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Maxi blitz contro la ‘ndrangheta in tre regioni: 104 arresti, metà dei quali in Lombardia

Redazione il . Calabria, Giustizia, Lombardia, Mafie, Toscana

Indagine di 3 procure sulla cosca Molè, gruppi in Lombardia e Toscana

Blitz della Polizia in diverse regioni italiane contro presunti appartenenti alla cosca Molè, una delle storiche famiglie di ‘Ndrangheta: sono oltre cento le misure cautelari chieste e ottenute da tre procure distrettuali antimafia, quelle di Milano, Firenze e Reggio Calabria.

Al centro dell’indagine, nel corso della quale è stata sequestrata anche una tonnellata di cocaina proveniente dal Sudamerica, la cosca della Piana di Gioia Tauro, le sue ramificazioni in Lombardia e Toscana e le proiezioni all’estero. Gruppi che, seppur dotati di una certa autonoma, operavano in stretta sinergia.

I reati contestati agli indagati sono, a vario titolo, associazione mafiosa, concorso esterno in associazione mafiosa, estorsione, detenzione e porto illegale di armi, autoriciclaggio, associazione per delinquere finalizzata al traffico di droga, produzione, traffico e cessione di sostanze stupefacenti, usura, bancarotta fraudolenta, frode fiscale e corruzione.

A condurre le indagini sono state le squadre mobili di Reggio Calabria, Milano, Firenze e Livorno, coordinate dal Servizio centrale operativo della Polizia. Al filone milanese dell’inchiesta ha lavorato anche il Nucleo di polizia economico finanziaria della Guardia di finanza di Como.

In Calabria sono 36 le misure cautelari, 31 delle quali in carcere, eseguite dalla Squadra mobile di Reggio in esecuzione di un’ordinanza del gip su richiesta della Dda reggina.

Nell’ambito della maxi-operazione sono in corso anche sequestri preventivi di aziende, beni immobili, terreni e rapporti finanziari. Investigatori della squadra mobile e del Servizio centrale operativo stanno eseguendo il provvedimento cautelare emesso dal gip Tommasina Cotroneo in diverse regioni d’Italia e all’estero.

Al filone milanese dell’inchiesta ha lavorato anche il Nucleo di polizia economico finanziaria della Guardia di finanza di Como. I dettagli dell’operazione saranno illustrati in tre distinte conferenze stampa che si terranno alle 10.45 in procura a Milano e Firenze e in questura a Reggio Calabria.

Fonte: Ansa


‘Ndrangheta: oltre 100 arresti su tutto il territorio nazionale

Oltre 100 misure cautelari sono state eseguite, questa mattina, dalle Squadre mobili di Reggio CalabriaFirenzeMilano e Livorno coordinate dal Servizio centrale operativo (Sco) della Direzione anticrimine della Polizia di Stato, nei confronti di esponenti della ‘ndrangheta. I gruppi, pur se autonomi, erano collegati tra di loro e operanti in diverse parti del territorio nazionale.

Al centro dell’indagine, nell’ambito della quale è stata sequestrata oltre una tonnellata di cocaina importata dal Sudamerica, presunti appartenenti alla cosca Molè provenienti dalla Piana di Gioia Tauro, attivi anche in Lombardia, Toscana e all’estero.

Gli indagati sono accusati di associazione mafiosa, concorso esterno in associazione mafiosa, estorsione, detenzione e porto illegale di armi, autoriciclaggio, associazione per delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, produzione, traffico e cessione di sostanze stupefacenti, usura, bancarotta fraudolenta, frode fiscale e corruzione.

La maxioperazione di oggi rappresenta la sintesi di tre distinte indagini antimafia condotte in Calabria, Lombardia e Toscana e coordinate dalla Direzione nazionale Antimafia.

Gli investigatori hanno fatto luce sull’esistenza di un legame mafioso attivo nell’importazione di grossi quantitativi di cocaina dal Sudamerica, nonché nelle estorsioni e nel riciclaggio dei relativi capitali illeciti.
Inoltre, l’organizzazione criminale era riuscita ad estendere il suo controllo in diversi settori, dal trasporto conto terzi alla ristorazione ai servizi di pulizia e facchinaggio per tutti valeva una gestione illegale delle attività a dispetto, quindi, di ogni norma a tutela degli interessi dello Stato, dei cittadini e degli altri imprenditori. Questo è ciò che si evince dall’indagine milanese che ha messo in luce gli interessi della ‘ndrangheta, non solo per il traffico degli stupefacenti ma anche per il riciclaggio dei proventi in svariate attività commerciali, inoltre emergono le mire espansionistiche dell’organizzazione verso la Svizzera e, in particolare, verso il Cantone San Gallo divenuto una vera e propria base logistica per alcuni degli indagati. Il filone d’indagine milanese è stato condotto insieme alla guardia di Finanza di Como.

L’indagine calabrese prende spunto dallo sviluppo di elementi acquisiti nel corso dell’operazione “Handower” che ad aprile di quest’anno è culminato con l’arresto di 53 persone indagate per associazione mafiosa, traffico e cessione di sostanze stupefacenti. In particolare, nel corso di quest’indagine furono individuati anche i rapporti tra presunti affiliati alla cosca Pesce e quelli della cosca Molè, nonché della collaborazione, per la commissione di alcuni reati, di altri gruppi appartenenti alle cosche del versante tirrenico e di quelle della provincia di Vibo Valentia, oltre a delle ramificazioni in Lombardia, nelle provincie di Como e Varese.

Le indagini di Reggio Calabria si sono incrociate con quelle fiorentine, consentendo d’individuare l’arrivo di carichi di cocaina sia presso il porto di Gioia Tauro che presso il porto di Livorno.

Proprio nell’area portuale toscana, tra il 6 e l’8 novembre 2019, furono individuati e sequestrati complessivamente 430 panetti di cocaina, del peso, ciascuno, di 1100 grammi circa, occultati all’interno di una cavità di laminati in legno, spediti dal Brasile.

Gli elementi raccolti nel corso delle indagini hanno svelato l’esistenza di una associazione internazionale finalizzata al traffico di grossi quantitativi di droga che oltre ad avvalersi delle ramificazioni in diversi Paesi esteri per l’approvvigionamento, si avvaleva anche di affiliati per il successivo recupero della droga anche in mare e per la lavorazione della stessa.

Olivia Petillo

Fonte: Polizia di Stato


Operazione “Nuova Narcos Europea”

Sono affiliati alla cosca Molé i soggetti indagati nelle odierne indagini

Alle prime ore di oggi – martedì 16 novembre 2021 – a conclusione di complesse e articolate indagini coordinate dalla Direzione Distrettuale Antimafia della Procura della Repubblica di Reggio Calabria diretta dal Procuratore Giovanni Bombardieri, gli investigatori della Squadra Mobile reggina, con il coordinamento del Servizio Centrale Operativo e con il supporto di equipaggi del Reparto Prevenzione Crimine e di personale di altre Squadre Mobili del territorio nazionale, hanno dato esecuzione all’ordinanza di applicazione di misura cautelare nr. 5183/19 R.G.N.R. DDA, nr. 85/20 R.G.I.P D.D.A. e nr. 24/21 R.O.C.C. D.D.A., emessa in data 05.10.2021 dal Giudice per le Indagini Preliminari presso il Tribunale di Reggio Calabria, dott.ssa Tommasina Cotroneo, a carico di 36 soggetti – 31 dei quali destinatari della misura cautelare della custodia in carcere e 5 della misura cautelare degli arresti domiciliari -, nonché alla contestuale esecuzione del sequestro preventivo di 2 società, 4 terreni, nonché rapporti bancari e finanziari.

Le persone attinte da misura cautelare sono, allo stato, indagati, a vario titolo, per i reati di associazione mafiosa, concorso esterno in associazione mafiosa, estorsione, detenzione e porto illegale di armi, autoriciclaggio, associazione per delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, aggravati dalla circostanza del metodo e dell’agevolazione mafiosa, nonché per produzione, traffico e cessione di sostanze stupefacenti del genere cocaina.

Le investigazioni, svolte sotto le direttive del Procuratore Aggiunto Calogero Gaetano Paci, rappresentano lo sviluppo di elementi acquisiti nel corso dell’operazione convenzionalmente denominata “Handover” – condotta sempre dalla Squadra Mobile sotto le direttive della D.D.A. reggina – che, il 20 aprile 2021, era culminata nell’arresto di 53 soggetti indagati, a vario titolo, per associazione mafiosa, traffico e cessione di sostanze stupefacenti (ordinanza di applicazione di misure cautelari nr. 4582/17 – 3400/17 R.G.N.R. DDA, nr. 3400/17 R.G.G.I.P D.D.A. e nr. 18 – 35 – 54/20 R.O.C.C. D.D.A., nonché nr. 8/21 OCC).

In particolare nel corso dell’indagine c.d. Handover furono monitorati rapporti sospetti tra presunti affiliati alla cosca Pesce – in quel momento oggetto di approfondimento investigativo – e presunti affiliati alla cosca Molé oggetto delle odierne indagini.

Sulla base degli elementi investigativi raccolti, allo stato ritenuti indizianti dal Giudice per le Indagini Preliminari, la cosca Molé – la cui esistenza è oggetto di pronunce giudiziarie definitive – sarebbe tuttora operativa attraverso il contributo di alcuni soggetti (7), che risultano indagati oltre che per il reato di associazione mafiosa anche del delitto di estorsione, detenzione e porto abusivo di armi, intestazione fittizia di beni.

Con riferimento alle estorsioni, le contestazioni riguardano sia somme di denaro consegnate loro da operatori commerciali di Gioia Tauro, che condotte poste in essere nei confronti di operatori del settore ittico, che sulla base delle provvisorie imputazioni, sarebbero stati costretti a consegnare ovvero acquistare pesce da aziende riconducibili agli indagati, che in questo modo avrebbero assunto il controllo dello specifico mercato nel territorio di Gioia Tauro. Sulla base di tali evenienze il G.I.P. ha disposto il sequestro preventivo delle due società coinvolte.

L’inchiesta ha inoltre permesso di documentare, per la commissione di alcuni reati, rapporti di collaborazione con soggetti ritenuti appartenenti ad altre cosche di ndrangheta del versante tirrenico. Sul punto risultano indagati e destinatari di misura cautelare in carcere, oltre che soggetti riconducibili alla citata cosca Pesce, anche un esponente della cosca Crea di Rizziconi. Sono stati confermati, inoltre, le relazioni criminali con organizzazioni ndranghetiste della provincia di Vibo Valentia.

Sempre con riferimento al reato associativo e a vicende ritenute di natura estorsiva, le indagini hanno anche approfondito le condotte di alcuni soggetti domiciliati in Lombardia e segnatamente in provincia di Como e Varese, i quali sono stati oggetto di una parallela e collegata inchiesta della Direzione Distrettuale Antimafia della Procura della Repubblica di Milano, che ha emesso un Fermo di Indiziato di delitto a carico di numerosi soggetti cui è stata data esecuzione nella mattinata odierna.

Le investigazioni condotte hanno inoltre permesso di raccogliere diversi e plurimi elementi ritenuti allo stato probanti dell’esistenza di una associazione internazionale finalizzata al traffico di ingenti quantitativi di stupefacenti. Di tale associazione sono accusati di essere partecipi anche alcuni dei presunti affiliati della cosca mafiosa, tra cui l’elemento di vertice della stessa. Su tale fronte le indagini hanno permesso di individuare l’arrivo di carichi di cocaina sia presso il Porto di Gioia Tauro che presso il porto di Livorno.

Proprio nell’area portuale toscana, tra il 6 e l’8 novembre 2019, venivano individuati e sequestrati complessivamente 430 panetti di cocaina, del peso, ciascuno, di 1100 grammi circa, occultati all’interno di una cavità di laminati in legno, spediti dal Brasile.

A seguito dell’ingente sequestro veniva avviata una parallela e collegata inchiesta coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia della Procura della Repubblica di Firenze, nel cui ambito sono emersi elementi che portano, allo stato, a ritenere che l’organizzazione finalizzata al narcotraffico si è avvalsa della complicità di alcuni portuali dello scalo marittimo livornese, che avrebbero avuto il compito di agevolare il recupero del carico di cocaina. Sul punto il GIP del Tribunale di Firenze su richiesta di quella Direzione Distrettuale Antimafia ha emesso una misura cautelare a carico di 14 soggetti, a cui è stata data esecuzione sempre nel corso della mattinata odierna.

Sempre grazie alle risultanze delle attività tecniche di intercettazioni, il 25 marzo 2020, in una masseria di Gioia Tauro (per la quale il GIP ha disposto il sequestro preventivo), sono stati rinvenuti e sequestrati oltre 500 kg di cocaina, anch’essi suddivisi in panetti di 1 kg circa, alcuni dei quali marchiati con il logo “Real Madrid”, giunti nei giorni precedenti al porto di Gioia Tauro, occultati all’interno di un container commerciale. Nell’occasione veniva tratto in arresto, in flagranza di reato, il soggetto ritenuto al vertice sia della cosca mafiosa che della organizzazione di narcotrafficanti.

Nel corso della medesima indagine venivano effettuati, inoltre, i seguenti sequestri di stupefacente, la cui commercializzazione è riconducibile alla organizzazione indagata: in data 19 settembre 2019, all’interno dell’Area di servizio “Agip Tremestieri”, veniva tratto in arresto un soggetto trovato in possesso di 3 panetti di cocaina del peso complessivo di kg 3,289 – marchiati con simboli massonici “squadra, compasso e occhio massonico racchiusi in un cerchio”.; in data 20 settembre 2019, nei pressi dello svincolo autostradale di Cosenza Nord, veniva tratto in arresto un soggetto trovato in possesso 10 panetti di cocaina del peso complessivo di kg 10,5478; 5 panetti erano marchiati con simboli massonici “squadra, compasso e occhio massonico racchiusi in un cerchio; il 29 settembre 2019, nel Comune di Castelfranco Emilia (MO), veniva tratto in arresto un soggetto trovato in possesso di 15 panetti di cocaina dal peso complessivo di kg 16,150. Due panetti avevano raffigurati i simboli massonici “squadra, compasso e occhio massonici racchiusi in un cerchio”. in data 11 novembre 2019, a Villa S. Giovanni (RC), nei pressi dell’area d’imbarco, veniva tratto in arresto un soggetto trovato in possesso di 4 panetti di cocaina del peso complessivo di Kg. 4.295. Tre panetti erano marchiati con il logo “alfa-omega”.

Nel settore del narcotraffico, la cosca di ndrangheta oggetto d’indagine si ritiene abbia operato avvalendosi di una ramificazione internazionale non solo per approvvigionarsi di ingenti quantitativi di cocaina, ma anche per il successivo recupero in mare dello stupefacente e per la lavorazione dello stesso.

Sul punto le indagini hanno fatto emergere, nel 2019, la presenza in Italia di soggetti sud americani (quattro peruviani ed un colombiano, anch’essi destinatari della misura cautelare in carcere) due dei quali assoldati ed ospitati a Gioia Tauro con funzione di chimici e tre esperti palombari fatti giungere a Gioia Tauro per il recupero dello stupefacente in alto mare, in modo da ridurre i rischi connessi all’arrivo dei carichi di droga nel porto.

Fonte: Polizia di Stato, Questura di Reggio Calabria


Fermate in Lombardia 54 persone accusate di associazione di stampo ‘ndranghetista, estorsioni, bancarotta, reati fiscali, traffico di stupefacenti

Dalle prime ore dell’alba la Polizia di Stato e la Guardia di Finanza stanno eseguendo 54 provvedimenti di fermo di indiziati di delitto, al termine di una lunga e articolata indagine coordinata dalla Procura Distrettuale di Milano e condotta dalla Squadra Mobile di Milano, unitamente al Servizio Centrale Operativo della Polizia di Stato, e dal Nucleo di Polizia Economico Finanziaria della Guardia di Finanza di Como.

La complessa attività di indagine, sviluppatasi in coordinamento tra la DDA di Milano e la DDA di Reggio Calabria, ha consentito di ricostruire la storia di circa quindici anni di presenza della ‘ndrangheta nel territorio a cavallo tra le province di Como e Varese, evidenziandone la vocazione sempre più imprenditoriale e svelandone le modalità di mimetizzazione e compenetrazione con il tessuto economico-legale.

Si tratta di persone di origine calabrese provenienti dalla piana di Gioia Tauro, presunti appartenenti alla cosca Molè, che, avvalendosi della forza di intimidazione e della condizione di assoggettamento e omertà che ne è derivata, hanno in un primo periodo posto in essere, in modo stabile e continuativo, una serie indeterminata di delitti di estorsione, usura, bancarotta fraudolenta, frode fiscale e corruzione, costringendo gli imprenditori lombardi al pagamento di ingenti somme di denaro per poi acquisire la totale gestione e controllo di attività economiche.

In particolare, l’indagine ha consentito di fotografe tre periodi storici, caratterizzati da altrettante modalità di assoggettamento del territorio:

– periodo 2007/2010, caratterizzato da numerosi episodi di estorsione in danno di imprenditori locali;

– periodo 2010/2019 in cui, alle estorsioni, si è aggiunto il controllo e la gestione economica di appalti assai remunerativi relativi al servizio di pulizia di grandi imprese ottenuti dall’organizzazione grazie alla “collusione” di un imprenditore che si presentava quale “faccia pulita”, titolare formale di cooperative operanti nel settore, cooperative con le quali veniva ideato ed attuato un articolato sistema di frode finalizzato all’evasione fiscale attraverso cui veniva finanziata l’associazione di stampo mafioso;

– periodo 2018 sino ad oggi in cui, disarticolato in parte il sistema di frode fiscale di cui al periodo precedente in seguito ad alcuni arresti, sono ripresi su larga scala gli episodi di estorsione in danno di piccoli e medi imprenditori e, anche, di semplici cittadini.

Molteplici sono stati i settori in cui vi sono indizi gravi che gli indagati siano riusciti ad estendere il loro controllo, dal settore del trasporto conto terzi alla ristorazione ai servizi di pulizia e facchinaggio, caratterizzandone ognuno con il marchio dell’acquisizione illegale e/o della gestione illegale, in spregio di ogni norma a tutela degli interessi dello Stato, dei cittadini e degli altri imprenditori. Emblematico il caso di un noto ristorante milanese sito in un punto panoramico cittadino, gestito da una società riconducibile agli indagati che, dopo aver drenato notevoli risorse finanziarie illecite dagli indagati e verso gli indagati, accumulando, però, ingenti debiti nei confronti dell’erario, è stata dichiarata fallita per aver sistematicamente omesso il versamento delle imposte.

Agli indagati viene, altresì, contestato in via indiziaria l’utilizzo di modalità estorsive, di violenze e di fatti di illecita concorrenza che avrebbero consentito di gestire i sub appalti di una nota e storica società lombarda operante nel settore della produzione di bevande e connessa logistica. Le commesse di trasporto così illecitamente acquisite venivano poi spartite tra i vari affiliati consentendo a tutti lauti guadagni accresciuti, altresì, dal ricorso sistematico a false fatturazioni.

Accanto a questa ‘ndrangheta 2.0 Società per Affari, mai abbandonato appare anche l’interesse per il traffico di stupefacenti, nell’ambito del quale sono chiaramente emerse le mire espansionistiche verso la Svizzera e, in particolare, verso il Cantone San Gallo divenuto una vera e propria base logistica per alcuni dei soggetti indagati che vi si sono stabilmente insediati, dedicandosi prevalentemente ai traffici di sostanza stupefacente proveniente dall’Italia, provvedendo nel contempo a radicarsi e ramificarsi allo scopo di costituire in loco nuove strutture territoriali di ‘ndrangheta. In questo filone le attività d’indagine sono state effettuate avvalendosi di una Squadra Investigativa Comune costituita tra l’Autorità Giudiziaria Italiana e il Ministero Pubblico della Confederazione per la Svizzera.

Il coordinamento investigativo sia tra le rispettive polizie giudiziarie sia tra le DDA di Milano e Reggio Calabria, evidenziando la presenza di soggetti protagonisti di entrambe le indagini, ha consentito di confermare ancora una volta la struttura unitaria della ‘ndrangheta, pur nella sostanziale autonomia delle singole articolazioni territoriali, confermando il legame esistente tra i locali lombardi e i corrispondenti locali di ‘ndrangheta esistenti in Calabria, nonché il rilevante ruolo di Milano, e della Lombardia, nelle dinamiche e negli interessi della ‘ndrangheta al nord Italia.

Fonte: Polizia di Stato, Questura di Milano


Fermate 54 persone accusate di associazione di stampo ‘ndranghetista’

Dalle prime ore dell’alba, la Polizia di Stato e la Guardia di Finanza stanno eseguendo 54 provvedimenti di fermo di indiziati di delitto, al termine di una lunga e articolata indagine coordinata dalla Procura Distrettuale di Milano e condotta dalla Squadra Mobile di Milano, unitamente al Servizio Centrale Operativo della Polizia di Stato e dal Nucleo di Polizia Economico Finanziaria della Guardia di Finanza di Como.

La complessa attività di indagine, sviluppatasi in coordinamento tra la DDA di Milano e la DDA di Reggio Calabria, ha consentito di ricostruire la storia di circa quindici anni di presenza della ‘ndrangheta nel territorio a cavallo tra le province di Como e Varese, evidenziandone la vocazione sempre più imprenditoriale e svelandone le modalità di mimetizzazione e compenetrazione con il tessuto economico-legale.

Si tratta di persone di origine calabrese provenienti dalla piana di Gioia Tauro, presunti appartenenti alla cosca Molè, che, avvalendosi della forza di intimidazione e della condizione di assoggettamento e omertà che ne è derivata, hanno, in un primo periodo, posto in essere, in modo stabile e continuativo, una serie indeterminata di delitti di estorsione, usura, bancarotta fraudolenta, frode fiscale e corruzione, costringendo gli imprenditori lombardi al pagamento di ingenti somme di denaro per poi acquisire la totale gestione e controllo di attività economiche.

In particolare, l’indagine ha consentito di fotografe tre periodi storici, caratterizzati da altrettante modalità di assoggettamento del territorio:

  • periodo 2007/2010, caratterizzato da numerosi episodi di estorsione in danno di imprenditori locali;
  • periodo 2010/2019 in cui, alle estorsioni, si è aggiunto il controllo e la gestione economica di appalti assai remunerativi relativi al servizio di pulizia di grandi imprese ottenuti dall’organizzazione grazie alla “collusione” di un imprenditore che si presentava quale “faccia pulita”, titolare formale di cooperative operanti nel settore, cooperative con le quali veniva ideato ed attuato un articolato sistema di frode finalizzato all’evasione fiscale attraverso cui veniva finanziata l’associazione di stampo mafioso;
  • periodo 2018 sino ad oggi in cui, disarticolato in parte il sistema di frode fiscale di cui al periodo precedente in seguito ad alcuni arresti, sono ripresi, su larga scala, gli episodi di estorsione in danno di piccoli e medi imprenditori e, anche, di semplici cittadini.

Molteplici sono stati i settori in cui vi sono indizi gravi che gli indagati siano riusciti ad estendere il loro controllo, dal settore del trasporto conto terzi alla ristorazione e ai servizi di pulizia e facchinaggio, caratterizzandone ognuno con il marchio dell’acquisizione illegale e/o della gestione illegale, in spregio di ogni norma a tutela degli interessi dello Stato, dei cittadini e degli altri imprenditori. Emblematico il caso di un noto ristorante milanese sito in un punto panoramico cittadino, gestito da una società riconducibile agli indagati che, dopo aver drenato notevoli risorse finanziarie illecite dagli indagati e verso gli indagati, accumulando, però, ingenti debiti nei confronti dell’erario, è stata dichiarata fallita per aver sistematicamente omesso il versamento delle imposte.

Agli indagati viene, altresì, contestato, in via indiziaria, l’utilizzo di modalità estorsive, di violenze e di fatti di illecita concorrenza che avrebbero consentito di gestire i sub appalti di una nota e storica società lombarda operante nel settore della produzione di bevande e connessa logistica. Le commesse di trasporto così illecitamente acquisite venivano poi spartite tra i vari affiliati consentendo a tutti lauti guadagni accresciuti, altresì, dal ricorso sistematico a false fatturazioni.

Accanto a questa ‘ndrangheta 2.0 Società Per Affari, mai abbandonato appare anche l’interesse per il traffico di stupefacenti, nell’ambito del quale sono chiaramente emerse le mire espansionistiche verso la Svizzera e, in particolare, verso il Cantone San Gallo divenuto una vera e propria base logistica per alcuni dei soggetti indagati che vi si sono stabilmente insediati, dedicandosi prevalentemente ai traffici di sostanza stupefacente proveniente dall’Italia, provvedendo, nel contempo, a radicarsi e ramificarsi allo scopo di costituire in loco nuove strutture territoriali di ‘ndrangheta. In questo filone, le attività d’indagine sono state effettuate avvalendosi di una Squadra Investigativa Comune costituita tra l’Autorità Giudiziaria Italiana e il Ministero Pubblico della Confederazione per la Svizzera.

Il coordinamento investigativo sia tra le rispettive polizie giudiziarie sia tra le DDA di Milano e Reggio Calabria, evidenziando la presenza di soggetti protagonisti di entrambe le indagini, ha consentito di confermare ancora una volta la struttura unitaria della ‘ndrangheta, pur nella sostanziale autonomia delle singole articolazioni territoriali, confermando il legame esistente tra i locali lombardi e i corrispondenti locali di ‘ndrangheta esistenti in Calabria, nonché il rilevante ruolo di Milano e della Lombardia, nelle dinamiche e negli interessi della ‘ndrangheta al nord Italia.

Fonte: Guardia di Finanza, Comando Provinciale di Como


Le mani della ’ndrangheta su appalti e servizi. Decine di arresti nella notte

Parte da un’inchiesta comasca una maxi operazione in corso in tutta Italia – Sequestrati oltre 2 milioni di euro

È scattata nel corso della notte una vasta operazione contro la ’ndrangheta le cui origini dell’inchiesta affondano le radici proprio a Como.

Militari della Guardia di finanza di Como e poliziotti della sezione criminalità organizzata della squadra mobile di Milano stanno eseguendo decine di ordinanze di custodia cautelare a carico di personaggi accusati di essere affiliati ai clan calabresi o di aver agevolato le famiglie della malavita.

In particolare uno dei tronconi principali dell’inchiesta prende spunto da un’operazione che, oltre due anni fa, aveva già portato a una trentina di arresti per una serie di bancarotte nel mondo delle cooperative fittizie.

L’inchiesta ha finito per intrecciarsi con le indagini in corso tra la Direzione antimafia di Milano, quella di Firenze e quella di Reggio Calabria e ha svelato collegamenti tra i principali protagonisti delle bancarotte comasche con la cosca Molè, una delle storiche famiglie di ’Ndrangheta.

Complessivamente sono 104 le misure cautelare. In Lombardia sono scattati 54 fermi, la maggior parte dei quali nel Comasco.

I reati contestati agli indagati sono, a vario titolo, associazione mafiosa, concorso esterno in associazione mafiosa, estorsione, detenzione e porto illegale di armi, autoriciclaggio, associazione per delinquere finalizzata al traffico di droga, produzione, traffico e cessione di sostanze stupefacenti, usura, bancarotta fraudolenta, frode fiscale e corruzione.

Nel corso dell’operazione che due anni fa aveva condotto ad arrestare 34 persone, erano emerse figure molto vicine alla ’ndrangheta.

Già allora si parlò di «una contaminazione tra mondo imprenditoriale e criminalità organizzata». E gli elementi più evidenti di questa vicinanza conducevano al dominus della galassia di cooperative dalla vita breve (nate solo per frodare il fisco) Massimiliano Ficarra: «È un elemento di collegamento – avevano commentato i vertici della squadra mobile di Milano – tra le famiglie calabresi e questa inchiesta. È molto vicino alle famiglie Molé e Piromalli (a capo delle ’ndrine di Gioia Tauro ndr) e nell suo studio abbiamo trovato scritture contabili riferibili a Giuseppe Piromalli detto “facciazza”», boss sottoposto al regime del 41 bis in carcere.

Dalla droga al facchinaggio. I mille “lavori” dei clan sul Lario

Traffico di stupefacenti con la Svizzera, subappalti nel settore pulizie e servizi, minacce agli imprenditori

La cocaina resta l’affare principale. Il primo amore che non si scorda mai. Soprattutto se consente guadagni a sei (ma anche sette) cifre. Ma la ’ndrangheta nostrana (nel blitz di questa notte la maggior parte delle persone finite in cella operavano in provincia di Como) si è specializzata in mille attività differenti: dal facchinaggio alle pulizie, dalla gestione di un vasto sistema di cooperative alla frode fiscale, passando per le estorsioni con tanto di minacce a imprenditori del settore della logistica.

Gli investigatori dell’antimafia la chiamano ’ndrangheta 2.0. Sono 54 i fermi effettuati nella notte in Lombardia, la stragrande maggioranza in provincia di Como.

Oltre 250 i militari della Guardia di finanza di Como che hanno effettuato perquisizioni, fatto scattare manette, eseguito decreti di fermo a indagati considerati i referenti locali della famiglia Molé, che nella piana di Gioia Tauro movimenta tonnellate di cocaina.

Il nostro territorio resta strategico anche sotto questo aspetto: la vicinanza con la Svizzera consente rapporti veloci, facili e privilegiati con complici e trafficanti operativi soprattutto nel Cantone San Gallo. Giri vertiginosi di droga e di denaro.

Soldi che vengono poi usati per fare “investimenti” nel settore imprenditoriale. Attraverso società cooperative fittizie i clan – secondo l’accusa – si garantivano appalti nel settore dei servizi: pulizie, facchinaggio, trasporto. E quando non ci riuscivano con le buon, passavano alle cattive.

Sarebbero emersi, nel corso dell’indagine, svariati episodi di violenza, minacce ed estorsioni nei confronti di piccoli imprenditori e padroncini per riuscire a gestire i sub appalti della Spumador (del tutto estranea alle accuse e ai sospetti degli inquirenti). Secondo la Procura antimafia di Milano le commesse di trasporto acquisite con la violenza sarebbero state spartite a diversi affiliati.

E poi c’è tutto il capitolo relativo alla frode fiscale. Società cooperative create ad arte per aggirare le norme tributarie, false fatturazioni, bancarotte costruite a tavolino.

Ancora una volta lo sfondo di tutti questi interessi illegali, di questa economia drogata dalla violenza e dalle intimidazioni, è il Comasco. Ormai da decenni terra di conquista dei clan.

Fonte: La Provincia di Como

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Reggio Calabria: blitz antimafia, colpite le cosche Pesce, Bellocco e Cacciola

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