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Carlo Alberto dalla Chiesa e la sua profonda fede nella democrazia

Paolo Setti Carraro * il . Cultura, Lombardia, Mafie, Memoria, Società

Di Carlo Alberto dalla Chiesa si ricordano e si elogiano spesso i grandi meriti acquisiti nella lotta alla mafia e all’eversione, nella quale, grazie alle doti di intelligenza, innovazione e tattica militare ha primeggiato, e su cui non mi soffermo.

Vorrei piuttosto ricordare qui l’uomo che metteva al centro delle sue preoccupazioni ed attenzioni la persona e la dignità umana dei sottoposti e dei cittadini, che con l’Arma si interfacciano quotidianamente per i loro bisogni di sicurezza.

Innanzitutto desidero ricordare che all’indomani dell’8 settembre 1943, in un’Italia spaccata in due, con il re in fuga e l’esercito allo sbando,  Carlo Alberto dalla Chiesa si trovava al comando della caserma dei carabinieri di San Benedetto del Tronto, fresco ufficiale di complemento.

Non avendo intenzione di sottostare agli ordini dei nazifascisti, egli comunica al comando carabinieri delle Marche la sua decisione, si dà alla macchia ed entra nella Resistenza, aderendo alla Brigata Patrioti Piceni sotto il comando di Spartaco Perini, ufficiale degli alpini, reduce della campagna di Russia.

Benché l’Arma abbia pagato un tributo elevato alla Resistenza, con 8000 carabinieri deportati in campi di lavoro in Germania, 2115 caduti, di cui 11 alle Fosse Ardeatine, 6500 feriti e 30 medaglie d’oro al valor militare (ricordiamo tra di loro il vicebrigadiere Salvo d’Acquisto), la scelta di unirsi alla Resistenza non fu di tutti i carabinieri, né della maggioranza dell’Arma.

Carlo Alberto dalla Chiesa fu molto attivo nella Resistenza e Filippo Caruso, all’epoca responsabile del Coordinamento della Resistenza Centro-Sud Italia, lo cita tra i 188 ufficiali dell’Arma che si distinsero nella guerra di Liberazione.

Questo aspetto del passato civile e militare di Carlo Alberto dalla Chiesa è stato spesso trascurato o messo in ombra, più o meno volontariamente, mentre nell’ intervista di Enzo Biagi, del 7/3/1981, questa esperienza è ricordata come una delle più importanti della sua vita di “vecchio democratico”, quando “da ufficiale dell’Arma, nel contesto della Resistenza, mi trovai alla testa di bande di patrioti e responsabile di intere popolazioni”. “I buoni, i giusti, gli umili, i cittadini onesti, le genti di Italia, il popolo, la proba, onesta, laboriosa gente d’Italia” che Carlo Alberto dalla Chiesa più volte ha citato nelle sue pubbliche allocuzioni.

Vorrei poi ricordare il grande impegno profuso in particolare nei 7 anni trascorsi a Palermo al comando della Legione Carabinieri per affinare la dignità dei suoi sottoposti ed il rispetto per se stessi e per la cittadinanza. Fu inflessibile nemico della logica delle raccomandazioni, nelle sue scelte privilegiò costantemente il merito, pretese decoro assoluto nel vestire e nell’agire, puntualità e precisione ad ogni livello ed in ogni stazione, anche la più piccola e remota, che è specchio, per quanto piccolo, dell’autorità dello Stato.

Per quanto sia cresciuto ed abbia vissuto in una struttura necessariamente improntata all’ordine, nella quale l’uomo rischia di essere strumento e non persona, Carlo Alberto dalla Chiesa ha sempre saputo ascoltare e discutere, recependo i bisogni ed i disagi. E decidendo di conseguenza.

Non a caso questa attenzione alla dignità della persona, che è alla base della Costituzione, la legge fondante della nostra comunità, gli ha permesso di apparire credibile anche agli occhi dei nemici giurati dello Stato. Ricordiamoci allora che Carlo Alberto dalla Chiesa fu il primo ad ottenere la collaborazione di importanti esponenti della lotta armata, che grazie a questa naturale disposizione ottenne, con insperata rapidità, il collasso delle strutture politiche e militari dell’eversione, e che si spese, oltre ogni limite, per mantenere la parole data ed ottenere quanto promesso con la legislazione speciale sui collaboratori di giustizia.

Inoltre, allorché fu a capo del servizio di sicurezza degli istituti di prevenzione e di pena, ottenne la chiusura del carcere di Augusta, in cui erano rinchiusi 300 detenuti, per “le condizioni di vita non civili” che vi allignavano. Quante volte ci è capitato di leggere e di udire di simili cambiamenti?

Infine, una volta smessa la divisa, dimostrò, nei difficilissimi giorni da Prefetto di Palermo, la sua profonda fede nella democrazia, tessendo, con una tenace azione educativa, quella rete tra studenti, operai, sindacati, imprenditori, sindaci, familiari e cittadini necessaria a creare una coscienza civica antimafiosa, da affiancare all’azione repressiva. A tutti parlò sempre di diritti, rispetto e dignità.

Carlo Alberto dalla Chiesa è stato anche questo.

* Intervento pubblico nel corso della manifestazione “L’etica del Generale”, promossa da Libera Milano e dal Comune di Milano in Piazza Diaz venerdì 3/9 u.s. in occasione dell’anniversario della strage di via Isidoro Carini, avvenuta a Palermo il 3 settembre 1982, nel corso della quale persero la vita il Prefetto di Palermo Carlo Alberto dalla Chiesa, la moglie Emanuela Setti Carraro e l’agente di scorta Domenico Russo.

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L’etica del Generale dalla Chiesa era fondata sulla responsabilità e non sul dovere

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