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Milano 7 marzo, incontro con Rino Germanà e Nando dalla Chiesa

Scuola di formazione Antonino Caponnetto il . Associazioni, Brevi, Forze dell'Ordine, Lombardia, Mafie, Memoria

Martedì 7 marzo ore 19.00

Teatro Il cielo sotto Milano

presso il mezzanino della stazione di Porta Vittoria del Passante Ferroviario

(Accesso da Viale Molise ang. Via Monte Ortigara)

Partecipano Rino Germanà e Nando dalla Chiesa

Coordina Giuseppe Teri

Un incontro promossso da Scuola di Formazione Antonino Caponnetto

Con il patrocinio del Municipio 4, Comune di Milano

Verso il 21 marzo, XXVIII Giornata di memoria e impegno per le vittime innocenti di mafia

Una storia da raccontare e da ascoltare, una storia che crea tanti interrogativi…

Rino Germanà è stato investigatore antimafia, una lunga carriera conclusa come questore di Piacenza, conosce bene Matteo Messina Denaro, non solo per aver indagato su di lui, ma perché il boss, assieme ad altri due mafiosi di primo piano, Leoluca Bagarella e Giuseppe Graviano, tentò di ucciderlo.

Era il 14 settembre 1992, sul lungomare “Fata Morgana” di Mazara del Vallo, il commando di “cosa nostra” gli sparò più volte coi kalashnikov.

Doveva essere un ulteriore delitto eccellente di quell’anno terribile, era il terzo della lista dopo Giovanni Falcone e Paolo Borselllino, coi quali Germanà aveva lavorato strettamente e ancora lo faceva, soprattutto sull’intreccio mafia-politica-affari. Indagini delicatissime che dovevano essere bloccate. Così per ucciderlo scesero in campo ben tre boss. Lui rispose al fuoco, si tuffò in mare, i mafiosi continuarono a sparare tra i bagnanti, Germanà fu ferito ma si salvò.

«Non c’è un perché. Non lo so perché. Ma sicuramente non sono diverso da quelli che sono morti, non sono più bravo. Evidentemente è stato così perché così era scritto. Non è che Dio mi ha lasciato in vita perché mi vuole più bene rispetto a chi è morto. Io non ci credo. Il mistero è proprio questo. Uno muore, l’altro no. Qualcuno dirà che è stata fortuna, altri che è quasi una colpa non essere morto. Ma così era scritto». (Rino Germanà)

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