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Ventotto anni per avere il reato di tortura. Ventotto giorni per cancellarlo?

Riccardo Noury * il . Diritti, Giustizia, Istituzioni, L'analisi, Politica, SIcurezza

Ci sono voluti, dal 1989 al 2017, ventotto anni per introdurre nel codice penale italiano il reato di tortura, una norma di civiltà giuridica presente negli ordinamenti di pressoché tutti gli stati europei. Con i numeri che ha la maggioranza di governo, potrebbero bastare ventotto giorni per cancellarlo.

La proposta di legge abrogativa c’è e non è un “ballon d’essai” se persino il capogruppo di Fratelli d’Italia alla Camera dei deputati, Tommaso Foti, è intervenuto per spiegarla.

Se il suo intento era quello di rassicurare che non si vuole in effetti abolire il reato di tortura, ha ottenuto l’effetto contrario. La proposta di legge intende cancellare quella parola dal codice penale, inserendo nell’articolo 61 del codice penale (relativo alle aggravanti) una formula relativa alle violenze nel corso degli interrogatori.

In questi giorni abbiamo di nuovo sentito dire che, in fondo, non c’è bisogno di un reato di tortura: perché quella che viene chiamata così dalla legge del 2017 non è proprio tortura o, più semplicemente, perché in Italia non ci sono casi di tortura. Affermazioni, entrambe, false.

Negli ultimi sei anni ci sono state varie condanne per il reato di tortura, molte indagini sono in corso per ipotesi di torture nelle carceri (secondo Antigone, hanno interessato complessivamente circa 200 funzionari dello stato) e qua e là, come in questi giorni a Biella, vengono presi provvedimenti di sospensione nei confronti di funzionari dello stato sospettati di tortura.

A chi propone di abrogare il reato di tortura dovremmo ricordare che l’Italia è stata spinta a introdurlo da ben quattro sentenze della Corte europea dei diritti umani che avevano condannato il nostro paese esattamente per l’assenza di tale norma.

Sarebbe meglio se chi propone l’abolizione del reato di tortura fosse sincero: l’obiettivo è il ritorno dell’impunità. Come scrisse nel luglio 2018 in un tweet (poi cancellato e modificato) l’attuale presidente del Consiglio Giorgia Meloni, “il reato di tortura impedisce agli agenti di fare il proprio lavoro”.

* Portavoce Amnesty International Italia

Fonte: Articolo 21

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