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L’opposizione a questa politica ha bisogno di agenda e linguaggio diversi

Davide Mattiello il . Cultura, Diritti, Istituzioni, Politica

La supponenza del ministro Guido Crosetto che dà del deficiente a Giuseppe Conte è in linea con quella del ministro Piantedosi che parla di “carico residuale” riferendosi alle persone bloccate sulle navi.

L’opposizione a questo modo di fare politica, che purtroppo non è esclusivo della destra (!), ha bisogno non soltanto di una agenda diversa, ma anche di un modo diverso di utilizzare il linguaggio, un modo che sia specchio di una idea altra di persona e di società.

Si può essere determinati ed efficaci, senza essere arroganti e discriminatori? Io sono convinto di sì, ma se il bullismo verbale è diventato negli anni una caratteristica sempre più pregnante del discorso politico, soprattutto quello spettacolarizzato dai media, c’è da chiedersi perché.

La risposta è senz’altro complessa, ma almeno una parte di essa sta nel drammatico bisogno di mascherare il deficit di creatività nelle proposte e il deficit di credibilità di ha un microfono sotto il naso. Creatività e credibilità non si improvvisano, ma in politica esiste almeno un terreno di gioco definito sul quale cimentarsi, per mettersi alla prova ed è quello racchiuso in una domanda, anzi due. “Chi vuoi rappresentare?” e “ne sei capace?”.

Faccio un esempio.

Proprio Il Fatto dà notizia di una denuncia molto interessante lanciata da alcune Ong presenti alla Cop27 che si sta svolgendo in Egitto: pare che i lobbisti rappresentanti degli interessi della big company del fossile siano presenti in un numero superiore a quello della somma di tutti i rappresentanti dei Paesi africani, molti dei quali vivono in maniera drammatica e probabilmente irreversibile le conseguenze della crisi climatica e del modello economico predatorio che le è connaturato.

Ecco: decidere di voler dare rappresentanza a quanti stanno patendo questa crisi feroce e che esigono un cambiamento radicale e tempestivo significa schierarsi, significa dare una risposta alla prima domanda, significa assumere un punto di vista, significa entrare nel conflitto per la gestione del potere pubblico in maniera chiara, senza ambiguità, significa farlo tenendo insieme tanto una prospettiva nazionale quanto europea e mondiale (niente di meno serve, d’altra parte). Con tutto quello che ciò comporta.

Faccio un esempio. Proprio Il Fatto dà notizia di una denuncia molto interessante lanciata da alcune Ong presenti alla Cop27 che si sta svolgendo in Egitto: pare che i lobbisti rappresentanti degli interessi della big company del fossile siano presenti in un numero superiore a quello della somma di tutti i rappresentanti dei Paesi africani, molti dei quali vivono in maniera drammatica e probabilmente irreversibile le conseguenze della crisi climatica e del modello economico predatorio che le è connaturato.

Ecco: decidere di voler dare rappresentanza a quanti stanno patendo questa crisi feroce e che esigono un cambiamento radicale e tempestivo significa schierarsi, significa dare una risposta alla prima domanda, significa assumere un punto di vista, significa entrare nel conflitto per la gestione del potere pubblico in maniera chiara, senza ambiguità, significa farlo tenendo insieme tanto una prospettiva nazionale quanto europea e mondiale (niente di meno serve, d’altra parte). Con tutto quello che ciò comporta.

Chissà se in qualche modo aveva in testa proprio questo concetto Giuseppe Conte, quando – divenuto Presidente del Consiglio per la prima volta – esordiva dicendo che sarebbe stato “l’avvocato del popolo”? Il partito non è forse un “avvocato collettivo”?

Rispondere alla seconda domanda invece (“Ne sei capace”) è al tempo stesso più difficile e più semplice. Più difficile perché non c’è artificio retorico che tenga, di “pifferai magici”, sapienti nel combinare termini emozionanti ne abbiamo avuti fin troppi. Più semplice perché ha a che fare con la coerenza del proprio percorso esistenziale: insomma, non c’è niente da fare, parla quel che si è fatto.

Nel campo politico avversario a quello dei Piantedosi e dei Crosetto è iniziato, come si sa, un bel dibattito, che nel caso del Partito democratico assumerà la forma di un congresso che si vorrebbe costituente.

Perché questo dibattito, all’interno del quale spicca il travaglio del Pd, porti o meno alla definizione di una alternativa efficace perché creativa, coraggiosa e credibile, bisogna che, come ha recentemente affermato Elly Schlein, ognuno si metta in gioco decidendo di “affollare” questo spazio con “generosità”, rifuggendo cioè da più rassicuranti rendite di posizione, figlie di approcci “cooptativi”.

Un invito ad uscire di casa, insomma, che non può che far bene tanto all’Italia quanto all’Europa. Oggi infatti farsi carico della speranza del cambiamento è già cambiare.

Il Fatto Quotidiano, il blog di Davide Mattiello

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