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Droghe sintetiche (non solo), monopolio della criminalità cinese in Italia

Piero Innocenti il . Criminalità, Dai territori, Mafie, Società

Il traffico e lo spaccio di cristalli di metamfetamina, la droga sintetica denominata shaboo, è controllata nel nostro paese dalla criminalità cinese che “..opera in regime di sostanziale monopolio”, ma viene “..talvolta ceduta anche a pusher di altre nazionalità, in particolare filippini ed africani” (rel.DIA,2020).

Un dato confermato in diverse operazioni antidroga (l’ultima, pochi giorni fa, a Roma, con l’arresto di un 39nne cinese nel cui appartamento i poliziotti hanno sequestrato oltre 10mila dosi di shaboo per un valore di circa 300mila euro).

Nel quinquennio 2016/2020 sono stati poco più di 300 i cinesi denunciati dalle forze di polizia per traffico/spaccio di droghe sintetiche con il valore più alto (122) nel 2016, in buona compagnia con i filippini (oltre 400 sempre nel quinquennio).

Le comunità più numerose di cinesi si rilevano in Toscana (Prato e Pistoia, in particolare), Lombardia, Piemonte, Emilia Romagna, Veneto e Lazio dove hanno avviato varie attività commerciali e produttive e dove, spesso, i lavoratori stranieri, in genere connazionali, sono costretti a lavorare in condizioni precarissime (il più recente episodio è del primo aprile, a Reggio Emilia, con l’intervento delle forze di polizia in un laboratorio dove si trovavano una trentina di immigrati di origine asiatica, alcuni dei quali “irregolari” sul territorio nazionale).

Lo sfruttamento del lavoro, in effetti, da anni, rientra tra le forme di illegalità praticate dai cinesi che da queste attività, oltre che dallo spaccio, traggono consistenti profitti. Denaro che, in buona parte, viene inviato in Cina e che riesce difficile da intercettare per l’utilizzo, sempre più frequente negli ultimi anni, di canali di trasferimento alternativi come “..i circuiti delle monete virtuali, delle chat, delle app telefoniche e delle carte prepagate, ma anche mezzi più semplici come i “trasportatori di valuta c.d. spalloni” (rel. DIA, cit).

Erano “spalloni” i due cinesi scoperti dai finanzieri poco più di un anno fa, in due distinte operazioni, all’aeroporto di Fiumicino, mentre stavano per imbarcarsi su voli diretti in Cina occultando nei bagagli quasi tre milioni di euro in contanti e per questo denunciati all’autorità giudiziaria per esportazione di valuta clandestina, riciclaggio, evasione fiscale. Pare che si trattasse di “favori” fatti dai due cinesi in quel contesto di rete assistenzialistica dei gruppi criminali basata sulla c.d “Guanxi” che “..genera in quell’ambito etnico un senso di appartenenza che tende ad isolarlo dall’esterno..”. E’, in realtà, quanto si rileva nella maggioranza delle comunità cinesi di emigrati la cui propensione ad associarsi è fortissima, senza, tuttavia, lasciare spazio a interpretazioni sbrigative o che possono distorcere alcuni aspetti della tradizione cinese per arrivare tout court a modelli di criminalità.

Certo non può non far riflettere e magari stimolare gli opportuni approfondimenti investigativi, il fatto che la Cina, fino al 2012, era la prima destinazione delle rimesse degli stranieri in Italia, con oltre 2,7 miliardi di euro nel 2011 e 2012 (scesa addirittura al 47mo poso nel 2019!).

Sono diversi, infatti, gli ambiti illegali in cui si muovono i cinesi tra cui le estorsioni, le rapine in danno di famiglie di connazionali, il favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, la falsificazione di documenti, la gestione clandestina di giochi e scommesse, il recupero crediti con metodi intimidatori e violenti.

Tutte attività delinquenziali che già nel lontano 2003 elencava nella sua relazione annuale la Commissione Parlamentare Antimafia e sulle quali insisteva, due anni dopo, la 55ma relazione sulla politica informativa e della sicurezza dei nostri Servizi segreti.

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La criminalità cinese in Europa

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