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Giustizia: andare oltre il PNRR

Claudio Castelli * il . Giustizia, Istituzioni, Politica, Società

Nel Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) i problemi di fondo della giustizia italiana non sono affrontati in modo sistemico. Ma gli elementi positivi del Piano – se accompagnati da interventi strutturali e collocati nell’ambito di una organica visione – possono favorire il necessario processo di trasformazione della giurisdizione. 

Una lettura dei capitoli del PNRR sulla giustizia lascia francamente insoddisfatti: l’approccio, derivante dai vincoli dettati dalla Commissione Europea pare meramente quantitativo e teso unicamente verso l’obiettivo della riduzione, con qualsiasi strumento, dei tempi, senza alcuna attenzione alla qualità, come se questa, oltre che concausa di cronici problemi di quantità, non fosse un obiettivo da perseguire di per sé in termini gestionali, prestazionali e di capacità di risposta qualificata alle diverse domande di giustizia.

Le strade che vengono percorse per giungere all’obiettivo di riduzione del contenzioso hanno il pregio di essere consolidate, ma hanno anche il difetto di essere già state nel passato perseguite con risultati, nella migliore delle ipotesi, temporanei. I problemi di fondo della Giustizia non sono affrontati in modo sistemico nel PNRR.

Ma dato che si parte da una base di azione che contiene anche diverse prospettazioni positive e da condividere, la prospettiva deve essere costruttiva: far diventare i progetti esistenti una forte trasformazione della giustizia e proporre ed accompagnarli con ulteriori interventi strutturali, nell’ambito di un piano organico e strategico per la giustizia.

La struttura del PNRR

Il PNRR prevede sei missioni (in cui non è compresa la giustizia):

Missione 1: Digitalizzazione, innovazione, competitività e cultura.

Missione 2: Rivoluzione verde e transizione ecologica.

Missione 3: Infrastrutture per una mobilità sostenibile.

Missione 4: Istruzione e ricerca.

Missione 5: Inclusione e coesione.

Missione 6: Salute.

Sono poi previste quattro riforme di contesto: pubblica amministrazione, giustizia, semplificazione della legislazione, promozione della concorrenza.

In apparenza i fondi destinati alla giustizia sono limitati: 2,3 miliardi. Ma in realtà questi fondi riguardano unicamente l’investimento in capitale umano per rafforzare l’Ufficio del processo e superare le disparità tra Tribunali.

Vi sono altri fondi che rientrano in altri capitoli che potrebbero e potranno essere utilizzati nell’ambito della Giustizia, quali quelli in tema di digitalizzazione della Pubblica Amministrazioni e di sua infrastrutturazione.

Il problema non è quindi di risorse limitate, ma di progettualità e di obiettivi.

Le riforme della giustizia 

I cinque ambiti di intervento prioritari sono:

· Interventi sull’organizzazione: ufficio del processo.

· Riforma del processo civile e alternative dispute resolution.

· Riforma della giustizia tributaria.

· Riforma del processo penale.

· Riforma dell’ordinamento giudiziario.

L’azione di riorganizzazione della macchina giudiziaria amministrativa ha il fine di:

– Portare a piena attuazione l’ufficio del processo.

– Rafforzare la capacità amministrative sistema per valorizzare le risorse umane, integrare il personale delle cancellerie, e sopperire alla carenza di professionalità tecniche, diverse da quella di natura giuridica, essenziali per attuare e monitorare i risultati dell’innovazione organizzativa.

– Potenziare le infrastrutture digitali con la revisione e diffusione dei sistemi telematici di gestione delle attività processuali e di trasmissione di atti e provvedimenti.

È facile vedere come questa azione di riorganizzazione, molto ambiziosa, si sostanzia poi in interventi tradizionali: al di là dell’Ufficio del processo che potrebbe rappresentare un momento di svolta nell’organizzazione degli Uffici giudiziari, ogni volta che si parla di riforma della giustizia ci si riduce a discutere sulle regole del processo e sull’ordinamento. Quando sappiamo che con lo stesso rito e lo stesso ordinamento le performance dei Tribunali italiani sono profondamente diverse con un rapporto, rispetto ai tempi, tra l’ufficio più virtuoso e quello maggiormente in difficoltà, che va da 1 a 10. E i dati ci dicono che non vi è neppure un rapporto biunivoco tra risorse umane (di magistrati e personale) a disposizione e andamento degli uffici. I problemi riguardano piuttosto il complessivo contesto ambientale, il tasso di turn-over, la leadership, le capacità di interazione con gli ordini professionali ed i diversi segmenti di utenza, i sistemi di gestione degli uffici e non ultimo il livello di presidio delle interrelazioni operative tra questi

Con ciò non si vuol dire che modifiche del processo sia civile, ed ancor maggiormente, penale, non si rendano opportune (e nelle grandi linee indicate nel PNRR, vi sono molte eccellenti proposte da condividere). Ma non si può pensare che questo sia il solo terreno fondamentale di intervento. Quando tra l’altro non si affrontano due punti di fondo. In primis la necessità di ristrutturare tutti i processi come processi digitali in cui la struttura del rito venga pensata per consentire il miglior utilizzo degli strumenti digitali e non, come già avviene oggi, costretta ad adeguarsi con molte forzature ed inutili procedure ed operazioni ad un processo ancora pensato per carta e calamaio. In secondo luogo l’adozione di una piattaforma unica con regole tecniche uniformi per tutti i processi superando l’attuale anomalia in cui ci sono almeno quattro piattaforme diverse (PCT, Processo Amministrativo Telematico, Processo Tributario e Processo Penale Telematico) per non parlare del nuovo Processo Civile Telematico in Cassazione.

L’Ufficio del processo

Per l’Ufficio del processo sono previste massicce assunzioni: 16.500 laureati in legge, economia e commercio e scienze politiche che formeranno lo staff dell’Ufficio. Si tratta di assunzioni a tempo determinato, strutturate in modo da poter diventare definitive. Il loro compito dovrebbe essere di collaborare allo studio della controversia e della giurisprudenza pertinente, predisporre le bozze di provvedimenti, collaborare alla raccolta della prova dichiarativa del processo civile. Si tratta di un investimento imponente che potrebbe realizzare un salto di qualità nell’attività giudiziaria passando dal giudice come monade isolata e non assistita al magistrato che fa parte di una squadra e organizza uno staff, moltiplicando la sua capacità di definizione, ma ancor più implementando la qualità dei provvedimenti.

Ciò dovrebbe comportare un formidabile sforzo di condivisione e di sviluppo organizzativo: una tale ottica deve vedere la compartecipazione di tutti gli attori del sistema a partire da Ministero e CSM per arrivare ai dirigenti degli uffici giudiziari, ai singoli magistrati, ai dirigenti amministrativi, al personale delle cancellerie. Anche perché sappiamo bene che immettere centinaia di persone in un ufficio senza un progetto organizzativo crea nella peggiore delle ipotesi caos e disfunzioni, nella migliore riduce i risultati ottenibili. E farlo senza una preparazione, progettazione, formazione, condivisione e monitoraggio può portare facilmente a risultati inferiori alle aspettative.

Si tratta ora, ben prima che questo personale venga assunto, di rifarsi alle migliori esperienze già fatte sul campo, mettere in campo uno o più progetti organizzativi ottimali sulla distribuzione, allocazione, creazione di unità operative, utilizzazione di questo personale qualificato. E si tratta di condividere il progetto con proposte dal basso, elaborazione di progetti, diffusione delle migliori pratiche. Occorre partire subito, altrimenti sarà una gigantesca occasione sprecata. Occorre anche considerare fin d’ora l’implicita criticità e precarietà legata all’assunzione di queste nuove leve a tempo determinato. A fronte di una maggiore capacità produttiva, lo sforzo organizzativo e formativo non sarà irrilevante e toccherà, come detto tutto l’apparato giudiziario. Questo rilevante investimento avrà senso se in presenza di garanzie di continuità e dovrà evitare, come succede spesso nel mondo della Giustizia, che le migliori figure professionali formate nei nostri uffici, da questi se ne vadano, in assenza di prospettive di sviluppo e carriera.

La digitalizzazione

Le ipotesi di digitalizzazione che appaiono nel capitolo riguardante la giustizia riguardano unicamente il processo, tra l’altro senza prospettive serie di reingegnerizzazione (si continua a parlare di PEC). L’ottica deve essere molto più ambiziosa e generale, anche perché la digitalizzazione deve essere un piano strategico che si alimenta, progettando fin d’ora il futuro prossimo, per esempio promuovendo laboratori nazionali e territoriali. Digitalizzazione inoltre deve riassumere il suo carattere sistemico e non a piccoli stralci come da tempo avviene; deve significare gestione complessiva degli uffici: digitalizzazione degli edifici e della loro manutenzione, lettura della litigiosità e delle modalità di contenerla anche tramite le ADR, supporto esperto del lavoro del magistrato, dell’avvocato e di qualsiasi operatore del diritto, rapporto tra realtà territoriali e giustizia, sportelli di prossimità digitali, banche dati della giurisprudenza e predittività degli orientamenti, controllo di gestione. La capacità di supportare il processo di lavoro dei magistrati fornendogli strumenti moderni di studio ed analisi a supporto della decisione, diventerà ancor più importante proprio nell’ottica di costruire staff a supporto del lavoro dei magistrati, ovvero i succitati uffici per il processo.

Le possibilità e potenzialità che può darci l’applicazione dell’intelligenza artificiale alla giustizia sono molteplici ed in larga parte ancora inesplorati. Il problema è di non subirle, ma di governarle ed indirizzarle per rendere più efficace, fruibile e comodo il nostro lavoro.

Sono terreni comunque su cui si potrebbe intervenire nell’ambito dei progetti e dei fondi destinati a questa missione. È comunque necessario che questi vengano strutturati e governati da chi opera nella giustizia, da chi conosce a fondo le problematiche che le diverse professionalità che operano nella giustizia incontrano e devono risolvere. La giustizia non è assimilabile ad una comune pubblica amministrazione e presenta delle specificità che devono essere tenute conto, pena l’affievolimento dei diritti.

Sotto questo profilo occorre dire che lascia estremamente perplessi che l’unico settore in cui si parla di “un migliore accesso alle fonti giurisprudenziali mila piattaforme tecnologiche e la loro piena accessibilità da parte del pubblico” sia quello della giustizia tributaria, quando l’esigenza di avere banche dati giurisprudenziali pubbliche, complete e certificate è propria di tutti i settori del diritto e, come detto, si dovrebbe coniugare perfettamente con la realizzazione dell’ufficio del processo.

L’ordinamento

In materia di ordinamento gli interventi diretti ad una maggiore efficienza sono invero limitati e paiono concentrarsi su una maggiore responsabilizzazione dei dirigenti degli uffici e su un più costante monitoraggio (con l’estensione anche al settore penale del programma di gestione). Alcuni sono interventi che già sono operativi oggi, quali l’onere per il dirigente di distribuire ruoli e carichi di lavoro con funzionalità e equità, il dovere per il dirigente di monitorare il sopravvenire di ritardi da parte di uno o più magistrati d’ufficio e di prendere necessarie iniziative per eliminarli, l’adozione di moduli organizzativi efficienti e tali da valorizzare le competenze dei singoli per le Procure della Repubblica. Più che ribadire quanto già previsto, sarebbe opportuno approfondire se e perché questi strumenti oggi non funzionano adeguatamente agendo sui sistemi gestionali e di governo degli uffici giudiziari piuttosto che semplificando tutto il contesto dell’azione giudiziaria solo sulla responsabilità dei dirigenti. Alcune delle misure specifiche poi indicate sono sicuramente opportune, quali il ritorno all’accesso al concorso di magistratura direttamente dopo la laurea, i tempi minimi di permanenza dei dirigenti, l’estensione della durata delle tabelle a quattro anni.

Sulle prospettive di riforma del procedimento di selezione e di conferma dei dirigenti degli uffici e delle sezioni e dei procedimenti selezione dei magistrati addetti alle funzione di legittimità, vengono enucleati criteri in termini estremamente generici. Ma non vengono affrontati, almeno al momento, quei due aspetti fondamentali che sono la formazione del dirigente (magari pensando ad una formazione comune di magistrati aspiranti direttivi e dirigenti amministrativi) ed il monitoraggio delle attività con sistemi di controllo di gestione. Responsabilizzare non significa colpevolizzare, ma dare formazione, strumenti e personale specializzato (tecnici, esperti di gestione del personale, controller, contabili), ecc. che consenta una gestione adeguata.

Come non viene affrontato (ma è comunque possibile farlo indipendentemente dal PNRR) il problema dell’ordinamento del personale giudiziario, ancora ossificato in un sistema che non consente un’adeguata valorizzazione del merito e in una valorizzazione del capitale umano di alto livello che già abbiamo e che, con le nuove immissioni già in corso, avremo.

Appare di grande rilievo la proposta contenuta nel PNRR di assunzione a tempo determinato di 1600 giovani laureati, di 750 diplomati specializzati e di 3000 diplomati per creare lo staff amministrativo e tecnico a supporto degli uffici giudiziari mettendo a disposizione risorse specialistiche: ingegneri, tecnici ICT, addetti all’inserimento dati. A parte quest’ultima categoria professionale, specchio di una visione molto antiquata dell’informatica e delle sue prospettive, questi inserimenti presuppongono la costruzione di staff di supporto al lavoro del dirigente, supporto oggi molto carente. Ma anche in questo caso sarà necessario organizzare da subito inserimento e strutture prefigurando anche il loro sviluppo, se non vogliamo che queste enormi potenzialità vengano disperse. Oltre che assicurare una stabilità di queste persone oltre i tre anni previsti.

 

Monitoraggio e governance

Gli obiettivi che vengono dati sono quanto mai ambiziosi: ridurre del 40 % i tempi della giustizia civile e del 10 % della giustizia penale.

Il progetto complessivo verrà sottoposto periodicamente ad un monitoraggio per verificare che gli obiettivi intermedi siano stati raggiunti e richiederà una forte governance che difficilmente potrà essere assicurata solo da un Ministero della giustizia, già sommerso dalle attuali attribuzioni. L’idea di arricchire la governance con una sinergia tra organi centrali (Ministero e C.S.M.) e poli territoriali distrettuali in cui siano coinvolti oltre agli uffici giudiziari, gli enti territoriali e l’avvocatura, pare una delle poche possibilità per responsabilizzare e nel contempo assicurare lo sviluppo e il costante monitoraggio del progetto.

E’ indispensabile una visione complessiva con un piano declinato su più dimensioni, senza pretendere di realizzare tutto e subito, ma con la prospettiva di inserire le modifiche di oggi in un progetto più generale e complessivo (e mi consentirete al riguardo di richiamare le proposte e idee contenute in Giustizia 2030 – Un libero bianco per la giustizia e il suo futuro).

E’ necessaria un’idea di fondo dell’effetto che faranno tutti questi inserimenti ed investimenti sull’attuale sistema giudiziario, è necessaria un’idea di come gestire ed accompagnare un processo così massiccio di intervento; altrimenti il rischio di sub ottimizzare le potenzialità anche solo quantitative di produzione sarà alto. Un fallimento che non possiamo permetterci. Un’occasione che richiede un forte livello di mobilitazione nazionale e territoriale, una strategia di azione, un rafforzamento degli strumenti di gestione sia a livello nazionale che a livello territoriale, in ogni ufficio giudiziario coinvolto.

Per questo lo sforzo che va fatto anche da parte di chi vede, con molte ragioni, come insoddisfacente la proposta del PNRR relativa alla giustizia è di rimetterla sulle gambe, correggendola, implementandola, perfezionandola.

Abbiamo di fronte una grande occasione che dobbiamo cogliere.

* Presidente della Corte di appello di Brescia

Fonte: Questione Giustizia

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