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Parliamo di lotta alle mafie, ma solo per un giorno

Piero Innocenti il . Criminalità, Droga, Economia, Mafie, Politica

Terminate le celebrazioni, a Palermo e in molte altre città italiane, del trentennale della strage di Capaci in cui Cosa Nostra assassinò Falcone, sua moglie e gli agenti di polizia della scorta, con passerelle e dichiarazioni, spesso ampollose, di varie personalità politiche e istituzionali, il tema della mafia torna nel cassetto perché alla politica l’argomento non interessa molto e si pensa, sbagliando, che il problema delle mafie si sia attenuato fino a “svanire”.

Non è affatto così, come ci ricordano le numerose operazioni fatte dalle forze di polizia sul territorio negli anni e le attente analisi fatte anche recentemente dai vari organismi giudiziari (DNAA) e di polizia (DIA e DCSA).

“L’impegno contro la criminalità non consente pause né distrazioni” ha ammonito  nel suo intervento a Palermo lo stesso Presidente della Repubblica perché Cosa Nostra, contrariamente a quello che pensano molti politici locali e nazionali, “ha evidenziato rinnovati segnali di vitalità, grazie all’emergere di nuove leve e alla generale capacità rigenerativa e di avvicendamento di capi e affiliati” (rel. DIA, primo semestre 2020).

Cosa nostra, dunque, è sempre una organizzazione criminale di tipo unitario e verticistico, basata su famiglie, mandamenti e commissione provinciale, presente nelle province di Palermo, Trapani, Agrigento, Caltanisetta ed Enna mentre nella Sicilia Orientale si rilevano “gruppi criminali a geometria variabile” (rel. DIA, cit.) che si contrappongono alle espressioni criminali di riferimento di Cosa Nostra. Una rinnovata vitalità che ha spinto Cosa Nostra a “recuperare un ruolo di primaria importanza nel settore del narcotraffico..” instaurando specifici accordi con la mafia calabrese e la camorra per “tutelare” il porto di Gioia Tauro  approdo importantissimo per la cocaina proveniente dal Sud America.

Lo stesso Procuratore Generale della Repubblica di Palermo, inaugurando l’anno giudiziario del 2020 ricordava come “la principale fonte di reddito di “cosa nostra” è (..) costituita dal traffico di stupefacenti acquistati, di norma, dalle o con le organizzazioni calabresi e campane, e spacciati, di regola, mediante organizzazioni dedite a tali attività non direttamente riconducibili a cosa nostra”.

Se, dunque, si volesse realmente tagliare le gambe a cosa nostra, a tutte le mafie, anche a quelle straniere, che operano nel nostro paese, bisognerebbe cercare di eliminare (impossibile, allo stato) il traffico di droghe che è sempre la prima fonte di reddito delle varie mafie e questo, oltretutto, presuppone una strategia a livello mondiale che non si intravede. Oltretutto, lo ricordiamo, il Pil include, dal 2014, ambiti di economia criminale rilevanti per le “aziende mafiose”, quali la prostituzione, il contrabbando di tabacchi lavorati e, appunto, il commercio di stupefacenti.

Questa inclusione di alcune attività illegali nel reddito nazionale lordo fu una possibilità (accolta subito!) che l’UE aveva concesso agli istituti di statistica degli Stati membri per rispondere meglio “al criterio dell’esaustività” e con l’obiettivo di accrescere la comparabilità internazionale delle stime.

Lo ricordava, poco più di quattro anni fa, nella relazione di fine legislatura la Commissione parlamentare Antimafia presieduta da Rosi Bindi sottolineando che “sul piano statistico è come se il nostro Paese ammettesse, suo malgrado, che anche una parte dell’economia mafiosa è “buona” e, come tale, può contribuire alla ricchezza nazionale”.

Figuriamoci se qualcuno oggi, avanzasse una richiesta per rendere il Pil meno “lordo” (nel senso di meno “sporco”) abbassandolo di qualche punto, sarebbe additato come un sabotatore dell’economia nazionale!

Nessuna “profonda riflessione” sul punto auspicata dalla Commissione parlamentare c’è stata e, quindi, continua quella “legalizzazione” statistica dei proventi mafiosi che giudici e forze di polizia sottraggono alle mafie, non so con quanta soddisfazione della politica sempre attenta ai conti nazionali.

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