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Palermo, 20 arresti nel clan Borgo Vecchio

Redazione il . Economia, Mafie, Sicilia

carabinieri borgo vecchioCoinvolti anche cantanti neomelodici. Pesante l’ingerenza della famiglia mafiosa sul capoluogo siciliano dall’organizzazione delle celebrazioni per la Santa patrona del quartiere alla tifoseria dello stadio Renzo Barbera. Fondamentale la rete di testimonianze delle vittime, tutti commercianti e imprenditori a cui il clan estorceva soldi 

Blitz contro la famiglia mafiosa di Palermo Borgo Vecchio. All’alba è scattata l’operazione “Resilienza” condotta dai carabinieri di Palermo che su disposizione della procura ha portato all’arresto di venti persone. Tra loro il nuovo reggente, Angelo Monti, protagonista della riorganizzazione del clan colpito già nel novembre 2017 e rimessosi in piedi.

Molti i reati contestati: associazione per delinquere di tipo mafioso, associazione per delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, associazione per delinquere finalizzata ai furti e alla ricettazione, tentato omicidio aggravato, danneggiamento seguito da incendio, estorsioni consumate e tentate aggravate, danneggiamento aggravato, furto aggravato e ricettazione.

I vertici della famiglia mafiosa di Borgo Vecchio, gravitavano anche sullo stadio Renzo Barbera, benchè questo ricada nel territorio di confine fra i mandamenti mafiosi cittadini di Resuttana e San Lorenzo-Tommaso Natale. Le indagini hanno documentato un pressante interesse affinchè i contrasti fra gruppi ultras organizzati del Palermo fossero regolati secondo le loro direttive, evitando scontri fra ultras all’interno della struttura sportiva, ritenuti da un lato dannosi per lo svolgimento delle competizioni e dall’altro fonte di possibili difficoltà per uno storico capo ultrà rosanero, elemento di contatto fra Cosa nostra e il variegato mondo del tifo organizzato cittadino.

Pesante era l’ingerenza del clan mafioso anche nell’organizzazione delle celebrazioni in onore della patrona del quartiere, Madre Sant’Anna, come ad esempio quella del 21 al 28 luglio del 2019. Le serate canore, animate da alcuni cantanti neomelodici, venivano organizzate da un comitato che, di fatto, era controllato da Cosa nostra. I mafiosi, infatti, sceglievano e ingaggiavano i cantanti e, attraverso le cosiddette “riffe” settimanali, raccoglievano le somme di denaro tra i commercianti del quartiere. Tali somme venivano impiegate, oltre che per l’organizzazione della festa e l’ingaggio dei cantanti, anche per rimpinguare la cassa della famiglia mafiosa ed essere, in tal modo, utilizzate per il sostentamento dei carcerati e per la gestione di ulteriori traffici illeciti. I commercianti del quartiere erano stati ‘invitati’ a sponsorizzare un’esibizione canora di una cantante neomelodica, poi effettivamente avvenuta il 6 dicembre 2019, al teatro Don Orione di Palermo.

Significative le relazioni dei mafiosi di Borgo Vecchio con un neomelodico catanese (legato da vincoli di parentela a importanti esponenti dell’organizzazione), in solidi rapporti con un boss ai domiciliari tanto da fargli visita a casa mentre questi era sottoposto alla misura cautelare. Il cantante avrebbe dovuto esibirsi nel corso di una delle serate, ma l’evento non si è realizzato a causa di polemiche legate alla messa in onda, il 5 giugno 2019, di un programma televisivo nel corso del quale erano stati espressi commenti contro i giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. L’intera vicenda e alcune successive affermazioni di vicinanza ad esponenti della criminalità organizzata, aveva provocato una serie di divieti di esibizione nei confronti del cantante, emessi dalle autorità.

La festa era organizzata mediante il denaro ricavato dalle estorsioni, dalle riffe e dalle sponsorizzazioni dei gestori-titolari delle attività commerciali ubicate sul territorio, autorizzavano i commercianti ambulanti a vendere i loro prodotti durante la festa, disciplinando anche la loro collocazione lungo le strade del rione.

Così come era asfissiante il controllo del territorio da parte del clan mafioso di Borgo Vecchio nel centro di Palermo, così è stata determinante la rivolta delle vittime per lo più commercianti e imprenditori.

Significativo il numero delle denunce spontanee da parte loro: ben 13 casi sono stati scoperti grazie alle denunce autonome degli operatori economici, mentre ulteriori 5 episodi sono stati ricostruiti autonomamente grazie alle indagini, ma poi confermati pienamente dalle vittime. Lo specifico settore estorsivo era stato demandato dal reggente della famiglia mafiosa, Angelo Monti, e dal detentore della cassa mafiosa, Giuseppe Gambino, a Salvatore Guarino che, per avanzare le richieste estorsive e intimidire le relative vittime si avvaleva di Giovanni Zimmardi, Vincenzo Vullo e Filippo Leto.

Fondamentale la testimonianza delle vittime, commercianti e imprenditori, per la riuscita dell’operazione contro il clan affiliato a Cosa Nostra.

“Noi carabinieri del Comando provinciale di Palermo ringraziamo gli imprenditori che si sono fidati di noi: molti sono venuti spontaneamente a denunciare i fatti, ci hanno messo la faccia e noi li abbiamo tutelati”. Queste le parole del Comandante provinciale dei carabinieri di Palermo, Arturo Guarino. “È questo il messaggio che vogliamo dare alla città di Palermo: basta con il pizzo”, ancora Guarino che si rivolge poi agli imprenditori che si sono ribellati al racket: “Grazie a voi che vi siete fidati dell’Arma e grazie alle associazioni antiracket che hanno collaborato con noi. Siamo al fianco di chi denuncia”.

Fonte: Rainews

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Lamorgese: grazie agli imprenditori per il coraggio di denunciare

L’operazione condotta dai Carabinieri a nel quartiere di Borgo Vecchio ha condotto al fermo di venti persone

«Grazie agli imprenditori che, con il coraggio di denunciare i loro estorsori, hanno consentito l’operazione antimafia condotta oggi a Palermo dall’Arma dei Carabinieri, con il coordinamento della locale Direzione distrettuale antimafia, in un quartiere in cui le organizzazioni criminali esercitano in maniera capillare il controllo del territorio».

Lo ha dichiarato il ministro dell’Interno, Luciana Lamorgese, commentando l’indagine che ha condotto questa mattina al fermo di venti indagati ritenuti a vario titolo responsabili dei delitti di associazione per delinquere di tipo mafioso,  associazione per delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, associazione per delinquere finalizzata ai furti e alla ricettazione, tentato omicidio aggravato, danneggiamento seguito da incendio, estorsioni consumate e tentate aggravate, danneggiamento aggravato, furto aggravato, ricettazione.

«Lo Stato è sempre accanto a chi reagisce ai tentativi di aggressione ed infiltrazione  dell’economia legale anche utilizzando metodi violenti ed intimidatori. La forza di imprenditori che non accettano il ricatto mafioso è la risposta più efficace all’impegno di istituzioni ed associazioni antimafia e all’incessante attività di prevenzione ed investigativa da parte di magistratura e forze di polizia», ha detto ancora la titolare del Viminale.

Questa indagine costituisce un’ulteriore fase di un’articolata manovra condotta dal Nucleo Investigativo di Palermo del comando provinciale dei Carabinieri di Palermo sul mandamento mafioso di Palermo Porta Nuova e, in particolare, sulla famiglia mafiosa di Borgo Vecchio, che ha consentito di comprovare la perdurante operatività di quell’articolazione di cosa nostra, dopo l’ultima operazione del novembre 2017.

Fonte:  Ministero dell’Interno

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Palermo, il Generale si toglie il cappello in segno di rispetto per chi ha denunciato

Anche a Borgo Vecchio si può fare denuncia collettiva

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