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È morto Flavio Carboni, il faccendiere al centro dei misteri italiani

Redazione il . Corruzione, Criminalità, Memoria, Politica, Società

Il suo nome era legato a vicende come il crack del Banco Ambrosiano Veneto, la morte di Roberto Calvi e la loggia massonica P2

È morto a Roma Flavio Carboni, colpito da un infarto nella notte, aveva compiuto 90 anni da dieci giorni.

Dal crack del Banco Ambrosiano all’omicidio di Roberto Calvi, Carboni era stato tirato in ballo in tutti i principali grandi gialli italiani, con alcuni dei quali però – come la Loggia P2 – aveva sempre negato di avere a che fare: “Non ho mai conosciuto Gelli, non ho mai fatto parte della P2”. Anzi, “non ho mai fatto parte della massoneria in generale. Che poi abbia conosciuto tanti personaggi di primissimo piano – come tutti a quell’epoca del resto – che potessero avere simpatie o aderire a logge è un’altra storia”, le sue parole in una recente intervista all’Adnkronos.

Chi era Flavio Carboni

Originario di Torralba, provincia Sassari, nato nel 1932, Flavio Carboni era sulla breccia da almeno 50 anni. Il suo nome è stato al centro di molti di quelli che sono considerati i ‘misteri’ dell’Italia a partire dagli Anni 70, da quando, cioè, si affacciò al mondo dell’alta finanza. Diverse le indagini, le accuse, i processi e le assoluzioni: dal 1982 è stato più volte arrestato, trascorrendo in carcere brevi periodi di detenzione. Carboni è stato imputato di numerose accuse: falso, truffa, bancarotta fraudolenta, riciclaggio. Ma l’unica sentenza di condanna definitiva è quella per il crack Ambrosiano Veneto, a 8 anni e 6 mesi di reclusione.

Carboni ha intrattenuto rapporti con personaggi come l’agente segreto Francesco Pazienza, il capo della loggia massonica P2 Licio Gelli (ma lui ha sempre negato di averlo conosciuto), il boss mafioso Pippo Calò, l’ex gran maestro del Grande Oriente d’Italia, Armando Corona, e l’allora imprenditore Silvio Berlusconi, prima che scendesse in politica, di cui è stato socio in affari per il progetto ‘Costa Turchese’, noto anche come ‘Olbia 2’.

Tra le inchieste che lo hanno coinvolto anche quella legata agli appalti dell’energia eolica in Sardegna, nata da un altro filone di indagine, legato alla cosiddetta P3. Nel 2010, Carboni è stato ascoltato anche come testimone per la scomparsa di Manuela Orlandi, per i rapporti che avrebbe avuto in Vaticano e con alcuni esponenti della banda della Magliana. Nell’agosto 2018 era stato indagato per trasferimento fraudolento di fondi. Una vicenda per la quale è stato assolto nei giorni scorsi.

Pazienza, l’ex 007: “Ma quale uomo dei misteri, Carboni era il tipico personaggio italiano”

”Flavio Carboni era un tipico personaggio italiano che sapeva destreggiarsi magnificamente in mezzo ai casini del nostro Paese e ai misteri, che poi in Italia di misteri non ne esistono, la storia dei misteri italiani l’avete inventata voi giornalisti, in Italia si sa tutto di tutto e di tutti”.

A dirlo all’AdnKronos è l’ex 007, Francesco Pazienza, parlando della morte di Flavio Carboni. ”Carboni navigava nelle acque italiane dagli anni ’60, l’ho conosciuto talmente bene da fare la stupidaggine di presentarlo io a Roberto Calvi – racconta Pazienza -, lui con la P2 non c’entrava assolutamente niente. Carboni l’uomo dei misteri? Ma figuriamoci, quali misteri, per favore; c’è una famosa foto, che io ho, in cui si vede Carboni sotto braccio a Ciriaco De Mita il giorno stesso in cui De Mita fu eletto segretario della Dc prendendo il posto di Flaminio Piccoli. Ci sarà un motivo, o no? Questo dimostra che Carboni era solo uno che sapeva destreggiarsi”.

L’avvocato di Carboni, Renato Borzone: “E’ stato perseguitato da accuse dietrologiche e surreali”

A confermare la morte di Flavio Carboni è stato il suo avvocato Renato Borzone. “Carboni è stato al centro della cronaca per 50 anni”, ha detto Borzone in un’intervista all’Agi, “una sola condanna definitiva per la vicenda legata alla bancarotta del Banco Ambrosiano”.

“E’ stato perseguitato da accuse dietrologiche e surreali – aggiunge -, come nel caso del processo per la morte di Roberto Calvi, nei confronti delle quali ha dimostrato la sua innocenza. Non era San Francesco ma tuttavia è stato sempre stato considerato un personaggio misterioso che in realtà non era”.

Fonte: Rainews


Carboni, Portanova: “Stavo scrivendo libro con lui, uomo controverso del sottobosco…”

“Flavio Carboni era un personaggio controverso”, l’uomo “del sottobosco” e delle “gigantesca rete di relazioni” che coltivava una “imprenditoria di confine”. Una storia, la sua, “che ha attraversato la storia d’Italia”. Di certo “non era un santo”, anche se “respingeva con veemenza l’accusa di aver ucciso Calvi”. Di sicuro “ha avuto un ruolo in molti misteri” italiani, ma Carboni aveva anche “una intraprendenza forsennata” che spiega “come ha fatto a diventare Flavio Carboni”. Su una cosa non ci sono dubbi, sarebbe un personaggio “perfetto per una serie tv”.

Così all’AdnKronos, commentando la morte di Flavio Carboni, Mario Portanova, giornalista de ‘ilfattoquotidiano.it’ che con Carboni stava lavorando al libro “L’uomo del sottobosco” (titolo provvisorio) per Chiarelettere edizioni, nel quale il personaggio al centro di tanti misteri italiani si raccontava.

“Al di là dei casi giudiziari eclatanti che tutti conosciamo – esordisce Portanova -, quella di Flavio Carboni è veramente la biografia di una imprenditoria ‘di confine’. Lui attraversa quelle stagioni dell’Italia del dopoguerra, le prime grandi speculazioni edilizie, conosce, lo racconta lui stesso, tutti i cosiddetti ‘palazzinari’ romani, entra in contatto con questo mondo, con il mondo dell’usura a Campo de’ Fiori a Roma, dove peraltro conosce criminali che diventeranno famosi, ma che non lo erano all’epoca in cui lui andava a Campo de’ Fiori, come Diotallevi, Pippo Calò. Il suo è il racconto di una grande fortuna economica, perché Carboni fa un sacco di soldi coltivando, appunto, il ‘sottobosco’. In realtà lui non era d’accordo su questo, diceva di essere il bosco, non il sottobosco. I ‘palazzinari’ li guardava dall’alto in basso, perché lui faceva grandi speculazioni, che riteneva normali affari. Pensiamo solo alla Costa Smeralda, ma anche al litorale laziale. Carboni racconta che così si fanno i grandi soldi, nell’Italia del dopoguerra comincia a fare delle lottizzazioni nelle campagne, sulle coste che lui valorizza”.

“Inizia a lavorare come funzionario al ministero dell’Istruzione a Roma provenendo da Sassari – prosegue il giornalista Portanova all’Adnkronos -, dove aveva rapporti anche con Segni e politici sassaresi anche famosi, e racconta che la sua rete di relazioni comincia quando gestisce le raccomandazioni che piovono sul ministero della Pubblica istruzione in relazione ai concorsi per diventare insegnante”. “È questa, dunque, la storia di Carboni dal punto di vista imprenditoriale – osserva Portanova-, attraversa questo sottobosco e anche il bosco, però ha contatti di altissimo livello, diventa grande amico di Caracciolo, anche se sembra strano, mi raccontava della sua amicizia con Ferruzzi, e nel contempo conosceva i palazzinari, i borgatari e i cravattari. Ed è questo il motivo che rendeva la sua figura affascinante ai miei occhi. L’aspetto fondamentale della sua vita è il modo in cui avviene la costruzione di una rete di relazioni. La sua vita è stata coltivare qualunque relazione che potesse essere utile per i suoi affari, dalla politica ai servizi segreti fino al Vaticano, grande capitolo. E mi stava raccontando, passo per passo, come questa rete, partendo dalle conoscenze sassaresi con Segni e altri, è man mano diventata gigantesca fino a coprire tutti questi delicati settori”.

“Flavio Carboni era un personaggio controverso – aggiunge ancora Portanova -, lui stesso non si dipinge come un santo e non stavamo scrivendo, quindi, la biografia di un santo, ma respingeva in modo molto veemente e visceralmente l’accusa di aver ucciso Roberto Calvi e anche il fatto che Calvi sia stato ucciso. Lui, infatti, continuava a dire che si è trattato di un suicidio, e aveva le sue tesi sul Banco Ambrosiano. Ha avuto sicuramente un ruolo magari non in tutti i misteri che gli sono attribuiti, però in molte vicende oscure. Un po’ ne parlava, un po’ alludeva. Premesso ciò, quello che di lui mi ha colpito era la sua forsennata intraprendenza che conservava anche a 90 anni. Ho capito come ha fatto a diventare Flavio Carboni, nel senso che era forsennatamente attivo, a 90 anni aveva l’energia di un 20enne, prendeva l’aereo, firmava contratti, parlava tantissimo delle nuove iniziative economiche nel campo del grafene e si teneva in contatto per questo con uno scienziato russo”.

“Insomma – insiste Portanova – si capiva che era uno che ancora adesso saltava addosso alle occasioni. E poi aveva una straordinaria capacità di coinvolgere le persone, una comunicatività straordinaria. Non fatico a pensare che riuscisse a tirar dentro chiunque, dall’ufficiale dei servizi segreti al grande imprenditore, al politico. Aveva questa capacità, era molto estroverso e capace di creare relazioni”. “Attribuiva al Banco Ambrosiano la fine della sua parabola – osserva il giornalista -, lui si vedeva proiettato nell’empireo dell’imprenditoria nazionale e internazionale e poi invece, con la vicenda del Banco Ambrosiano, si è visto marchiare come ‘il faccendiere’. Però era anche autoironico. Ogni tanto, quando veniva fuori qualche fatto di cronaca, mi chiamava e mi diceva ‘questo non l’ho fatto io’”. “Flavio Carboni – sottolinea inoltre Portanova – sarebbe perfetto per una serie tv. Mi diceva che, anche ai tempi in cui venne fuori il caso del Banco Ambrosiano, che ebbe grande eco internazionale, aveva ricevuto molte richieste di fare film su queste vicende, che poi non si sono concretizzate per via delle sue vicissitudini giudiziarie. Ma la storia di Carboni sarebbe perfetta per una serie tv. Anche perché, e da giornalista mi è piaciuto molto parlarne con lui in tantissimi incontri, ti faceva vedere in modo disincantato come funziona il potere. E molte serie tv puntano proprio su questo”.

E ancora “Carboni mi raccontava il retroscena, il retrobottega del potere, le relazioni, le motivazioni, il funzionamento delle reti relazionali. Quindi – dice Portanova – assolutamente sì, sarebbe adatto per una serie tv. Fra l’altro rivendicava moltissimo le sue entrature e il suo protagonismo in Vaticano, un altro tema che si presta molto per le serie tv. E poi c’è anche un’altra cosa, che però non abbiamo fatto in tempo ad affrontare in senso compiuto. Rivendicava a sé anche ruoli importanti in tutta quella operazione che porta l’asse Wojtyla-Reagan a far cadere il Muro di Berlino”.

Fonte: Adnkronos

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