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Girasoli per Carlo Smuraglia. Un secolo vissuto rigorosamente dalla parte giusta

Nando dalla Chiesa il . Cultura, Diritti, Giustizia, Istituzioni, Mafie, Memoria, Politica, Società

C’erano molte rose rosse, venerdì, intorno a Carlo Smuraglia per l’ultimo saluto. I fiori della solennità. Ma colpiva soprattutto la quantità di girasoli, i fiori della felicità.

Raramente ho visto un simile clima di rispetto, affetto e gratitudine a una cerimonia funebre. Pochi “Carlo”, pochi “Smuraglia”. I più parlavano del professore o del presidente. Tra le delegazioni dell’Anpi venute a Milano con le loro bandiere serpeggiava soprattutto la voglia di sentirsi raccontare e anche sapere di più della sua vita orgogliosamente “ostinata e contraria”.

Lo ha ricordato a tutti Corrado Stajano quanto la vita di Smuraglia sia intrecciata con gli ultimi ottant’anni della storia d’Italia. La Resistenza, abbracciata abbandonando gli studi alla Normale di Pisa. La difesa degli operai comunisti segregati nei reparti-confino nelle grandi fabbriche degli anni cinquanta. La sua fama che cresce non sui giornali ma nei luoghi del tornio e della catena di montaggio come “avvocato dei lavoratori”.

La difesa delle parti civili nel processo per i morti di Reggio Emilia del 1960, la difesa di Licia Pinelli (con cui sempre si diede del “lei”) che cerca giustizia per la morte sconvolgente del suo Giuseppe. E dal ‘75 a fianco della famiglia Mazzotti per Cristina, 18 anni, sequestrata dai clan calabresi in Brianza e gettata in discarica dopo il pagamento del riscatto. E l’università: il diritto del lavoro che anche grazie a lui si fa scienza nuova sull’onda dello Statuto dei lavoratori, e che il professore spiega come nessuno ai suoi studenti di Scienze Politiche nella Milano infuocata dalla contestazione.

Negli anni ottanta la nomina nel Consiglio superiore della magistratura e il suo schierarsi, senza se e senza ma, a favore di Giovanni Falcone, perché sia lui il nuovo capo dell’ufficio istruzione di Palermo; merito che venerdì gli è valso in piazza applausi calorosi, specie ricordando Cossiga, sempre lui, che intuisce le qualità del professore e gli impedisce con il proprio voto di diventare vicepresidente del Csm.

E poi dagli anni novanta l’impegno diretto, politico, contro la mafia: la costituzione grazie a lui della prima commissione antimafia del comune di Milano, per la quale scrive, tutta di suo pugno, una indimenticabile relazione; o lo speciale rapporto sulle regioni del Nord scritto per la Commissione antimafia presieduta da Luciano Violante, ancora oggi saccheggiato dagli studiosi. E le tre legislature al Senato dedicate alla causa dei lavoratori, con la intuizione di mettere in legge il diritto al lavoro esterno dei detenuti. Ha cambiato per sempre la nostra vita, ha ricordato commosso uno di loro venerdì.

Negli anni Duemila la guida di un’Anpi da lui rinvigorita e ringiovanita, fino alla battaglia aperta alla riforma costituzionale agognata da Renzi. Come dimenticare il leone ultranovantenne che arriva sull’arena per nulla spelacchiato, come pensava il leader di Rignano, ed esibisce una criniera ogni giorno più folta che ne farà il vincitore morale del referendum? E in ultimo le dichiarazioni da partigiano vero, che non dimentica, sulla resistenza ucraina e i suoi diritti.

Venerdì guardavo i girasoli, scrutavo la sua indomita Chicca, compagna di decenni, e pensavo a questa vita così piena, inimmaginabile per chi non l’abbia visto accettare a getto continuo gli inviti di associazioni, scuole, università. Senza calcoli di convenienza e di risparmio. Solo una volta, tre mesi fa, mi disse che preferiva non accettare: “Potrei sbagliare qualche particolare”, confessò. E chissà che fatica gli costò dirlo.

Il ricordo più grande che ho io di lui? Un pomeriggio degli anni ottanta nel suo studio. Ci si avviava al Maxiprocesso di Palermo. Non ho mai difeso un mafioso, mi disse, né mai lo farò. Anche se qualche mio collega, da quando lo fa, viaggia con l’aereo privato. Grazie di tutto, Presidente.

* Storie Italiane, Il Fatto Quotidiano, 06/06/2022

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“L’ha detto Falcone”. L’insopportabile fake news dei cosiddetti esperti nostrani

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