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Nessuno tocchi Falcone

Michele Del Gaudio il . Cultura, Giustizia, Memoria, Società

Gent.ma Dott.ssa Boccassini

le dò del lei anche se siamo stati entrambi magistrati, perché non l’ho mai conosciuta.

Sono rimasto turbato nel leggere le anticipazioni del suo libro “La stanza numero 30” (Feltrinelli Editore), ed è maturato in me il desiderio di indirizzarle una lettera aperta per onorare la memoria di Giovanni Falcone, che per me è stato un fratello maggiore, assieme a Mario Almerighi, e mi ha insegnato in particolare l’etica del giudice: equilibrato, cordiale, umile, indipendente, coraggioso, lontano da polemiche e riflettori.

Ora ho ultimato il volume e l’inquietudine è cresciuta.

Lei descrive il suo “grande amore” per Giovanni, ma, mentre le anticipazioni hanno scatenato un battage su giornali, tv e social su un flirt effettivo fra Falcone e lei, in realtà dal suo Capitolo 4 emerge solo un rapporto fraterno, di affinità, intesa, tenerezza. Nulla di più! È lei stessa a precisarlo.

“Me ne innamorai… Non si trattò dei sentimenti classici… era altro e più profondo… ero innamorata della sua anima, della sua passione, della sua battaglia (pag. 41)… Il mio cuore era pieno di Giovanni (42)… Che cosa avrebbe riservato il destino… se non fosse morto così precocemente? (49)… mostrandogli una volta di più il mio affetto, la mia sincera amicizia, la stima profonda…” (53).

Anche se la narrazione, forse inconsapevolmente, espone la lettrice, il lettore, ad intravedere qualcosa di più.

“Tra i ricordi più belli… c’è il viaggio in Argentina… per l’interrogatorio di Gaetano Fidanzati… Era il giugno 1991… feci tutto il viaggio seduta accanto a Giovanni… Rimanemmo abbracciati per ore, direi tutta la notte, parlando, ascoltando Gianna Nannini… Che notte (46-47)… A Giovanni  piacevano molto i miei riccioli. Quante volte mi ha detto che i miei occhi ‘erano bellissimi’ (44)… l’Addaura è un posto incantevole… mi propose – anzi mi impose – di fare un bagno… Vieni!… prima mi prese la mano, poi la lasciò e cominciammo a nuotare verso l’ignoto…” (43-44).

Perché trent’anni dopo lei racconta vicende recondite di cui nessuno ha mai riferito? Di cui lei sarebbe l’unica testimone vivente?

Lei nuoce non solo a Falcone, ma ancor di più alla moglie Francesca Morvillo!

Né lui, né lei possono contraddirla: sono deceduti!

Se veramente Giovanni ha avuto un ruolo così influente come amico e maestro, lei dovrebbe smentire con nettezza l’esistenza di un legame intimo, fisico o platonico, da lui ricambiato; e farlo anche nel testo, eliminando altresì le parti potenzialmente ambigue.

Se lo evitasse, potrebbe confermare l’accusa di protagonismo che molti le fanno.

Io non voglio crederlo, ma lei ha sempre calcato la scena con interventi verbali eclatanti e comportamenti sopra le righe, come lei stessa ammette nel tomo.

Nel 1981 subisce un  procedimento disciplinare, anche se viene assolta (290 ss..).

Nel 1991 viene allontanata dal pool sulla criminalità organizzata (27-28), perché sarebbe individualista, colma di incontenibile soggettivismo, indisponibile al lavoro di gruppo.

Nel maggio del 1992 nell’assemblea dell’Associazione nazionale magistrati in onore di Giovanni, lei lancia rimproveri pesantissimi e generici: “Voi avete fatto morire Giovanni Falcone. Con la vostra indifferenza. Con le vostre critiche. Voi diffidavate di lui. E adesso qualcuno ha pure il coraggio di andare ai suoi funerali…” (57-58).

Subito dopo corre a Caltanissetta, competente per territorio a giudicare, per smascherare gli stragisti, lasciando i suoi figli a Milano a patire la sua lontananza, come lei riconosce (63); trascurando il prevalente orientamento degli studiosi, secondo i quali, a bambine, bambini, adolescenti occorre non solo la qualità del tempo in compagnia dei genitori, ma anche la sua quantità.

Nel 2001 è alla serata d’apertura del festival del cinema di Venezia, ove si intrattiene con Nanni Moretti; annota: “… mi sono sentita un po’ una star…”. Nel 2006 va alla prima del film del regista “Il caimano”, nomignolo spregiativo che rappresenta Silvio Berlusconi, per anni suo imputato. Francesco Battistini il 27 marzo sul Corriere della Sera così la apostrofa: “L’altro giorno, anche Ilda Boccassini è andata a vedere l’opera di Moretti. Platealmente in platea. S’è rivista sul set, recitata da Anna Bonaiuto. S’è emozionata… ma che ci azzeccava in sala Ilda la Rossa, spettatrice esigente d’un film su Berlusconi…?”.

Dal 2010 istruisce il cosiddetto processo Ruby. Durante il dibattimento, nelle sue funzioni di pubblica ministera, pronuncia frasi ad effetto che nulla hanno che vedere con il diritto sostanziale e processuale penale: “una colossale balla” la parentela con Mubarak; “furba di quella furbizia orientale propria della sua origine”; “C’è un apparato militare che si scatena per proteggere” (Ruby).

Ed anche il suo libro contiene affermazioni verso incriminati e parlamentari berlusconiani inopportune per una magistrata. Cito ad esempio “quella intollerabile sfida dai connotati sovversivi” (309). E a pagina 259 lei sentenzia: “più che di processi si era trattato di una contesa”. Contesa? E dov’è la cultura della giurisdizione, così cara a Giovanni?

Lei stessa confessa di aver ricevuto critiche impietose anche dagli amici, dai colleghi (59-60). Quando andò a Caltanissetta le mancò anche il sostegno della famiglia (61). Non ha mai pensato che le sue scelte fossero errate? Non si è mai chiesta se fossero troppo appariscenti? Se l’esteriorità avesse contribuito alle sue decisioni?

Gent.ma Dott.ssa, sono un buon pm? La mia requisitoria purtroppo conduce ad un suo possibile narcisismo: potrebbe essere la motivazione più probabile della cronaca del suo amore non ricambiato da Giovanni se non con una intensa amicizia. È quello che si desume dai suoi brani prima citati.

Proprio questi ultimi però creano gossip, satira, caricature, sfiducia…

Maria Falcone, la sorella di Giovanni, è stata costretta a ribellarsi sul quotidiano La Sicilia dell’11/10/2021: “Quel che allarma innanzitutto è che sembra si sia smarrito ormai qualunque senso del pudore e del rispetto prima di tutto dei propri sentimenti… poi della vita e della sfera intima di persone che, purtroppo, non ci sono più, non possono più esprimersi su episodi veri o presunti che siano e che – ne sono certa – avrebbero vissuto questa violazione del privato come un’offesa profonda. In nome della libertà di espressione del pensiero non si può calpestare la memoria di chi non c’è più e la sensibilità di chi è rimasto e ogni giorno deve confrontarsi con un dolore che non può passare”.

Lei scrive: “Ma quanto ho disprezzato… gli omuncoli che hanno mentito raccontando… fatti mai accaduti… certi di non essere smentiti da un morto…” (49). Con il libro lei rischia di rientrare nella categoria che disprezza.

Nel procedimento disciplinare del 1981 lei si difende sostenendo che le contestazioni mossele attengono esclusivamente alla sfera della sua vita privata, coperta, come tale, da un diritto di assoluta riservatezza. Lei viene assolta proprio in nome della tutela della riservatezza. Perché viola quella di Giovanni? Dopo trent’anni? Quando non può difendersi?

Lo difenda lei, negando ogni relazione clandestina!

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La stanza numero 30

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