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Poche storie: la riforma blocca-prescrizione è ok

Gian Carlo Caselli il . Corruzione, Giustizia, Istituzioni, Mafie, Società

Sarebbe bello poter discutere di giustizia al netto dei torbidi casi Palamara e Amara.

Credo però che per un tempo ancora lunghissimo dovremo tapparci il naso e occuparci sia del “Sistema” che un magistrato (ex?) ha creato facendone un piedestallo del suo potere inquinante (mentre ora se ne proclama allegramente vittima in tutti i talk show); sia del metodo perfezionato da un avvocato d’affari di Augusta, che lancia ami ovunque per mettere sotto scacco mezzo mondo, a partire dalla magistratura, con una vischiosa e ambigua rete di relazioni e ricatti, insinuazioni e ben dosati “ricordi”.

Volendo, si potrebbe ricorrere allo humor di Piero Calamandrei, che nel suo celebre libro “Elogio dei giudici scritto da un avvocato” ammonisce: “Chi entra in tribunale [con] secrete inframmettenze, occulte sollecitazioni, sospetti sulla corruttibilità dei giudici e speranze sulla loro parzialità, non si meravigli se, invece che nel severo tempio della giustizia, si accorgerà di trovarsi in un allucinante baraccone da fiera in cui da ogni parte uno specchio gli restituirà, moltiplicati e deformati, i suoi intrighi”. Un quadro di un realismo senza tempo, riferibile con mestizia anche agli scandali di oggi.

Nello stesso tempo un prezioso monito a non trasformare in un baraccone da fiera neppure il dibattito sulle riforme della giustizia in generale, rese necessarie ed indifferibili anche dagli scandali. Un dibattito che invece si avvita su se stesso fino a diventare una specie di sfida all’ok corral, per lo zelo di sedicenti garantisti sempre pronti a mettere in riga chi non la pensa come loro, al punto che i cosiddetti giustizialisti ormai devono lottare per sopravvivere alle scomuniche (o ai singolari “auto da fé” di Luigi di Maio sul Foglio); oppure uno scontro fra Guardasigilli di ieri, Bonafede, e di oggi, Cartabia; o uno scontro fra fazioni politiche a caccia di voti (in attesa dei fuochi d’artificio dei referendum organizzati dalla strana coppia leghisti-radicali); o ancora fra avvocati e magistrati se  non addirittura fra magistrati, in particolare Pm e giudici.

Ma lo scontro assume i toni delle curve da stadio quando si parla di prescrizione. Mentre è il caso di dire semplicemente, con linguaggio schietto: “Poche storie!” –  Il nocciolo del problema è sempre stato e rimane tutt’ora uno solo. Ed è che la nostra non è per niente una giustizia giusta, ma una giustizia articolata su due piani diseguali. A questa disuguaglianza ingiusta (strutturale !)  si dovrebbe mettere finalmente mano prima di parlar d’altro, per quanto importante sia.

Un difetto di base di cui si trova un’eco autorevole nelle parole di Franco Cordero: “Abbiamo una procedura ipertrofica, invadente, confusionaria, assordante padrona della casa penalistica. L’exploit tecnico ormai sta nell’eludere i temi capitali: se quel fatto sia avvenuto, chi l’abbia commesso, come qualificarlo. L’antagonista nouveau style parla d’altro, finché la prescrizione chiuda i conti seppellendo le carte in archivio”.

Ora, un forte contributo alle distorsioni del sistema lo dà proprio la prescrizione infinita (senza mai uno stop definitivo), in quanto funziona da incentivo a far durare all’infinito certi processi, perché i “galantuomini“ considerarti tali “a prescindere”, per il loro censo o posizione politico-sociale, non paghino quasi mai dazio.

E ciò porta a dire (con buona pace di coloro che si autoproclamano garantisti doc) che non sono – come si vuol far credere – gli aspetti tecnici, bensì – in soldoni – l’importanza di certi interessi in gioco a scatenare la bagarre sulla prescrizione. E che riportare in un modo o nell’altro la disciplina della prescrizione a quando non si interrompeva mai significa assecondare di fatto tali interessi spiccioli.

Che poi, gira e rigira, non sono certamente quelli dell’Italia delle regole, ma quelli dell’Italia dei furbi, degli affaristi e degli impuniti; nonché dell’Italia, inestricabilmente intrecciata con queste, dell’indifferenza, della normalizzazione e del compromesso: quella  di una improponibile pacificazione fra chi ha rubato e chi no. Di nuovo: poche storie!

Fonte: Il Fatto Quotidiano, 31/05/2021

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