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Contagiamoci di cultura: “Don Peppe Diana e la caduta di Gomorra”

Avviso Pubblico/Edizioni San Paolo il . Recensioni

Questa volta #CONTAGIAMOCIDICULTURA prova a raccontare la rinascita di Casal di Principe dopo il sacrificio di don Peppe Diana, il sacerdote ucciso dalla camorra nel 1994. Ecco la nuova puntata della rubrica di Avviso Pubblico nata per conoscere, analizzare e approfondire come prevenire e contrastare le infiltrazioni mafiose e i fenomeni corruttivi, al fine di provare ad impedire che mafiosi e corrotti possano ancora continuare a danneggiarci.

In questo nuova puntata presentiamo “Don Peppe Diana e la caduta di Gomorra. Un sacerdote e la sua gente rinnovano il loro mondo” (Edizioni San Paolo, 2019) di Luigi Ferraiuolo, classe ’69 e ora giornalista e redattore a Tv2000. Ferraiuolo è autore di numerosi saggi e docufilm.

«Cos’è accaduto a Gomorra dopo Gomorra? Come sono cambiate le tre città – Casal di Principe, Casapesenna e San Cipriano d’Aversa dove imperava il clan dei casalesi», si chiede l’autore. Il libro, pubblicato nel 2019, racconta dunque la caduta di Gomorra che segue l’assassinio di don Peppe Diana, il prete antimafia ucciso dal potente clan dei casalesi il 19 marzo 1994 a Casal di Principe e la rivolta culturale che ha seguito quell’omicidio e che resiste ancora dopo 27 anni.

Ma chi sono i veri casalesi? Non i camorristi, risponde Ferraiuolo d’accordo con Renato Natale, sindaco di Casal di Pricipe, convinto che i casalesi veri appartengano alla razza degli anticamorra. E allora il martirio, come lo definisce l’autore, di Don Peppe Diana «ha permesso a una comunità di rinascere, perché da un lato lo Stato ha capito che doveva combattere i casalesi: l’unico esempio in cui un clan, almeno l’ala militare, è stato completamente sconfitto. E ad uno ad uno tutti i capi della famiglia mafiosa sono stati arrestati e sono in carcere».

«Dall’altro lato quel martirio ci ha permesso di rinascere – prosegue l’autore – perché dai beni confiscati ai camorristi di Casal di Principe, Casapesenna, San Cipriano Aversa – come non succede da nessun’altra parte d’Italia – nasce una speranza: sono stati riutilizzati, ci sono attività che producono denaro, producono lavoro; cioè danno dignità, danno speranza, dimostrano a tutti che c’è un’altra speranza in quelle terre».

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Don Peppe Diana e la caduta di Gomorra

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Contagiamoci di cultura: “La giustizia conviene”

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