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Io sono nessuno. La storia di Piero Nava, primo testimone di giustizia

Luca Cereda il . Lombardia, Mafie, Sicilia

Lecco_15_09_2020_libro_piero_nava21 settembre 1990, superstrada Canicattì-Agrigento: quattro sicari affiancano la Ford Fiesta del giudice Rosario Angelo Livatino, la speronano e sparano al magistrato, uccidendolo, mentre tenta la fuga a piedi.

Il tutto avviene sotto gli occhi di Piero Nava, un agente di commercio in trasferta in Sicilia che non esita a contattare il 112 e a raccontare quanto accaduto, descrivendo i killer nei dettagli. Non lo sa ancora, ma quel gesto lo renderà il primo testimone di un omicidio di mafia e da quel momento la sua vita cambierà drasticamente. Mai nessuno, prima di lui, aveva osato testimoniare, da cittadino, contro la mafia in Sicilia.

Io sono nessuno

La storia di Piero Nava, cittadino lecchese e primo testimone di giustizia contro le mafia, in questo caso la Stidda, è diventata a distanza di 30 anni un libro, “Io non sono nessuno”, scritto dai giornalisti lecchesi Stefano Scaccabarozzi, Lorenzo Bonini, e Paolo Valsecchi. Un libro edito da Rizzoli presentato pubblicamente la sera del 15 settembre proprio a Lecco, in piazza Garibaldi, in un evento promosso da Confcommercio, con Libera Lecco e Comune di Lecco.

Piero Nava è personaggio che con la sua vita diviene simbolo del dovere civico di denuncia del fenomeno mafioso e di lotta all’omertà. Nava che è tornato a distanza di 30 anni a Lecco nella serata del 15 settembre per dialogare con gli autori del libro, telefonicamente e con la voce camuffata dal luogo, sconosciuto per ragioni di sicurezza, dove ora viva: “All’epoca non esisteva ancora in Italia alcun programma di protezione per i testimoni a rischio. Per il mio gesto ho perso il lavoro e i miei affetti, e sono finito nel più assoluto isolamento, costretto a cambiare più volte residenza e ad emigrare all’estero”. Nava però si è fatto scudo e forza con la famiglia: “In questi anni nessuno mi ha mai giudicato per la scelta che ho fatto di testimoniare. Ne i familiari più stretti ne i miei amici”.

piero nava

Il ritratto cancellato di un testimone di giustizia

Le foto della sua vita, racconta, sono state fatte sparire dalle forze dell’ordine per questioni di sicurezza. Il momento più difficile? “È stato quando sono arrivato al porto di Messina con la mia auto e non mi hanno fatto salire sui traghetti normali. Lì grazie a Sandro, il mio angelo custode nelle forze dell’ordine per anni, ho realizzato che non avrei più avuto la mia vita, quella che conoscevo. Accadeva 36 ore dopo l’omicidio di Livatino”.

Dal buio alla luce: “Il momento più gratificante della mia vita è stata la visita al Papa tre anni fa. Papa Francesco ha sottolineato il mio coraggio di testimoniare per la Giustizia”.

Nel suo intervento in diretta telefonica, Nava sottolinea con una frase la potenza, la semplicità e la rivoluzione del suo gesto: “Non sono un eroe, sono anch’io parte dello Stato come tutti i cittadini italiani. Ho fatto solo il mio dovere”.

Essere cittadini è essere Stato

“Ai più giovani mi sento di dire di sconfiggere l’indifferenza. Non essere ignavi. L’ignavia ammazza tutti, lo Stato e anche me. Quindi non devono essere indifferenti rispetto alle ingiustizie che vedono”, conclude il suo intervento Piero Nava. “Trent’anni di ‘latitanza’ come li definisce lui stesso – ha sottolineato Paolo Valsecchi – perché da quel giorno del 1990, Piero Nava dovrà vivere nell’ombra, con tante privazioni, non potrà tornare a Lecco, avere un lavoro, assistere al funerale di un parente… Oggi vive in una località segreta, con un nome che nessuno conosce. Ha sacrificato la sua vita per un gesto di dovere e con lui anche la sua compagna e i suoi due figli”. “Lo Stato in quei tempi non era pronto, c’erano i pentiti ma ancora nessun testimone di mafia – ricorda Stefano Scaccabarozzi – vive quindi una sequela di traslochi, cambi di copertura, timori per la propria sicurezza. Ci vorranno circa 10-15 anni prima che arrivino delle normative specifiche per i testimoni, diverse da quelle dei collaboratori di giustizia”.

Lo Stato non era pronto

“Lo Stato in quei tempi non era pronto, c’erano i pentiti ma ancora nessun testimone di mafia – ricorda Rosy Bindi, dal 2013 al 2018 presidente della commissione antimafia del Parlamento – vive quindi una sequela di traslochi, cambi di copertura, timori per la propria sicurezza. Ci vorranno circa 10-15 anni prima che arrivino delle normative specifiche per i testimoni, diverse da quelle dei collaboratori di giustizia”.

Fu con lei a capo della commissione parlamentare che Piero è tornato, dopo la sua testimonianza, ad avere una voce per le audizioni per la riforma della legge sui testimoni.

“Noi stavamo lavorando ad una nuova leggere sui testimoni di giustizia, fino a quel momento tutelati come i collaboratori. Una differenza sostanziale per una parità di trattamento. I collaboratori sono persone che hanno fatto parte integrante delle organizzazioni mafiose e che si sono macchiate di reato. Con loro si fa un contratto per raccontare vicende e storie della criminalità organizzata in cambio di sconti di pena. I testimoni no, sono come Piero Nava cittadini che hanno assistito al un omicidio o un reato di mafia senza esserne in alcuno modo legati”, ha spiegato Rosy Bindi.

Nava, una “cavia” per la giustizia

“Piero fece ‘da cavia’, – continua la Bindi – collaborando in totale assenza di un quadro giuridico, collaborando con le forze dell’ordine. Lui è stato il primo a costituire la la figura del testimone di giustizia. Ed è il senso civico di quest’uomo che ci ha permesso tutelare queste figure e di cercare di inquadrarle in un ordinamento giuridico”.

La lezione più profonda di Piero Nava è quella della ‘normalità’ del servizio alla giustizia e alla verità. Un’insegnamento che morendo ma soprattutto in vita, diede anche Livatino. L’antimafia deve andare in questa direzione, non quella della grande retorica degli eroi, ma in quella della normalizzazione del servire la giustizia. Come fece Nava.

Alla sua vicenda è dedicato il film “Testimone a rischio” del 1996, vincitore per l’interpretazione di Fabrizio Bentivoglio di un David di Donatello, proprio interpretando Piero Nava. Il film, alla presenza del regista Pasquale Possessere, è stato proiettato in piazza Garibaldi a Lecco, dopo l’intervento dello stesso Nava che si è commosso salutando telefonicamente Possessere e ritrovandolo quasi 25 dal film.

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