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Pippo Fava: un 5 gennaio diverso, ma partecipato e ricco di contenuti

Massimiliano Perna il . Informazione, Mafie, Memoria, Sicilia

Un 5 gennaio diverso, per forza di cose. Con il mondo alle prese con la pandemia e le necessarie restrizioni, le consuete iniziative in memoria di Pippo Fava hanno avuto uno sviluppo alternativo, ma ugualmente intenso. Il presidio fisico con la deposizione dei fiori sotto la lapide non è stato svolto, ma si è trasformato in una iniziativa virtuale, sui social, organizzata dalla Fondazione, in collaborazione con WikiMafia.

Naturalmente, la lapide che ricorda il grande intellettuale siciliano non è rimasta spoglia, dal momento che ci hanno pensato i familiari, nel primo pomeriggio, a deporre il mazzo di fiori in via Fava, ma il presidio che, tradizionalmente, coinvolge anche la cittadinanza, si è trasferito sul web. Dalle prime ore del mattino, infatti, le foto dei fogli recanti le frasi di Fava, tratte da diverse sue opere, affiancate da una matita o da una penna (o da entrambe), hanno cominciato a riempire i social network, scandite dagli hashtag #pippofava ed #eranosemi.

Un tam tam che ha coinvolto tanti utenti, semplici cittadini, giornalisti, nonché alcuni tra i premiati delle precedenti edizioni del Premio Nazionale Fava e del premio Giovani. A proposito del premio, l’edizione 2021, come annunciato qualche settimana fa dalla Fondazione, è stata rinviata di qualche mese, proprio per via della attuale situazione legata al Covid. Tuttavia, l’esigenza di ricordare Fava, non solo con la commemorazione ma anche e soprattutto con l’esercizio attivo della memoria, ha spinto la Fondazione a organizzare, sulla propria pagina Facebook, un webinar, ossia un incontro-dibattito online dal titolo “Triste, solitario y final: dove va il giornalismo in Sicilia?”.

Alla conferenza online, condotta dal giornalista di Domani, Attilio Bolzoni, hanno partecipato l’ex direttrice de l’Unità, Concita De Gregorio, Claudio Fava, il giornalista di Avvenire, nonché premio Fava 2020, Nello Scavo, la direttrice di MeridioNews, Claudia Campese, l’inviato de La Sicilia, Mario Barresi, l’ex direttore di LiveSicilia, Accursio Sabella.

A introdurre l’incontro è stata la presidente della Fondazione, Francesca Andreozzi, che, oltre a portare i saluti della Fondazione e a ringraziare gli ospiti e quanti hanno collaborato alla diretta, ha spiegato la necessità di parlare, in questo 5 gennaio insolito, del presente e del futuro del giornalismo in Sicilia. Il dibattito ha affrontato l’argomento da numerose angolazioni, mettendo al centro l’esigenza di difendere e promuovere seriamente e concretamente la libertà di stampa. Partendo dal Sud che, come ha ricordato Bolzoni, è stato raccontato da Pippo Fava in maniera moderna, travalicando i confini della Sicilia e delle sue specifiche problematiche. Un racconto che non è bastato a chi è venuto dopo Fava per decifrare il tempo e soprattutto il presente.

“Ci siamo adeguati all’idea – ha detto Claudio Fava – che vicende come quelle di mio padre o di Piersanti Mattarella dovessero entrare nella nostra memoria anche senza aver trovato o cercato con la dovuta perseveranza le risposte”. Lo stesso Claudio Fava ha ribadito la necessità di tutelare le generazioni di giornalisti che nel frattempo sono cresciute e che svolgono con dedizione e bravura il loro mestiere senza alcuna tutela, auspicando anche che queste generazioni “escano fuori dai salotti buoni dell’antimafia”. L’antimafia, dunque, come zavorra mitologica della quale il giornalismo non ha affatto bisogno, per raccontare sistemi di potere e paradigmi mafiosi.

Concetto ripreso poi da Mario Barresi, per il quale la dizione di antimafioso “andrebbe tolta a qualsiasi categoria, non solo ai giornalisti, augurandosi inoltre che venga operata una distinzione tra chi fa il mestiere di giornalista e chi, come gli influencer, non lo fa”. Il racconto giornalistico va fatto “consumando le suole delle scarpe”, ha detto Barresi. Perché questo è “un mestiere che necessita di essere praticato, cosa che purtroppo oggi sta diventando un privilegio”. Un giornalismo che si muove ormai sempre più verso canali diversi da un tempo, specialmente online. “Bisogna essere meno snob e smetterla di dare la colpa sempre ai lettori – ha sostenuto Claudia Campese -, anzi dobbiamo  comprendere ad esempio che i social sono importanti e che sono uno strumento da maneggiare bene per sfruttarne le potenzialità, trovando il giusto equilibrio tra informazione, comunicazione e investimenti”.

A proposito di investimenti e di soldi, è stata Concita De Gregorio a porre l’interrogativo preminente in tema di libertà di stampa: “Chi paga? Da dove vengono i soldi? La libertà del giornalismo è principalmente libertà dal padrone, dal potere. Il giornalismo è libero quando si libera dal ricatto dell’editore. Oggi lavorare per un giornale è un privilegio. L’editore è chi gestisce il giornale, chi fa il palinsesto, è il padrone”.

L’ex direttice de l’Unità punta il dito sulla politica, ricordando la persistenza di una legge sulla stampa che risale al 1948 e che è tecnicamente liberticida, perché rende il giornalista responsabile patrimonialmente di ciò che scrive. “Questo vuol dire – ha affermato la De Gregorio – che in Italia la libertà di stampa non esiste. La politica non ha mai modificato questa legge, nonostante cambiarla favorirebbe i giovani, che sarebbero così liberati dal potere di ricatto dei potenti e dei criminali e dal potere di arbitrio degli editori”.

Un concetto che ha trovato ampio consenso tra i relatori, con Claudio Fava che ha ricordato come non esista nemmeno una legge sulle querele temerarie. “Un disegno di legge venne bloccato nella scorsa legislatura – ha ricordato Fava – da un partito trasversale, perché è una legge che toglie potere al potere. Il potere si difende anche così, non appena il tuo pensiero gli è ostile. In nome della libertà di stampa, dobbiamo allora pretendere che il prossimo governo metta tra le priorità una legge contro le querele temerarie”. Una proposta rilanciata dalla De Gregorio che ha invitato la Fondazione Fava a intestarsi questa battaglia, un invito accolto positivamente dalla presidente, nel corso dei saluti finali.

Anche Accursio Sabella ha sottolineato l’urgenza di intervenire contro le querele temerarie, aggiungendo inoltre che il giornalismo siciliano è chiamato a interrogarsi sui temi da affrontare oggi e sulla necessità, data la rapidità dell’informazione online, di investire sulla qualità dell’approfondimento piuttosto che sulla rimuneratività delle visualizzazioni e dei click.

A chiudere il dibattito è stato, infine, Nello Scavo, in collegamento dalla Croazia. Il giornalista di Avvenire ha ripreso la questione della legislazione che incide sula libertà di stampa, puntando il dito sull’arretratezza del sistema normativo italiano, che penalizza i giornalisti anche sul piano internazionale. A supporto di questa tesi ha raccontato un episodio che lo ha toccato da vicino, ossia un processo a Malta per minacce nei suoi confronti, che ha affrontato grazie al fatto di avere un giornale alle spalle capace di pagare le spese legali e le spese di viaggio per tutte le udienze. Una situazione che in pochi possono permettersi.

“Non dobbiamo guardare le questioni solo in chiave interna – ha ribadito Scavo – perché le querele temerarie che conosciamo in Italia possono assumere tra qualche tempo una dimensione europea. Siamo indietro sia dal punto di vista nazionale sia da quello europeo, in tal senso”. Il giornalista premio Fava 2020, infine, ha espresso anche la sua opinione sulla questione dell’inutile etichetta di antimafiosità: “Da giornalista siciliano, andato poi via dalla Sicilia, ho provato a fare il possibile per non occuparmi più di mafia, per emanciparmi da una certa narrazione, ma il punto è che tutte le volte che mi capita di approfondire qualche inchiesta, la mafia la incrocio sempre. Anche quando ti occupi di Libia, Balcani, di Sudamerica o perfino di Cambogia ti trovi a parlare di mafia”.

Dopo quasi due ore di webinar, con tantissimi commenti, punte di 360 spettatori in contemporanea e oltre 4700 visualizzazioni totali, i saluti di Bolzoni e della presidente Andreozzi hanno chiuso un dibattito ricco di spunti e di suggerimenti da trasformare in azioni concrete nell’immediato futuro. Un modo perfetto per onorare la memoria di Pippo Fava, 37 anni.

Fonte: Fondazione Giuseppe Fava

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