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“Mediocrazia”, ovvero il primato dei mediocri nella società dei media

Nando dalla Chiesa * il . Cultura, Informazione, L'analisi, Memoria, Politica, Società

Referendum referendum!!! Uno più uno meno, ho deciso di proporre anche il mio. E per queste “Storie italiane” ho immaginato il seguente: che cosa vuol dire davvero “mediocrazia”?

Risposta A. Il dominio dei media? I media al potere? La definizione “suona” bene, ha una etimologia pulita. Ma poi c’è la risposta B. E se invece volesse dire il dominio dei mediocri? Un sistema sociale che affossa il mito del merito e innalza la bandiera del “meno ne sai più potere hai”?

Qui, lo so, la definizione ha un’etimologia più approssimativa, ma è rimessa in carreggiata dal libro di Alain Deneault che anni fa usò il termine (“Mediocrazia”, appunto) per indicare il comando dei mediocri. Si aprano dunque le urne per il voto.

Stando però attenti a un particolare. Che le due scelte non si escludono necessariamente tra loro. Perché proprio la società dei media sembra lanciare il primato dei mediocri. Sicuramente assicura loro il più moderno fattore di mobilità sociale, quello che da settant’anni è andato ad aggiungersi a “reddito, prestigio e potere”. Ossia la notorietà. La celebrità. La visibilità.

Leggo i libri, mi interesso di questo e di quello, e trovo autori che, in ogni ambito, si fanno strada per le loro ricerche, i loro studi, le riflessioni maturate sul campo attraverso biografie eccezionali. Capito sui media e non ce li trovo quasi mai.

Vi trovo invece saldamente dominanti due tipologie di persone: 1) assoluti carneadi che soloneggiano come profeti, o 2) non-carneadi che discettano con tono magistrale di questioni di cui non sanno un piffero, alla faccia dell’antico, sapiente detto milanese “ofelé fa el to mesté”. Ovvero: il bar, o i vip, al posto degli studi e delle competenze. Anche su questioni cruciali per l’umanità o per la nazione.

Curioso, no? Di qua il sistema spende cifre imponenti per dare ai suoi giovani un’istruzione, soprattutto per fare dell’istruzione la risorsa-chiave della carriera, che discrimina tra gli individui, o addirittura tra le fasi della storia. Di là i media spendono cifre assai più basse per radere felicemente al suolo questo ambizioso programma davanti al popolo, trasformando l’istruzione in disvalore.

Dice che carneadi e ofelé in libera uscita servono a costruire lo spettacolo (lo spettacolo…). Ad appassionare al dibattito, che in realtà ormai appassiona solo per le castronerie irresistibili che vi si sentono. Che carneade-Tizio e ofelé in libera uscita-Caio servono a riempire le scatole, le “tipologie”, che “vuole il pubblico”, anche se nessuna ricerca le ha mai identificate, essendo piuttosto il frutto della fantasia (mediocre, appunto) di chi amministra i media.

Lì ci vuole l’urlatore, lì lo strafottente, lì il volgare-ma-non-troppo, lì il famosissimo, lì la donna, lì il magistrato, lì il politico di destra, o di sinistra. E mi raccomando un professore, che sia il più sconosciuto o sfiatato possibile.

Ecco, un paese costruisce la sua opinione pubblica e si abitua a pensare in questo modo. Scorrono mondi paralleli (di qua uno serio e sconosciuto, di là le fesserie) che ogni tanto si incrociano, chissà mai che non si trovi in una trasmissione Lucio Caracciolo che parla di geopolitica o Armando Spataro di giustizia.

La mia proposta? Non certo la competenza, ché qualcuno potrebbe morire d’infarto.

Però io su certe cose preferirei sentire l’opinione di un calciatore. O è troppo scandaloso o qualunquista?

In fin dei conti Damiano Tommasi (laureato in legge) è in corsa per diventare sindaco di Verona, George Weah è diventato presidente della Liberia, Gianni Rivera è stato sottosegretario alla Difesa, Ricardo Cruz è sindaco di Lomas de Zamora, a sud di Buenos Aires.

Al prossimo dibattito sulla guerra o sull’immigrazione o sulla scuola datemi Gnonto e Spinazzola. Non riempiono nessuna scatola immaginaria ma non si mettono in posa e non parlano da bar. È già un progresso…

* Storie Italiane, Il Fatto Quotidiano, 20/06/2022

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