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I mafiosi non sono solo una banda di gangster: bisogna colpire le ‘relazioni esterne’

Gian Carlo Caselli il . Forze dell'Ordine, Giustizia, Mafie, Sicilia, SIcurezza

Due date lontane (trent’anni) eppure vicine: 15 gennaio 1993, arresto di Salvatore Riina, e 16 gennaio 2023, arresto di Matteo Messina Denaro. Due eventi storici per l’antimafia e per la nostra democrazia. Fra l’arresto di Riina e quello di Messina Denaro vi sono state altre importanti catture “eccellenti”: Brusca, Bagarella, Aglieri, Ganci, i fratelli Graviano, Provenzano… per ricordare solo alcuni nomi dei tantissimi.

Si può dire che Cosa nostra è stata sconfitta?

Cosa nostra stragista (quella dei Corleonesi) ha certamente subito durissimi colpi e se non è finita sembra in via di estinzione. Come una corazzata colpita più volte anche sotto la linea di galleggiamento che però non affonda. In altre parole, non si deve dimenticare (mai!) che la mafia, tutte le mafie in verità, non sono “soltanto” una banda di gangster pericolosi. Esse sono anche e soprattutto un’organizzazione criminale strutturata, non una “semplice” emergenza. Vanno affrontate e colpite appunto come organizzazione, oltre che nelle singole componenti individuali.

Va colpito inoltre il lato oscuro del pianeta mafia, le “relazioni esterne”, quell’intreccio di coperture, complicità e collusioni che sono la spina dorsale del potere mafioso. Quello che il generale prefetto Dalla Chiesa chiamava il “polipartito” della mafia, per significare la profonda compenetrazione della mafia con pezzi del modo legale (politica, amministrazione, finanza, istituzioni, informazione, società civile…).

E qui è d’obbligo rivolgersi alla politica (tutta, senza distinzioni di casacca) per chiederle di essere meno assente: la mafia deve stare ai primi posti dell’agenda della politica che invece troppo spesso non lo fa. E per chiederle di attivarsi, per evitare lo “stop and go” che purtroppo caratterizza negativamente l’attenzione riservata alle mafie dalla politica appunto, ma pure dall’informazione. Se ne gioverebbero anche la polizia investigativa in tutte le sue declinazioni e la magistratura inquirente, che per parte loro non soffrono certo di discontinuità e anche per questo vanno ringraziate.

Il Fatto Quotidiano, il blog di Gian Carlo Caselli, 17/01/2023

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