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Il Paese che ha generato quattro mafie, “allatta” anche quella albanese

Piero Innocenti il . Criminalità, Internazionale, Mafie, SIcurezza

Sebbene nei confronti della criminalità organizzata albanese presente nel nostro Paese “la connotazione di mafiosità non sia stata, ad oggi, sancita in alcuna sentenza..” (relazione DIA 2020), non vi è dubbio come in inchieste giudiziarie e indagini di polizia svolte negli ultimi anni siano state rilevate “alcune caratteristiche tipiche della criminalità mafiosa”.

Tra queste, è sempre la DIA ad evidenziarlo, “le affiliazioni in genere basate su legami familiari o comunque tra soggetti che provengono dalla stessa città o dalla medesima area e che condividono, quindi, i medesimi codici di comportamento..”, su tutti il Kanun, un codice consuetudinario albanese, del XV secolo, alternativo alle regole statuali, al quale si attengono scrupolosamente clan e famiglie criminali albanesi soprattutto quando debbono essere risolti dissidi tra gruppi rivali.

Il narcotraffico è quello che interessa particolarmente la criminalità organizzata albanese (dedita anche alla tratta di esseri umani, allo sfruttamento della prostituzione, alla commissione di reati contro il patrimonio) e proprio in questi ultimi giorni si è conclusa una importante operazione (“Los Blancos”) condotta dalla Polizia di Stato di Firenze con la collaborazione delle Polizie di altri Paesi (tra cui quelle di Albania, Austria, Germania, Grecia, Norvegia, Ecuador, Olanda ecc), con l’esecuzione di trenta misure cautelari in carcere di altrettanti albanesi accusati di associazione finalizzata al traffico internazionale di stupefacenti (in particolare 4 tonnellate di cocaina, in più spedizioni, occultata su navi commerciali provenienti dal Sud America e scaricata nei porti di Anversa, Rotterdam e Brema, per il successivo smistamento anche in Italia).

Già nel novembre 2017, in una prima fase dell’operazione Los Blancos condotta dalla Polizia olandese e da una “squadra investigativa comune” con poliziotti della Mobile fiorentina, sette albanesi erano finiti in carcere per narcotraffico e nella circostanza, in un’autofficina di Amsterdam, erano state sequestrate una bomba a mano, tre pistole, 25 mila euro in contanti, 25kg di cocaina e 40kg di marijuana.

Tornando in Italia, la criminalità albanese viene indicata, già da anni, come “l’organizzazione straniera sicuramente più presente ramificata in ambito nazionale (relazione DIA, 2017), con la particolarità, da non sottovalutare, di continui reclutamenti di giovani leve.

Anche nel 2006, in realtà, nella relazione della DIA – come tutte le relazioni semestrali è presentata dal Ministro dell’Interno al Parlamento – si parlava di criminalità albanese come “fenomeno allogeno che desta maggiore allarme sociale” evidenziandone “il rinnovato attivismo nell’ambito dei reati inerenti gli stupefacenti” (e solo negli ultimi due anni gli albanesi denunciati per traffico/spaccio sono stati 1.930 (nel 2018) e 2.048 nel 2019, secondi solo ai marocchini nella graduatoria nazionale).

E già in quella pur stringata analisi fatta nel 2006 dalla DIA nelle tre pagine dedicate alla criminalità albanese, il Parlamento era stato informato che quelle consorterie stavano evolvendo da un livello organizzativo basato fondamentalmente su vincoli di parentela “verso moduli stabilmente organizzati e strutturati che hanno dato luogo all’adozione di metodi tipicamente propri della devianza di tipo mafioso”.

Insomma, la “gestazione” di questa “mafia” è iniziata molto tempo fa con i criminali albanesi che si sono resi conto di come ci fosse spazio criminale anche per loro in Italia tanto da allacciare “relazioni con soggetti appartenenti alla criminalità autoctona, anche di tipo mafioso” (relazione DIA, 2010).

Il livello di pericolosità e di pervasività della criminalità albanese è cresciuto di anno in anno nel nostro Paese e nessun parlamentare, lette (ma lo hanno fatto?) quelle puntuali e chiare relazioni della DIA, ha avvertito il bisogno di sollecitare un dibattito sul tema o, comunque, di stimolare l’adozione di adeguate misure legislative per arginare una criminalità che, oggi, è divenuta ingombrante (e l’omicidio in spiaggia, a Torvaianica, alcuni giorni fa, di un “capetto” albanese del narcotraffico locale, da parte di un sicario, è un brutto segnale).

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