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“Passione”. Nel ricordo di Mario Almerighi

Valeria Almerighi il . Costituzione, Cultura, Diritti, Giustizia, Istituzioni, Memoria

Nonna Italia: personaggio inventato ma non troppo.

Nonna Italia è un personaggio inventato, si aggira per le classi con un librone di cartone dal titolo “Costituzione della Repubblica italiana” in una mano e nell’altra un ramoscello di ulivo. Tramite una cuffia intorno alle orecchie comunica grazie ad un esercizio di fantasia con suo nipote, Bimbo Italia, che regolarmente la manda a scuola per ricordare il suo passato.

Quando le chiedono l’età lei risponde “Centotrentanove”, e chi la guarda dal basso con occhi curiosi e spalancati vuole sapere come faccia ad essere ancora viva; sono i bambini e le bambine delle scuole primarie. Nonna Italia è stata una Costituente ma non lo ricorda più, perché è malata di smemoratezza.

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Ogni 24 Marzo da sei anni con l’associazione Sandro Pertini – Isonomia vogliamo sia un’occasione per tenere vivo il ricordo di Mario Almerighi, non solo nell’affetto ma nel riconoscimento di quanto abbia compiuto (o tentato di compiere) nell’esercizio delle sue funzioni professionali e umane e così, è necessaria anche per me l’immersione nella ricostruzione del puzzle della vita di mio padre, accompagnata da quelle domande che ogni figlio si pone per ricomporre quell’identità delle origini che ci aiuta a capire chi siamo e quali genitori vogliamo essere di noi stessi.

Marzo è il mese in cui ogni ramo secco comincia a risorgere, ogni bocciolo a germogliare, la Pasqua è dietro l’angolo a ricordarcelo.

Quest’anno un noto giornalista mi chiede di ricordare l’amicizia tra mio padre e Giovanni Falcone, nel periodo dagli anni Ottanta al maggio ’92 in cui si frequentavano a casa dei miei, e io ero una bambina. Mio padre avrebbe tanto voluto scrivere un libro su Falcone, me lo diceva sempre, e anche se non potrò mai meglio dei suoi colleghi testimoniare cosa accadesse nelle aule della giustizia, la loro amicizia me la ricordo bene, quella svoltasi tra il divano del salotto e la tavola apparecchiata. Questa telefonata mi porta su pezzi del puzzle che non amavo ripescare, quelli che non agguanti per primi ma sai che, prima o poi, ne avrai bisogno.

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Colgo l’occasione, leggo fino alla fine “La storia si è fermata. Giustizia e Politica, la testimonianza di un magistrato”, scritto per ripercorrere la vita professionale del giudice che Mario Almerighi aveva deciso di essere e “Il Testimone. Memorie di un magistrato in prima linea”. Parallelamente leggo, di Saviano, “Solo è il coraggio. Giovanni Falcone, il romanzo”, incuriosita dal punto di vista del noto giornalista. L’immersione nel puzzle è intensa, nel giro di due giorni mando giù come un bicchier d’acqua (si fa per dire, qua e là viene il singhiozzo) circa mille pagine che ripercorrono slanci e sconfitte, afflati e batoste, solitudini e paradossi. Tra soddisfazioni e delusioni amarissime, queste vite testimoniano una storia dell’Italia che è troppo spesso teatro di surrealtà, e a confronto il Castello di Kafka sembra un romanzo rosa.

I protagonisti dei libri (e non solo Almerighi, Montalto e Falcone, ma tanti altri), sono operatori di Giustizia nel senso più letterale del termine, che vedono la Giustizia come il più imprescindibile degli ideali per la democrazia di un paese, per il raggiungimento della felicità collettiva. Hanno scelto la Giustizia per vocazione, e l’impegno che mettono per cercare di applicarla è per loro qualcosa di bello e semplicemente doveroso visto che, tra i tanti mestieri possibili, hanno scelto quello del giudice.

Ebbene questi giudici, che cercano con cura, passione e volontà di osservare nel loro operato i principi e le regole scritte proprio su quel librone che porta in giro per le classi Nonna Italia, subiscono qualsiasi tipo di attacco proprio da parte di chi dovrebbe condividere la stessa vocazione; e allora finalmente capisci perché la loro sia diventata una missione, più che un mestiere. Un’ossessione, più che una vocazione. Se a rischio vi è la salvaguardia dell’uguaglianza nella società civile… qualcuno dovrà pur difenderla!

E mentre si leggono le loro biografie e la tentazione di lasciarsi andare alla rabbia o allo scoramento è forte, infine si resiste perché il loro esempio ci dice che resistere è possibile, fino alla fine. Tuttavia ci si sorprende sul libro a strabuzzare gli occhi e a dire ad alta voce: “Ma come è possibile?”. Forse è la risposta a questa domanda che ci deve riportare a scuola.

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“Secondo voi le regole sono importanti?”, chiede di solito Nonna Italia nelle classi. “Si”, “No”, “Non lo so”. “Certo Nonna. Perché se non ci sono succede un casino!”, la scorsa settimana una bambina le ha risposto molto chiaramente così. Grazie a queste risposte (che ahimè talvolta le maestre cercano di censurare o correggere), si gioca per scoprire e capire queste regole, per amarle, prima di tutto.

Nonna Italia è fissata con le regole perché le ha scordate tutte, ma proprio tutte… quelle leggi dell’amore (così le chiama suo nipote). Solo dopo averle discusse e accettate si arriva a capire che siano non solo importanti, ma necessarie; siamo animali sociali e dobbiamo farcene una ragione. Talvolta Nonna Italia e i bambini e le bambine scrivono delle poesie a partire da un articolo scelto insieme, perché poesia significa azione, perché il sistema di diritto non sia un’imposizione, ma prima di tutto una possibilità per essere felici. Per questo Bimbo Italia la manda a scuola, perché quello è il luogo – e non si deve dimenticarlo – dove è possibile essere felici, dove si scopre il senso delle parole importanti, della cura, di cosa sia la passione e cosa sia la volontà.

Perché la regola sia per tutti e tutte, perché sia uno ius quia iustum e non uno ius quia iussum, anche se per Nonna quelle parole sono ancora troppo complicate, questo deve essere il primo imperativo, la prima vera vocazione di un Maestro.  “Ah… per questo le regole le hanno scritte nel librone, Nonna? Per non dimenticarle?”. “Eh sì… credo di sì”, risponde Nonna Italia: “Perché a volte, sapete… sono un po’ scordarella!”.

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Mio padre ha sempre cercato di spiegarmi che la politica dovrebbe occuparsi di prevenire ciò che la magistratura è poi costretta a curare, che la politica è figlia della cultura e che non vi è crisi tra magistratura e politica ma crisi della cultura della legalità.

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Le figure di mio padre e Giovanni finalmente si avvicinano nella mia mente aldilà della mia memoria di bambina nel ricordo dell’amicizia che li legava, aldilà dei sorrisi e degli abbracci che ricordo, aldilà della tensione che inevitabilmente si respirava. Finalmente se chiudo gli occhi e alleno le orecchie li sento parlare insieme, le loro immagini riprendono vita in ciò che più li ha accumunati: la passione!

Rileggendo le parole di entrambi e le loro battaglie, riconosco un familiare approccio alla vita: quello del combattente che crede, anzi è convinto, di essere nella ragione! Li sento discutere, infervorarsi, perdere la pazienza, esattamente come accade quando si tiene a qualcosa. In quel caso era la Giustizia.

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Fino a quando “Chi ti ha detto di alzarti?” e “Chi ti ha detto di parlare?” saranno le frasi preferite degli e delle insegnanti nelle nostre scuole, saremo sempre più circondati da burocrati o da esibizionisti, e non ci si potrà stupire se la maggior parte dei bambini dirà “Non ho capito cosa devo fare con questo foglio bianco”.

Quando Nonna Italia scopre insieme a bimbe e bimbi che è infine di Amore che parlano le leggi e che è la Passione il motore di ogni mestiere, si accorge che nei loro occhi vi è una luce di stupore e comprensione.

Fino a quando non si ragionerà seriamente su come far emergere attraverso la scuola le diversità e le specificità di ognuno sarà difficile aspettarsi passione e volontà dai cittadini e dalle cittadine di domani. Fino a quando non si lavorerà con profondità sull’ascolto e la comprensione dell’altro non sarà possibile capire il principio dell’uguaglianza e della dignità sociale e l’articolo 3 della nostra Costituzione sarà vuoto e privo di senso.

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Il libro “La storia si è fermata” termina così, con un discorso di Sandro Pertini: “Chissà se un giorno saranno ripagati i nostri sacrifici della resistenza. Senza legalità non può esserci né libertà né democrazia. Coraggio, coraggio, i tempi cambieranno, la storia deve andare avanti…”!

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Quando i bimbi chiedono a Nonna Italia quanti anni abbia e lei risponde “Centotrentanove”, oltre a loro che la interrogano e la guardano dal basso dei piccoli banchi di scuola, sicuramente c’è anche qualcuno, un primo spettatore, che la guarda dall’alto e si fa una grassa risata.

Nonna Italia è un personaggio inventato sì, ma non troppo!

Fonte: Osservatorio Mario Almerighi (a cura di Paolo Pacitti) all’interno di www.pertinipresidente.it, sito ufficiale dell’Associazione Sandro Pertini – Isonomia

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La storia si è fermata. Giustizia e politica. La testimonianza di un magistrato

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