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Mafia, la Procura di Palermo chiede il processo per il clan Messina Denaro

Rino Giacalone il . Corruzione, Economia, Giustizia, Mafie, Sicilia

Indagati sono in 35. La cosca capeggiata dal campobellese Luppino, detto “lo zio Franco”.

Fissata per il prossimo 2 Febbraio dinanzi al gup del Tribunale di Palermo, giudice Ermelinda Marfia, l’udienza preliminare nei confronti degli indagati dell’operazione “Hesperia”.

La richiesta di rinvio a giudizio è stata firmata dai pubblici ministeri Francesca Dessì, Pierangelo Padova e Alessia Sinatra della Procura distrettuale antimafia di Palermo. Si tratta del blitz condotto dai Carabinieri del Reparto Operativo del Comando Provinciale di Trapani, che nel settembre scorso portò all’arresto di 35 persone legate al boss latitante Matteo Messina Denaro.

Vecchi e nuovi personaggi di Cosa nostra trapanese. Principale indagato è il campobellese Francesco Luppino, accusato di essere il referente del boss latitante per il comando dell’intera mafia trapanese. Cupola mafiosa della quale avrebbe fatto parte anche una donna.

L’indagine Hesperia, risultato di un certosino lavoro investigativo dei Carabinieri del Reparto Operativo Provinciale di Trapani, ha messo in luce come Cosa nostra trapanese è tutt’altro che allo sbando e che in questi anni ha avuto la capacità di risorgere come “l’araba fenice”, sempre agli ordini del latitante Matteo Messina Denaro e con capi mafia collaudati come Franco Luppino, capace di attirare anche nuovi sodali. E poi sullo scenario la solita area grigia, per pilotare le aste giudiziarie certamente i mafiosi hanno avuto bisogno di professionisti, quelli che per adesso sono rimasti nell’ombra.

E l’inchiesta fa palesare come gli ultimi tra i più vicini favoreggiatori della latitanza di Matteo Messina Denaro, possano essere personaggi incensurati in giacca e cravatta.

I nomi

La richiesta di rinvio a giudizio riguarda oltre che Luppino anche Filippo Aiello, marsalese, 76 anni; Paolo Bonanno, mazarese, 48 anni; Marco Buffa, mazarese, 47 anni; Leonardo Casano, di Marsala, 50 anni; Lorenzo Catarinicchia, marsalese, 41 anni; Antonino Cuttone, mazarese, 86 anni; Vito De Vita, marsalese, 45 anni; Riccardo Di Girolamo, mazarese, 44 anni; Piero Di Natale, di Castelvetrano, 41 anni; Vito Gaiazzo, mazarese,67 anni; Girolamo Li Causi, marsalese, 55 anni; Antonino Lombardo, marsalese, 69 anni; Jonathan Lucchese, palermitano, 29 anni; Nicolò e Bartolomeo Macaddino, mazaresi, 62 e 58 anni; Marco Manzo, di Campobello di Mazara, 57 anni; Antonino Nastasi, campobellese, 52 anni; Antonino Pace, mazarese, 72 anni; Vincenzo Pisciotta, mazarese, 66 anni; Giuseppa Prinzivalli, marsalese, 48 anni; Francesco Pulizzi, marsalese, 69 anni; Stefano Putaggio, marsalese, 49 anni; Antonino Ernesto e Francesco Raia, marsalesi, 60 e 55 anni; Tiziana e Vito Vincenzo Rallo, marsalesi, 42 e 62 anni; Vincenzo Romano, mazarese, 77 anni; Carmelo e Giuseppe Salerno, di Paceco, 62 e 32 anni; Giuseppe Speciale, di Partinico, 40 anni; Vincenzo Spezia, di Campobello di Mazara, 59 anni; Francesco e Rosario Stallone, campobellesi, 56 e 48 anni; Michele Vitale di Partinico, 30 anni.

I reati

L’associazione mafiosa è stata contestata anche a una donna, Tiziana Rallo nonché a Francesco Luppino, col ruolo di reggente della famiglia di Cosa nostra a Campobello di Mazara e poi ancora a Piero Di Natale, Vincenzo Spezia, Francesco e Antonino Raia, Antonino Cuttone, Antonino Pace, Vito Gaiazzo.

In generale gli altri reati contestati sono anche quelli di turbata libertà degli incanti, rapina, estorsione, traffico di droga, favoreggiamento, detenzione e possesso di armi, traffico e spaccio di droga, lesioni. Tutti reati aggravati dall’avere favorito l’associazione mafiosa.

I ruoli

Tutti gli indagati sono indicati dalla Procura di Palermo con ruoli diversi ma tutti a disposizione di “Ignazieddu”, il più recente degli “alias” del super latitante di Cosa nostra Matteo Messina Denaro, 60 anni, trenta dei quali trascorsi da super ricercato. “Ignazieddu” lo appellava così il suo luogotenente, il campobellese Francesco Luppino, “lo zio Franco” o detto anche “Gianvito” dai suoi sodali mafiosi: lui per i magistrati antimafia è il capo mafioso della provincia, su delega del latitante. “Per adesso il perno di tutto è lui” , così di Luppino sono stati sentiti parlare due degli indagati. Nel corso delle indagini i Carabinieri sono riusciti a ricostruire la rete di rapporti anche al di là della provincia di Trapani, con Cosa nostra palermitana, agrigentina e catanese.

Gli affari

Una mafia, quella trapanese, in grado di controllare il tessuto economico – sociale della provincia, condizionare la libertà degli incanti, gestire anche la security dei pubblici locali, occuparsi di recupero crediti. Interessi mafiosi sono stati scoperti anche nell’ambito di alcune aste giudiziarie. Tra gli affari monopolizzati anche quelli legati al ricco mercato oleario di Campobello di Mazara. A fare il prezzo sempre lui, Francesco Luppino, e a chi gli obiettava che il prezzo non era rispondente alle offerta sul mercato, lui minaccioso rispondeva “qui marcato non ce ne è”.

Fonte: Alqamah

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