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Messina Denaro, ora speriamo che non inizi lo stesso spettacolo visto con Riina e Provenzano

Davide Mattiello il . Forze dell'Ordine, Giustizia, Istituzioni, Mafie, Politica, Sicilia, Società

E adesso che è stato arrestato l’ultimo “campiere” cosa succederà? Mentre leggevo dell’arresto di Matteo Messina Denaro su Il Fatto Quotidiano subivo uno strano effetto ottico: sulla colonna di sinistra, quella dei blog, campeggiava il post di Gian Carlo Caselli dedicato all’arresto di Totò Riina, giusto trent’anni prima. A volte le coincidenze!

Ma non voglio indugiare sulle suggestioni: sono certo che 30 anni non siano passati invano. Voglio concentrarmi sul fatto in se stesso e su quello che potrebbe significare: Matteo Messina Denaro è stato arrestato. Punto. A capo. Parlerà? Deciderà di utilizzare quello che gli resta da vivere per raccontare quello che sa?

Messina Denaro viene associato, giustamente, a Riina e Bernardo Provenzano i quali, condannati al carcere a vita, non hanno mai parlato, non hanno mai deciso di collaborare con lo Stato, di sgravarsi un poco la coscienza o anche solo di trattare, legalmente, per convenienza. Sono ormai morti entrambi, senza mai uscire dal carcere, pur ricevendo come è giusto che sia le cure opportune. In verità rispetto a Provenzano in particolare conservo il dubbio che qualcosa si stesse muovendo nella sua testa, che forse una qualche scelta stesse prendendo forma, ma poi i capitomboli dal letto e l’aggravarsi delle sue condizioni di salute mortificarono ogni speranza.

Riina mai: soltanto, con la consapevolezza o meno di essere intercettato durante l’ora d’aria, si era limitato a qualche battuta salace, che aveva comunque provocato allarmi e riflessioni. Anche punzecchiature proprio all’indirizzo del suo pupillo prediletto, Matteo, che aveva la colpa di occuparsi troppo di “pali della luce” (ovvero investimenti nell’eolico) e troppo poco dei detenuti. Insomma, Riina più in modalità Giuseppe Graviano, quelli che lanciano la pietra ma nascondono la mano.

Possiamo soltanto sperare che con Messina Denaro non inizi uno spettacolo del genere. Possiamo sperare che decida di collaborare per davvero. Questa speranza la dobbiamo coltivare perché restiamo ostinatamente convinti che la stagione ’89-’94 non possa essere consegnata al passato, sia per il debito di giustizia che ci lega a quanti persero la vita e ai loro famigliari, che pure in certo modo la persero, sia per il bisogno di liberare una volta per tutte l’Italia dalle conseguenze nefaste prodotte da quel periodo. Di quella stagione, come è noto, Messina Denaro è stato uno dei protagonisti assoluti.

La storia delle collaborazioni ci insegna che di solito esse maturano per due ordini di ragioni che a volte si sommano e altre volte no. Il primo, imperscrutabile, di natura interna: trattasi di vere e proprie conversioni che muovono dalla coscienza del criminale, come è stato nel caso di Gaspare Spatuzza. Il secondo, meno imperscrutabile, attiene alla credibilità delle Istituzioni e al contesto politico nel quale ci si muove. Fu così per esempio nel caso del rapporto tra Buscetta e Falcone: Falcone rappresentava uno Stato credibile e l’approvazione, avvenuta nel 1982, del 416 bis e forniva, finalmente, “l’habitat” giuridico opportuno per seminare l’attacco investigativo e processuale a Cosa Nostra.

Solo Dio sa cosa stia accadendo nella coscienza di Messina Denaro e quindi non mi dilungo. Cosa possiamo dire sul secondo ordine di ragioni? C’è da scommettere sulla credibilità della magistratura che si sta occupando della questione, così come di quella delle forze di polizia delegate (il Ros dei Carabinieri). E “l’habitat” politico? Mi limito a registrare che con opportuna tempestività Giorgia Meloni e il “suo” Carlo Nordio hanno dato un segnale chiaro in materia di ergastolo ostativo e, più recentemente, in materia di procedibilità d’ufficio dei reati a “sfondo mafioso” che per Marta Cartabia erano diventati procedibili a querela. Segnali di rigore. Di indisponibilità ad ammorbidire il fronte Stato vs mafie (anche sulla questione intercettazioni Nordio ha esplicitamente escluso dalla annunciata “stretta” le indagini di mafia).

Reggeranno? O, complice il coro che ha subito ripreso a cantare di coloro per i quali la guerra è finita (tanto più ora!), lo Stato ha vinto (tanto più ora!) e si può disarmare? “L’habitat” sarà invece condizionato da coloro che vorranno mandare messaggi in tutt’altra direzione? Lo vedremo presto. Di certo è iniziata una nuova partita, quella che con ogni probabilità chiuderà i conti con l’89-’94. In un modo o in un altro.

Il Fatto Quotidiano, il blog di Davide Mattiello

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