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Lissone (MB), il capannone della ‘ndrangheta accoglie famiglie in difficoltà

Luca Cereda il . Associazioni, Economia, Istituzioni, Lombardia, Mafie, Società

Il sindaco Monguzzi: vogliamo riaffermare sul nostro territorio i principi di legalità e democrazia nella comunità locale. D’Ippolito (Libera): così realizziamo in pieno la legge del 1996 sul riutilizzo dei beni sottratti alle cosche.

In Lombardia sono state confiscate alla criminalità organizzata quasi duecento aziende.

A Lissone in Brianza sono 5 le imprese, legate agli affari illegali della mafia o utilizzate come ‘lavatrici’ di soldi sporchi, sottratte – soprattutto – alle Locali di ‘ndrangheta brianzole. Presto uno di questi magazzini confiscati in via definitiva alla criminalità organizzata si trasformerà: da luogo del crimine, a complesso con appartamenti da destinare alle famiglie con bambini in difficoltà del territorio.

É questo il progetto avanzato dal Comune di Lissone, e che ha permesso all’amministrazione di ottenere il via libera alla gestione di questo grande capannone che sorge a pochi passi dal centro, in via Solferino – dal valore stimato di circa 40mila euro -, da parte di chi attualmente ha in carico questo bene, ovvero l’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata (Anbsc).

«Abbiamo puntato su un progetto dal chiaro rilievo sociale che contribuisce a riaffermare sul nostro territorio i principi di legalità e democrazia nella comunità locale», afferma la sindaca Concettina Monguzzi. Pur trattandosi di un ex magazzino, gli spazi sono dotati di altezza e di punti luce adeguati ai canoni di abitabilità, anche per questo già durante le riunioni in prefettura «avevo ribadito la volontà del Comune di acquisire il bene confiscato in via definitiva per farne case per famiglie in difficoltà. Ora come primo passo abbiamo confermato l’interesse all’assegnazione del bene al Comune di Lissone. Questo è un impegno che le le istituzioni, le forze dell’ordine e la società civile di Lissone compiono nel difendere la legalità», aggiunge Monguzzi.

Nelle comunicazioni effettuate dal Comune di Lissone al momento non sono stati inseriti i riferimenti al tipo di reato per cui quell’immobile è stato sottratto alla criminalità organizzata.

Utilizzare a scopo sociale un bene sottratto alla criminalità organizzata è il modo migliore per contrastarne la “cultura dell’illegalità”, ancor di più se quello spazio diventa un luogo di accoglienza per le le famiglie in difficoltà. «Se da ambiente del crimine, diventa una casa per famiglie del territorio in difficoltà, realizziamo in pieno la missione della legge 109 del 1996 promossa da Libera che punta tutto sul riutilizzo pubblico e sociale dei beni confiscati alle mafie», chiosa Valerio D’Ippolito, coordinatore di Libera Monza e Brianza.

Questo progetto quindi “vale doppio” perché da un lato arriva all’indomani della decisione di ‘tagliare fuori’ il Nord Italia da un bando da 300 milioni – garantiti dal Pnrr – per il sostengo all’assegnazione del patrimonio sottratto alle mafie. Dall’altro lato «è proprio in un territorio come la Brianza che progetti come questo devono prendere corpo perché è qui che spesso dobbiamo ancora ancora combattere lo stereotipo culturale per cui la criminalità organizzata è un fenomeno del Sud, e “solo” infiltrato al Nord», conclude D’Ippolito.

Per ottenere risultati come quello di Lissone, e far si che questo sia il primo di molti, da due anni Libera Monza e Brianza ha avviato un percorso insieme alle amministrazioni locali, alla guardia di finanza, ai carabinieri, ai vigili del fuoco, alla prefettura, alla Dia di Milano, all’Agenzia beni confiscati regionale e alla stessa Regione per assegnare tutti i beni confiscati in via definitiva alle mafie, sostenendo il più possibile i progetti di riutilizzo a scopo sociale di quei luoghi.

Fonte: Avvenire, 13/01/2022

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