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I beni confiscati e i ragazzi

Gian Carlo Caselli * il . Economia, Giovani, Mafie, Piemonte

Vi sono Comuni che resistono strenuamente alla prospettiva di prendersi in carico un immobile confiscato, nonostante che la legge 109/96 consenta loro di utilizzarlo per attività socialmente utili alle comunità amministrate. Questa resistenza può derivare da scarsità di risorse,  ma spesso di tratta di indifferenza alla cultura della legalità e della solidarietà.

Ben diversa la storia della Villa di san Giusto Canavese, confiscata a Nicola Assisi, trafficante internazionale di droga fra i più attivi, a lungo latitante. Su di essa vi è stato un impegno corale di collaborazione fra tutte le Autorità interessate che si sono succedute. Fino a quelle di oggi: dal prefetto Palomba al presidente della Regione Cirio; dalla  sindaca della città metropolitana Appendino a quella di S. Giusto Boggio; dal direttore nazionale (Frattasi poi Corda) della Agenzia beni confiscati a quello della sede territoriale competente.

Un ruolo decisivo, specie nei momenti di difficoltà, hanno per altro avuto le donne e gli uomini di “Libera” (l’associazione di don Ciotti, in Piemonte coordinata da  Maria Josè Fava). Nel loro impegno per la legalità, essi si sono fatti carico delle sorti della villa, svolgendo un’opera instancabile di sensibilizzazione, proposta e sostegno.

Così, è accaduto che il presidente Cirio abbia tenuto una riunione della sua Giunta, appena insediata, proprio nella villa. Per poi consegnare al prefetto e a Ciotti (in occasione di una cena di Natale con Libera) la “determina” del contributo per la ristrutturazione del bene.

Così, è accaduto che su proposta dei ragazzi di Libera la sindaca Appendino abbia deciso di acquisire il bene come Città metropolitana, per poi fare un bando che lo mettesse a disposizione di una realtà del terzo settore. Così è accaduto che la sindaca di San Giusto riuscisse a  superare  le  diffidenze che all’inizio serpeggiavano fra i suoi concittadini.

Ma i ragazzi di Libera Piemonte vanno ricordati soprattutto per alcune iniziative concrete. Quando la villa fu colpita e danneggiata da un attentato (un incendio per far esplodere due bombole di gas piazzate all’interno), a questa evidente intimidazione essi han risposto organizzando incontri con la cittadinanza di S. Giusto e varie iniziative nella villa; ne hanno curato il giardino; per un paio di mesi l’hanno presidiata giorno e notte utilizzando una roulotte della protezione civile. Hanno poi partecipato alla “Conferenza di servizi” con tutte le Istituzioni, che nel protocollo firmato assunsero ciascuna i propri  impegni. Infine hanno incontrato la Cooperativa “Progest” vincitrice del bando (con un progetto di  comunità famiglia per disabili), dando la propria disponibilità a sostenere il progetto.

Mercoledì scorso la villa è stata ufficialmente “consegnata” a “Progest”. I ragazzi di Libera intanto si sono impegnati nella raccolta dei  fondi necessari alla realizzazione  di un “orto rialzato” accessibile anche ai disabili.

Sono, questi ragazzi, gli stessi che si sono assunti un impegno ancor più vasto: mettere la faccia nelle aule di giustizia, con grande coraggio, per sostenere in pubblica udienza, a fronte degli imputati detenuti e dei loro familiari, le tante costituzioni di parte civile in processi di mafia che sono per Libera una prassi consolidata. In Piemonte, negli ultimi sei anni, le udienze cui essi hanno partecipato sono oltre 350.

* Fonte: Corriere della Sera – Torino, 12/03/2021

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I beni confiscati alla mafia siano di tutti, anche dei disabili. Ecco una proposta

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