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I “paletti” nei rapporti della polizia giudiziaria con gli organi di informazione

Piero Innocenti il . Criminalità, Forze dell'Ordine, Giustizia, Informazione, SIcurezza

Il 21 aprile scorso il Capo della Polizia, Prefetto Giannini, ha inviato ai Questori la circolare che ha come oggetto “Rapporti con i mass media – Linee di indirizzo  in materia di diffusione di informazioni relative all’attività di polizia”.

La circolare si è resa necessaria dopo l’entrata in vigore, il 14 dicembre 2021, del d.lgs 8 novembre 2021 n.188 recante “Disposizioni per il compiuto adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni della direttiva (UE)2016/343 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 marzo 2016, sul rafforzamento di alcuni aspetti della presunzione di innocenza e del diritto di presentarsi al processo nei procedimenti penali”.

Con tale provvedimento normativo viene data una limitazione alla diffusione delle informazioni sulle indagini svolte dalla polizia giudiziaria che è “consentita solo quando è strettamente necessaria per la prosecuzione delle indagini o ricorrono altre specifiche ragioni di interesse pubblico”.

Se, dunque, questi sono i presupposti che legittimano la diffusione agli organi di informazione, la norma precisa anche che sia soltanto il Procuratore della Repubblica a valutare se ricorrono tali presupposti, rilasciando “atto motivato in ordine alla specifica ragione di pubblico interesse che la giustificano”. La polizia giudiziaria viene, dunque, ad avere limiti particolarmente stringenti sulla possibilità di comunicare con i media, sempre che non ci sia l’autorizzazione formale e motivata del Procuratore della Repubblica (o di un suo delegato), comunicazione che dovrà limitarsi ad una mera esposizione dei fatti, senza riferimenti all’identità delle persone coinvolte, rispettosa della presunzione di innocenza.

Non mancheranno sicuramente le direttive che in sede locale i Procuratori daranno agli organismi di polizia giudiziaria che, comunque, potranno avanzare anche una specifica richiesta  evidenziando “le ragioni strettamente investigative o di interesse pubblico (..) e le opportunità di rafforzare la comunicazione attraverso i canali ufficiali mediante il rilascio di brevi interviste agli organi di informazione”.

Il provvedimento sopraindicato è finalizzato a garantire la persona sottoposta a procedimento penale (indagato o imputato) dal vulnus alla presunzione di innocenza, indicandolo come colpevole prima che ciò sia accertato con sentenza o decreto penale irrevocabili.

In realtà non mi è mai capitato di sentire in occasione di conferenze stampa su operazioni di polizia giudizi di colpevolezza nei confronti di persone arrestate anche in flagranza di reato per gravi delitti o destinatari di provvedimenti cautelari emessi dal giudice.

Questa “preoccupazione” viene ancora evidenziata nella direttiva (UE)2016/343 che richiama l’esigenza di garantire che gli indagati o imputati non siano presentati nelle aule di giustizia come colpevoli utilizzando misure di coercizione fisica (manette) salvo situazioni particolari, per motivi di sicurezza “o al fine di impedire che fuggano o entrino in contatto con terzi”. Tali disposizioni, che limitano l’autonomia nel fornire informazioni ai media, cessano di essere applicate nel momento del definitivo accertamento della colpevolezza delle persone.

La comunicazione istituzionale nelle singole province è affidata ai Portavoce dei Questori, che dovranno sempre raccordarsi, preventivamente, con l’Ufficio Relazioni Esterne del Dipartimento della Pubblica Sicurezza.

Non necessita di autorizzazione dell’Autorità Giudiziaria, la comunicazione di informazioni sulla tutela dell’ordine pubblico e della sicurezza pubblica (la c.d. “polizia di sicurezza”) come, per esempio, l’applicazione delle misure di prevenzione personale (avviso orale, fogli di via ecc.), i provvedimenti di polizia riguardanti l’ambito sportivo o urbano (c.d. daspo sportivo e urbano) e, pertanto, eventuali iniziative di informazione locale ai media dovranno essere sottoposte solo alla valutazione del citato Ufficio Relazioni Esterne che ha anche il compito di diramare “linee guida comuni da tenere su singole materie”, di uniformare “lo stile delle comunicazioni testuali e visive”, di suggerire “criteri per rendere più efficace la divulgazione di attività istituzionali ed operative”, di supportare “i Portavoce nelle situazioni di maggiore complessità”.

Insomma, l’autonomia della polizia giudiziaria nel fornire informazione ai media è “compressa” solo per garantire la riservatezza delle persone coinvolte nei processi penali ed il loro corretto svolgimento (segreto investigativo).

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