo prima di essere esplose per davevro, così che si sono sovrapposti diversi segnali.
Killer dunque ben preparati, bravi nello sparare da non sbagliare un colpo, preparati nel gestire armi, cartucce e polvere da sparo.
Mauro Rostagno quella sera non doveva uscire vivo da quell’ agguato, come nessuna delle altre vittime finite nel mirino di questo stesso gruppo di sicari, nessuno ha avuto scampo, e ad essere colpiti è stato sempre e soltanto chi doveva morire. Nei delitti Rostagno e Montalto c’ è un’ altra coincidenza a questo proposito, i due non erano in auto e non erano soli, Mauro era con Monica Serra, Giuseppe Montalto era con sua moglie, Mauro rallentò e si fermò a quel bivio di Lenzi, Montalto era appena salito in auto, quando i sicari spararono, e i colpi non hanno raggiunto le persone che erano con loro.
Le motivazioni della «rivolta» dello scorso settembre che portò alla raccolta di oltre 6 mila firme per non far fermare le indagini sul delitto Rostagno hanno ricevuto oggi ragione, fondatezza. Fu da quel momento che Giuseppe Linares il dirigente della squadra Mobile che non si era mai occupata del delitto, sennò nel momento iniziale, quando l’ allora dirigente Rino Germanà puntò dritto al cuore di Cosa Nostra, decise con il conforto della procura di Palermo di riprendere in mano il fascicolo e svolgere quelal perizia balistica che mai era stata ripetuta in questi anni di indagini aperte, chiuse e riaperte. In aiuto è arrivato poi una sofisticata apparecchiatura che ha permesso di «leggere» più a fondo le tracce sulle cartucce del delitto Rostagno confrontandole con altri.
La firma di Cosa Nostra è così saltata fuori. Senza ombra di dubbio dicono gli investigatori.
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