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Cospito, il governo casca nella trappola degli anarchici: non revocargli il 41 bis è demenziale

Davide Mattiello il . Criminalità, Diritti, Giustizia, Istituzioni, Politica

Meloni&C. cascano nella trappola degli anarchici come dei polli: non revocare il 41 bis ad Alfredo Cospito è demenziale.

Ho scritto in tempi non sospetti cosa penso di quel particolare regime carcerario noto all’opinione pubblica come “carcere duro” alias 41 bis dell’ordinamento penitenziario, quindi senza alcun imbarazzo o tentennamento affermo (anche qui e non da oggi) che ogni giorno che passa senza che venga revocato a Cospito è una ingiustizia grave, gratuita, controproducente.

La Repubblica ha bisogno di uno strumento come il 41 bis, ma deve saperlo applicare sempre attraverso i principi costituzionali che non soltanto la fondano, ma che la rendono preferibile a qualunque altra forma di organizzazione sociale. La Repubblica democratica, generata dalla Costituzione antifascista del ’48, è preferibile ad ogni altra forma di organizzazione sociale perché al centro del proprio ordinamento sta (o dovrebbe stare) la incomprimibile dignità di ogni essere umano, anche quando questi si trovi sui bordi del consorzio civile o addirittura fuori. Anche se è un delinquente. Ed è proprio questo che rende la Repubblica degna di impegno e sacrificio, che la rende differente dai regimi totalitari ed autoritari o semplicemente illiberali.

Il “41 bis” quindi va applicato bene, cioè secondo la Costituzione. “Bene” vuol dire che ogni aspetto inutilmente afflittivo e non funzionale allo scopo per cui esiste il 41 bis va eliminato: per esempio, a che pro impedire di tenere in cella foto dei propri cari? Su questo sia la Corte Costituzionale che il Parlamento, attraverso il lavoro della Commissione Antimafia, hanno all’attivo un lavoro ultra decennale. “Bene” vuol dire che va applicato valutando in concreto la reale ed attuale pericolosità del detenuto. “Bene” vuol dire che va applicato valutandone la sostenibilità in relazione alle condizioni psicofisiche del detenuto, altrimenti si trasforma di fatto in un trattamento disumano e degradante, vietato. “Bene” infine significa che deve servire allo scopo per il quale è stato esteso nelle modalità di cui discutiamo e lo scopo è quello di impedire al detenuto, pericoloso, di continuare ad operare dentro il carcere e fuori dal carcere, comunicando la propria volontà.

Ora, nel caso dell’anarchico Cospito, dovrebbe essere evidente da un pezzo che, per come si sono messe le cose, egli sia riuscito non soltanto a neutralizzare il 41 bis, ma a capovolgerne completamente la funzione, trasformandolo in una potente emittente della sua volontà, che infatti ha valicato i confini nazionali (potenza della nonviolenza, purtroppo strumentalizzata da chi rivendica la gambizzazione del “nemico”). Non revocare il 41 bis a Cospito non soltanto è ingiusto, considerate le sue condizioni, ma è scellerato proprio perché mette lo Stato nella paradossale condizione di diventare l’amplificatore di questa sua volontà. Lo Stato dovrebbe tenere completamente distinti i piani: altro è il piano della applicazione del 41 bis ad un detenuto che rischia di morirne, altro è il piano delle manifestazioni violente della galassia anarchica.

Evocare lo schema del ’78 (lo Stato non si fa intimidire e non cede ai ricatti) è una totale idiozia: allora la vita di Moro era nelle mani dei sequestratori, oggi la vita di Cospito è nelle mani dello Stato. Anzi, la legittimazione democratica dell’azione difficile e pericolosa di prevenzione e contrasto di ogni piano eversivo viene senz’altro accresciuta dall’equilibrio con il quale lo Stato medesimo adopera la sua autorità e non viceversa.

Si può ben revocare il 41 bis ad un uomo in queste condizioni e per questi motivi e contemporaneamente non cedere alle pressioni violente ed intimidatorie di chicchessia. Quando lo Stato non fa i conti con la realtà, guardandola attraverso il “filtro” dei valori costituzionali, non è severo, è ottuso. Non è forte, è isterico. Non tutela il proprio personale, ma lo espone stupidamente. Non è autorevole, è rabbioso.

Il Fatto Quotidiano, il blog di Davide Mattiello

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