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Green pass, vaccino e uso strumentale della lotta partigiana

Rita Sanlorenzo * il . Diritti, Giustizia, Istituzioni, Politica, Salute, Società

L’incredibile escalation del discorso pubblico sulle misure anti – Covid adottate in Italia ha raggiunto, in queste ore, vette (o abissi?) che non immaginavamo possibili.

Assistiamo così alla nascita di un Comitato di Liberazione Nazionale che, al pari di quello sorto nel 1943 per guidare la lotta al fascismo ed all’occupazione nazista, dovrebbe guidare gli italiani resistenti nel contrasto alle leggi “draghissime” (evidente e voluta l’assonanza con le leggi “fascistissime” del ’26).

Pur concedendosi che non siamo alla drammaticità degli eventi della Guerra di Liberazione, si arriva comunque ad immaginare una forma di opposizione politica che non commetta gli errori della secessione dell’Aventino seguita all’omicidio di Giacomo Matteotti, e che si ribelli agli obblighi vaccinali e di certificazione tramite Green Pass, ritenuti contrari alla nostra Costituzione, secondo un programma “costituente” capace di sconfiggere il neoliberismo che determina le scelte non solo economiche, ma anche sanitarie, della maggioranza di Governo.

Alcune considerazioni sparse, cercando innanzitutto di soffocare l’indignazione per questo spregiudicato, e inaccettabile, anche per i tanti errori che lo contraddistinguono, utilizzo della fase più nobile ed eroica della storia del nostro Paese, quello che ha dato vita alla lotta partigiana contro la dittatura e quindi alla nascita della nostra Repubblica:

La politica italiana ci ha tristemente abituato all’uso strumentale della storia, piegata a fini di propaganda, ed alla proposizione, nella discussione del presente, di questioni storiografiche anche di rilievo, per proporre paragoni quasi sempre improbabili se non azzardati, oppure per lanciare messaggi politici calibrati sulla più stretta attualità. È una confusione che non fa bene alla storia e che, normalmente, anche sul piano della politica non ha mai portato fortuna.

Tra gli esempi possibili, quello della periodica riproposizione all’attenzione dell’opinione pubblica delle ragioni “dei ragazzi e delle ragazze di Salò”, tema non privo di una sua reale dignità storiografica, che avrebbe dovuto sì spingere ad esplorare le ragioni per cui dei giovani, magari sino ad allora non compromessi col regime, avevano ritenuto di aderire alla repubblica di Salò quando l’esito della guerra era ormai chiarissimo a tutti, proprio nell’ottica politica del superamento delle divisioni: ma solo dopo la premessa irrinunciabile dell’errore di quella scelta, e del rigetto del fascismo, di quella ideologia autoritaria ed antidemocratica che ancora oggi è ben viva e presente nel nostro Paese, e manifesta la sua capacità eversiva anche con le infiltrazioni nei movimenti No Vax.

Oppure, per altri versi, l’utilizzo degli eccidi delle foibe, che furono sì crimini di guerra e contro l’umanità, ma certo non arrivarono ad assumere il carattere di genocidio, e non potrebbero mai essere equiparati alla Shoah, nonostante ad essi sia riservata la celebrazione di un Giorno del ricordo che viene istintivamente associato alla Giornata della Memoria dedicata alle vittime dell’Olocausto.

Mai nessuno sin qui ha osato però l’immedesimazione personale e diretta con gli eroi che fecero la Resistenza contro il fascismo, a partire dalla Medaglia d’oro della Resistenza Duccio Galimberti e dal suo estremo sacrificio in nome della difesa della libertà. Il fatto che a questo oggi si arrivi in nome del rifiuto delle misure poste in essere contro la diffusione del contagio da Covid, oltre a rappresentare una evidente forzatura della storia, l’usurpazione a fini di visibilità personale di vicende che sono patrimonio di tutta l’Italia democratica, segna il gravissimo attraversamento di un punto di non ritorno: in una situazione in cui di tutto si ha bisogno, meno che della accentuazione e della drammatizzazione delle divisioni e dei contrasti.

Questa Rivista ha ritenuto di dover dare spazio, nel corso di questi mesi, ad un dibattito quanto più ampio e libero alle ragioni di chi sosteneva, e chi invece criticava, anche aspramente, le scelte della politica via via adottate per far fronte ad eventi mai sperimentati prima, che hanno messo a dura prova la tenuta sanitaria, economica e sociale del nostro Paese.

Lo ha fatto assumendone tutti i rischi, ed infatti venendo trascinata suo malgrado in una polemica di stampa distorsiva che ci ha accusato addirittura di ribellione alla legge, ma che si è positivamente risolta con il ristabilimento della verità a proposito della posizione di Questione giustizia (se ne darà conto nei prossimi giorni).

Proseguendo nell’adempimento di quello che riteniamo essere un nostro dovere, come voce di magistrati che ritengono compito ineludibile quello di “prendere posizione” soprattutto laddove si è chiamati alla difesa della Costituzione, non possiamo non opporre il nostro rifiuto, di metodo e di merito, ad una polemica così becera e la nostra indignazione verso argomenti raffazzonati e privi di ogni riferimento preciso a quello che dovrebbe essere il punto di partenza di ogni critica: perché mai l’obbligo di Green Pass, e di vaccinazione, dovrebbero essere contro la nostra Costituzione, ed in particolare contro l’art. 32, che impone alla Repubblica la tutela della salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e che dunque pur a fronte della rivendicazione dell’autonomia dell’individuo giustifica, ed anzi richiede, che in nome del dovere di solidarietà siano adottate le misure in grado di difendere la salute della generalità dei cittadini.

Incauti e sconsiderati apprendisti stregoni cavalcano l’onda di irrazionalità che attraversa questo Paese, dimenticando che esso vive la condizione privilegiata di poter vaccinare tutti i suoi cittadini (a differenza di tanta parte del nostro pianeta).

Chissà se realizzano che anche da qui nascono e si rafforzano le folli resistenze non solo ai vaccini, ma alle cure contro la malattia, di cui sta facendo le spese il personale sanitario impegnato nelle strutture pubbliche, ormai stremato dopo mesi e mesi di impegno senza risparmio. Chissà se sentono la responsabilità per questo agire spregiudicato. Evitino almeno di chiamare in causa eroi della nostra Resistenza che per la nostra (e per la loro) libertà hanno dato la vita.

* Sostituto procuratore generale presso la Corte di cassazione, vicedirettrice di Questione Giustizia

Fonte: Questione Giustizia

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