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Caltanissetta: nessun colpevole nel depistaggio per strage via D’Amelio

Redazione il . Giustizia, Mafie, Memoria, Sicilia

Prescritte le accuse per due imputati, un assolto. I poliziotti erano accusati di calunnia aggravata dall’avere favorito la mafia

Il tribunale di Caltanissetta ha dichiarato prescritte le accuse contestate a Mario Bo e Fabrizio Mattei, due dei tre poliziotti accusati di avere depistato le indagini sulla strage di via D’Amelio costata la vita al giudice Paolo Borsellino e agli agenti della scorta. Assolto il terzo imputato, Michele Ribaudo.

Erano imputati di calunnia aggravata dall’avere favorito la mafia. Il venire meno dell’aggravante ha determinato la prescrizione del reato di calunnia.

Secondo la Procura, gli imputati, che appartenevano al pool incaricato di indagare sulle stragi del ’92, con la regia del loro capo, Arnaldo La Barbera, poi deceduto, avrebbero creato a tavolino i falsi pentiti Vincenzo Scarantino, Salvatore Candura e Francesco Andriotta, imbeccandoli e costringendoli a mentire e ad accusare della strage persone poi rivelatesi innocenti: da qui la contestazione di calunnia.

Il castello di menzogne costruito grazie ai falsi collaboratori di giustizia avrebbe aiutato, per i pm, i veri colpevoli a farla franca e coperto per anni le responsabilità dei clan mafiosi di Brancaccio e dei suoi capi, i fratelli Graviano.

E per questo ai tre poliziotti la Procura ha imputato l’aggravante di aver favorito Cosa nostra. Aggravante che, evidentemente non ha retto al vaglio del tribunale e ha determinato la prescrizione del reato contestato a due dei tre imputati. Il terzo è stato, invece, assolto nel merito con la formula “perché il fatto non costituisce reato”.

Solo il lavoro dei pm nisseni e le dichiarazioni del pentito Gaspare Spatuzza, che ha ridisegnato le responsabilità nell’attentato dei clan rimasti fuori dalle indagini, e che ha scagionato gli imputati accusati ingiustamente, ha svelato un depistaggio, definito dai giudici dell’ultimo processo sulla morte di Borsellino come il più grave della storia della Repubblica. Depistaggio che questa sentenza non esclude.

Al dibattimento si sono costituiti parte civile i figli del giudice Borsellino, Fiammetta, Lucia e Manfredi, che da 30 anni chiedono di conoscere la verità sulla morte del padre; il fratello del magistrato, Salvatore Borsellino, i figli della sorella Rita Borsellino, i familiari degli agenti di scorta, oltre ai sette innocenti, scagionati dopo il processo di revisione: Gaetano Scotto, Gaetano Murana, Natale Gambino, Salvatore Profeta.

Fonte: Ansa

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Depistaggio Borsellino: accuse prescritte per 2 poliziotti, assolto il terzo

Cade l’aggravante mafiosa per due dei tre poliziotti imputati del processo depistaggio Borsellino. Prescritti i reati per Mario Bo e Fabrizio Mattei mentre Michele Ribaudo è stato assolto. E’ arrivata dopo quasi dieci ore la sentenza del processo. La prescrizione salva dunque due dei tre poliziotti per i quali l’accusa aveva chiesto pene altissime.

Il poliziotto Michele Ribaudo è stato assolto “perché il fatto non costituisce reato”, si legge nel dispositivo della sentenza.

“Aspetteremo di leggere le motivazioni per capire eventualmente quali sono gli aspetti che potranno costituire motivi d’appello”. Così l’avvocato Fabio Trizzino, marito di Lucia Borsellino e legale di parte civile dei fratelli Lucia, Manfredi e Fiammetta Borsellino.

“Il Tribunale non ha accolto la nostra ricostruzione specie all’aggravante – ha detto – è una sentenza che va rispettata. Il dato che vorrei evidenziare è che il dottore Bo e l’ispettore Mattei hanno commesso la calunnia. La prescrizione li salva perché i fatti sono risalenti a quasi trent’anni fa, l’elemento della calunnia rimane”. Una sentenza “che non ci soddisfa”, ha concluso.

“Questa è una sentenza che raccordandosi col verdetto del Borsellino quater ci consente di individuare Bo e Mattei come concorrenti nel reato di calunnia. Il fatto che lo Stato ha esercitato in ritardo la potestà punitiva li ha posti al riparo, però è una sentenza che non ci soddisfa ma ci prendiamo quel che di buono c’è”, ha affermato ancora Trizzino.

“Evidentemente non c’erano gli elementi per assolverli… Diciamo che dopo 30 anni, nonostante il depistaggio, un altro pezzetto di verità viene fuori. Certo, l’effetto dirompente non ci sarà ma i poliziotti Bo e Mattei non potranno dire che non c’entrano con il reato”, ha affermato all’Adnkronos l’avvocata Rosalba Digregorio, legale di parte civile del processo depistaggio sulla strage di via D’Amelio, dopo la sentenza. Digregorio è la legale di Gaetano Murana che venne condannato ingiustamente all’ergastolo per la strage.

“Prescritto vuol dire che non ci sono elementi sufficienti per dichiarare l’assoluzione ma non vuol dire che ci siano altrettanti elementi di certezza per la colpevolezza, il dato essenziale è che ci sia la prescrizione”. Lo ha detto l’avvocato Giuseppe Panepinto, legale del poliziotto Mario Bo, dopo la sentenza emessa questa sera a Caltanissetta. “E’ una sentenza che non ci soddisfa perché riteniamo che i nostri assistiti sono completamente estranei ai fatti contestati. Leggeremo le motivazioni e capiremo il da farsi”, ha aggiunto Panepinto.

Fonte: Adnkronos

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Depistaggio Borsellino, i figli da 30 anni aspettano la verità

(dall’inviata Elvira Terranova)

Per anni sono rimasti in silenzio. Hanno preferito stare un passo indietro. Prima Agnese Piraino Leto, la vedova di Paolo Borsellino, poi anche i figli, Lucia, la maggiore, Manfredi e Fiammetta.

Cinque anni fa la svolta. Fiammetta diventa una sorta di ‘portavoce’ della famiglia Borsellino. Da quel momento in poi, dal 25esimo anniversario, decidono di fare sentire la propria voce. E da allora Fiammetta Borsellino chiede giustizia. E verità. Lo ha fatto anche pochissimi giorni fa, quando durante la presentazione del libro ‘Per amore della verità’, scritto con Piero Melati, ha usato parole dure. “Ci sono uomini che lavorano per allontanare la verità sulla strage di via D’Amelio. Oggi questa verità è negata non solo alla mia famiglia ma tutto il popolo italiano, il primo a essere stato offeso”, ha denunciato.

“A casa mia – ha detto – da quando è morto mio padre, è entrato chiunque. Ma se all’inizio questa presenza continua era giustificata come forma di attenzione, alla luce di tradimenti e depistaggi, ci ha fatto capire che c’era una forma di controllo, una necessità di una sorta di stordimento. Davanti a una finta attenzione non c’è stato un giusto percorso di verità per noi l’unico modo di fare memoria era attivare un giusto percorro di verità. Invece abbiamo avuto solo tradimenti verità distorte”.

Oggi Fiammetta non ci sarà alla lettura del dispositivo. È fuori Palermo. Con la sua famiglia. Ci saranno, invece, Manfredi e Lucia Borsellino.

Nei giorni scorsi, Fiammetta Borsellino, ha ribadito: “Diserteremo tutte le manifestazioni ufficiali per la strage di via D’Amelio fino a quando lo Stato non ci spiegherà cosa è accaduto davvero, non ci dirà la verità: nonostante tutte queste celebrazioni si è fatto un lavoro diametralmente opposto su questo barbaro eccidio. Il fatto che oggi qui non ci sia un solo magistrato o un poliziotto o un referente qualsiasi delle istituzioni è molto significativo. Saranno tutti presenti il 19 luglio e ai concerti al Teatro Massimo…”.

Ha criticato apertamente, per la prima volta, anche l’ex magistrato Ilda Boccassini: “Lei non sapeva dire di no alle pressioni di Arnaldo La Barbera. Poi per mettersi il ferro dietro la porta ha scritto una letterina al Procuratore Tinebra. Io dico che se la Boccassini aveva qualche dubbio sul falso pentito Scarantino doveva fare una denuncia pubblica, così è troppo comodo. La Boccassini è quello stesso magistrato che ha autorizzato dieci colloqui investigativi di Scarantino a Pianosa e poi si è saputo che servivano a fare dire il falso a Scarantino con torture e minacce – dice – Ilda Boccassini chiede si colleghi di applicare le norme del Codice perché si rende conto di ciò che fanno, una cosa così grave non la puoi scrivere in una letterina. E darla a un procuratore che poi la mette in un cassetto e la lascia lì. Per me la denuncia è un’altra cosa. La si fa pubblicamente. Come mi ha insegnato mio padre. Io l’ho letto come un mettersi il ferro dietro la porta. Questa non è una denuncia o stoppare un percorso deviato”.

“Abbiamo avuto – ha proseguito ancora Fiammetta Borsellino – magistrati che non hanno fatto le verbalizzazioni dei sopralluoghi nei garage dove Scarantino diceva di avere rubato la macchina. Se fosse stato fatto un verbale ci si sarebbe resi subito conto della inattendibilità di Scarantino che non sapeva neppure come si apriva il garage, se non avessero delegato segmenti di indagine ai servizi segreti, se avessero esercitato quel controllo previsto dalla legge sugli organi investigativi il depistaggio non ci sarebbe stato. Tutto questo non può avvenire sotto gli occhi di chi invece deve controllare e coordinare, cioè i magistrati”, aggiunge. “Se un medico avesse sbagliato una operazione di questo tipo sarebbe stato messo subito alle sbarre, qui invece non si è avviata nessuna indagine, né sul piano disciplinare o penale. E quel poco che si era fatto è stato subito archiviato. C’era la volontà della magistratura di non guardare dentro se stessa, perché si doveva partire da quella frase che disse mio padre quando definì la procura di Palermo ‘Quel nido di vipere'”. Quindi la conclusione: “Mio padre non è stato ucciso solo da Cosa nostra, ma il lavoro di Cosa nostra è stato ben agevolato da persone che sicuramente hanno tradito”.

Nel 2017 anche l’altra figlia, Lucia Borsellino, che oggi vive a Roma, prese la parola. Lo fece davanti al Csm, per chiedere ancora giustizia e verità. “Chiedo in questa solenne occasione che a fronte delle anomalie emerse nel comportamento di uomini delle istituzioni si intraprendano le iniziative per far luce e chiarezza su cosa è accaduto”.

Era stato questo l’appello della figlia di Paolo Borsellino, Lucia, rivolto nel corso del plenum del Csm presieduto dal Capo dello Stato. “A 25 anni giustizia non è fatta”, aveva detto tra l’altro. “Mai come adesso è necessario non indulgere nella retorica del ricordo“, disse ancora Lucia Borsellino, visibilmente emozionata. “Il tema della legalità è attuale, ma lo è soprattutto la credibilità delle istituzioni. Gli uomini che le incardinano devono chiedere a se stessi rigore morale” ed è “fondamentale che la responsabilità vada condivisa sempre per evitare l’isolamento e la delega a singole personalità”.

“La storia di mia padre è esemplare e noi familiari abbiamo cercato di in questi anni di vivere la dimensione privata del ricordo e del dolore nella convinzione che le istituzioni si impegnassero nella ricerca della verità”. Verità che invece “non è stata trovata e a 25 anni di distanza giustizia non è stata fatta”. In particolare l’esito del Borsellino quater con le anomalie emerse “ci ha profondamente scosso, aggiungendo sofferenza e interrogativi”. Di qui l’appello a che si faccia luce su quello che è avvenuto: “si chieda conto dei comportamenti anomali”; “prima ancora che con la legge bisogna fare i conti con la propria coscienza”, ha detto ancora la figlia di Borsellino, ribadendo la “fiducia massima” sua e dei suoi familiari nelle istituzioni. Oggi i figli di Paolo Borsellino conosceranno un altro pezzo di verità.

Fonte: Adnkronos

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