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Gestione della sicurezza pubblica, tra criticità storiche e delittuosità in aumento

Piero Innocenti il . Criminalità, Diritti, Forze dell'Ordine, Giustizia, SIcurezza, Società

Alcuni giorni fa, la ministra dell’interno Lamorgese è stata in missione a Washington, dove ha partecipato ad un vertice sul cybercrime, sull’immigrazione, sul terrorismo e sulla mafia calabrese.

L’auspicio (resterà tale) è che ci possa essere anche da noi, con la dovuta sollecitudine, un esame della situazione relativamente alla sicurezza pubblica e sull’andamento della delittuosità, che sono temi sui quali c’è, tra la gente e gli osservatori, molta preoccupazione.

Indifferenza, invece, e, comunque, molta sottovalutazione sul tema da parte di gran parte della classe politica in generale, mentre si registra un aumento dei delitti denunciati (quelli commessi sono di più) nei primi sei mesi dell’anno (dopo il decremento annotato nei 2020 e 2021, in concomitanza con le note restrizioni alla mobilità delle persone imposte dalla pandemia), con la previsione di arrivare, alla fine del 2022, a quasi tre milioni di delitti, che rappresenterebbe un record.

In questa situazione leggiamo, sulla stampa, ancora di iniziative di gruppi di vicinato di cittadini, di telecamere di sorveglianza da installare nelle strade, di intese varie tra enti e istituzioni per “collaborare” sulla sicurezza, di coinvolgimento delle polizie municipali, di sistemi antintrusione da collocare nelle abitazioni. Tutti espedienti che servono a poco per prevenire i delitti come l’esperienza ci mostra.

Occorrono più risorse umane e mezzi adeguati per le forze di polizia statali e ce lo ricordano, in questi ultimi giorni, anche  alcuni sindacati di polizia (Siulp e Silp Cgil) a Cosenza, a Monza, a Bergamo, a Torino, a Cagliari, a Mantova. Tutte richieste che non potranno essere soddisfatte per il semplice motivo che si fanno pochi arruolamenti e quei pochi servono solo a tappare buchi di organici pluriennali.

Aspettiamoci, dunque, i soliti lamenti (comprensibili) di sindaci che, in particolare nella stagione estiva, vorrebbero vedere le loro città presidiate adeguatamente, soprattutto nelle ore serali e notturne, da poliziotti e carabinieri, mentre ci sarà da assistere, purtroppo, ancora, a movimentate serate di violenza con risse, accoltellamenti e rapine.

Questo sarà, come sempre da decenni a questa parte, il periodo dell’anno in cui  si torna a parlare di sovraffollamento delle carceri, di situazione indegna per un paese civile, un paese in cui non si riesce a costruire un reclusorio, un paese che attende ancora una risposta alla domanda che poneva la Commissione parlamentare Antimafia, nel febbraio 2018, di come fosse possibile che eravamo diventati il “paese più appetibile per i criminali”.

Ma la risposta è anche abbastanza semplice se diamo uno sguardo soltanto al sistema processuale penale italiano che “stimola” in qualche modo la commissione di reati nella consapevolezza diffusa che è difficile andare (e restare) in carcere e, nella peggiore delle ipotesi, si può passare una mezza giornata nelle camere di sicurezza di un ufficio di polizia in attesa della convalida del provvedimento da parte del giudice, mentre per il processo l’attesa è di anni, quasi sempre (senza contare la prescrizione).

Così, impotenti, dobbiamo registrare ancora fatti gravi in molte città: a Roma, dove un gruppo di rom (poi arrestati dalla polizia) è entrato in una abitazione ferendo con un punteruolo un uomo e terrorizzando moglie e figlia; a Rieti, un disabile rapinato in strada da una coppia in monopattino; un vero assalto, a Milano, ad una autocisterna che trasportava oltre 30mila litri di gasolio; risse e accoltellamenti a Roma, Ancona, Firenze, Livorno, Lecco, Piacenza, Torino, Napoli, Parma, Pescara.

La Ministra Lamorgese bene farebbe, allora, a dedicare molta più attenzione alla situazione di casa nostra per stimolare tutto il “sistema dell’amministrazione della pubblica sicurezza” alla adozione di idonei sistematici provvedimenti di prevenzione, verificando, poi, i risultati conseguiti nelle singole province.

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Insicurezza pubblica e imbarbarimento sociale

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