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Qatar, quel che ho capito in un mese laggiù

Andrea Riscassi il . Cultura, Diritti, Informazione, Società, Sport

È tempo di bilanci, ovviamente personali e provvisori come tutte le cose che mi riguardano (e che contraddistinguono la mia professione e anche il mio carattere). Il mese in Qatar è stato lungo e faticoso, ma interessante.

Da ogni cosa si impara sempre come ci siamo detti con Donatella Scarnati, salutandoci. Per lei era l’ultimo Mondiale (quanto mancherà!). Per me, malgrado la veneranda età, il primo. Perché fino a due lustri fa mi occupavo di quelli ora accusati di incassare bustarelle proprio per parlare bene del Qatar.

Non posso dire di essermi trovato male, ma difficilmente ci tornerei. A differenza di molti altri paesi arabi dove sono stato. Mi è sembrato tutto troppo artefatto, eccessivo. Aria condizionata a palla. Anche negli stadi, persino di sera, quando fuori si stava bene. Perché? E di giocatori raffreddati se ne sono avuti a mazzetti. Ma i regimi (come quello russo o cinese dove si sono svolte precedenti manifestazioni sportive mondiali) sono impermeabili a critiche e voci dissonanti.

Ero in sala quando Infantino, nella conferenza stampa di chiusura del Mondiale, ha detto che la gente in quei 90 minuti di gara non vuole polemiche, non vuole rotture di coglioni. E ho pensato agli amici della curva (che qui senza la birra sarebbero impazziti) che vivono aspettando la partita. Che in quei 90 minuti si trasformano in altre persone (a volte facendo enormi cazzate). Ma che hanno un cuore così e che i morti sul lavoro per costruire quegli stadi qatarini non li hanno scordati nemmeno pestando a sangue sui tamburi.

Infantino ha parlato anche dell’apertura del mondo arabo verso di noi e viceversa per chi è venuto qui. Qualche passo avanti ci sarà stato. Ma in questo mese ho avuto modo solo di parlare con immigrati, mai con nessun qatarino (sono solo un decimo della popolazione). Non penso sia un caso.

L’immagine che accompagna questo post riassume questa esperienza: due rette parallele che per un mese hanno marciato sugli stessi binari. Ho però l’impressione che le stazioni di arrivo siano ancora ben diverse.

Perché coi soldi puoi comprare il consenso e la sede dei Mondiali. Ma non bastano neanche a fare un punto ai gironi di Qualificazione.

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