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La determinazione di tre donne delle Istituzioni piacentine

Piero Innocenti il . Emilia-Romagna, Istituzioni, SIcurezza

piacenzaC’è voluta la determinazione, il buon senso e il garbo di tre donne delle Istituzioni locali piacentine, la Sindaca, la Prefetta, La Procuratrice della Repubblica, per riportare ordine nell’ambito degli organismi di polizia giudiziaria deputati ex lege a fare indagini alle dirette dipendenze dell’autorità giudiziaria.

È stato, così, soppresso un ufficio di cui facevano parte sei agenti della Polizia locale che, da alcuni anni, sin dalla sua attivazione (con quale provvedimento amministrativo non è dato sapere) aveva svolto indagini in tema di sfruttamento della prostituzione, di violenze sui minori, di spaccio di stupefacenti, di stalking, di falso documentale fino ad arrivare, su delega del p.m. della locale Procura, ad attività di investigazione, unitamente a militari della Guardia di Finanza, sulla penosa vicenda delle violenze che sarebbero state compiute da alcuni carabinieri della Stazione Levante in danno di cittadini fermati e/o arrestati per spaccio.

Bene, dunque, la Sindaca che, sulla scorta anche di quanto emerso in sede di Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica (C.P.O.S.P.) ha sollecitamente aderito alla richiesta della Prefetta di mettere più risorse in campo per implementare (senza ulteriori indugi) i servizi di controllo anticovid.

Opportune le precisazioni della Procuratrice della Repubblica che ha ricordato, tra l’altro, come il predetto nucleo di agenti della Polizia locale non ha mai fatto parte della Sezione di polizia giudiziaria operativa nell’ambito della stessa Procura (come in tutte le altre Procure italiane) e che tutto è riconducibile “ad una esigenza di razionalizzare le forze dell’ordine e di rispetto delle competenze”.

Non sono mancate, come era prevedibile, le reazioni e le polemiche da parte sindacale e di alcuni partiti politici.

Sembrerebbe, dunque, giunto al capolinea quello “snaturamento” delle importanti funzioni di polizia amministrativa svolte dalle polizie locali che anche in altre città si è cercato di perseguire sempre di più nella tutela dell’ordine pubblico e della sicurezza e in complesse attività di polizia giudiziaria per le quali si richiedono spiccate professionalità ed esperienze e di norma svolte dalle forze di polizia dello Stato. Se, poi, si vuole rivedere tutto il modello di sicurezza nazionale, si potrebbe iniziare dalle Scuole di formazione della Polizia di Stato e dei Carabinieri riservando aliquote di personale da arruolare (anche a livello regionale) per lo svolgimento delle funzioni di polizia locale.

Avremmo, così, una base di partenza comune in tema di formazione e addestramento professionale, un idem sentire tra forze di polizia e polizie locali che non sarebbe male per un sistema di sicurezza che deve restare unitario in tutto il Paese.

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L’Arma dei Carabinieri e le mele marce al suo interno

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