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Donati sul caso Schwazer: “Ora tutte le menzogne vengono a galla”

Sarah Franzosini * il . Corruzione, Giustizia, Sport

Donati e Schwazer all'Assemblea Nazionale di Libera - Assisi, ottobre 2015. Foto di Tita Raffetti

Donati e Schwazer all’Assemblea Nazionale di Libera – Assisi, ottobre 2015. Foto di Tita Raffetti

Sandro Donati, ex allenatore di Schwazer, sulla perizia che conferma le anomalie sulle provette, i tiri mancini, le prove fabbricate in casa, e l’immoralità del Sistema.

salto.bz: Professor Donati, durante l’ultima udienza per l’incidente probatorio sulla seconda positività al testosterone del marciatore Alex Schwazer, il comandante dei RIS di Parma Giampietro Lago, perito del gip di Bolzano Walter Pelino, ha confermato un’anomalia riguardo la concentrazione del Dna nelle urine dell’atleta altoatesino. Cos’altro serve per dimostrare la sua innocenza?

Sandro Donati: Non senza una certa dose di ingenuità, me ne rendo conto, rispondo che prima di tutto servirebbe l’onestà da parte delle Istituzioni che hanno accusato Schwazer. Non mi aspetto certo che questo moto di coscienza ce l’abbiano gli autori del complotto ma chi si trova a gestire politicamente tale situazione dovrebbe intervenire. Non farlo significherebbe dare un segnale lugubre di una Istituzione arrogante, scollata dalla realtà, e che è pronta anche a perdere la sua credibilità. Lo stesso voltafaccia della Wada nei miei confronti, dopo più di dieci anni di collaborazione strettissima, è esplicativo. Ciò che mi sono chiesto spesso è: ma queste Istituzioni chi le controlla? Diciamo la verità: è solo perché ora il caso Schwazer è stato portato davanti a un magistrato ordinario che emergono le menzogne, le omissioni compiute da quei potentati, ma nei procedimenti sportivi a emergere è solo la loro asserita superiorità morale e tecnica. Avere a che fare con loro in quelle circostanze è come combattere con le mani legate contro un pugile che ti gonfia la faccia di pugni.

Tradotto: non si aspettava un pronunciamento diverso da parte del Tribunale arbitrale dello Sport di Losanna lo scorso maggio, quando il ricorso di Schwazer è stato respinto. Corretto?

I singoli membri del Tas di Losanna sono nominati dalle stesse federazioni internazionali e dal Cio, basta questo a inquadrare le storture del Sistema che è autoreferenziale. Personalmente non avrei mai percorso la strada sportiva ma Alex, preso dal desiderio di poter gareggiare ancora, le ha provate tutte. Non ero d’accordo nemmeno sull’andare a Rio, perché avrebbe significato mettere il collo sotto la lama della ghigliottina. Per la prima volta nella sua storia il Tas di Losanna, per soddisfare una richiesta della Iaaf alla quale si è chinato passivamente, ci ha costretto a fare un viaggio intercontinentale spendendo un mucchio di denaro per recarci nella città brasiliana ed essere ricevuti non già nella sede del Tas ma nell’ufficio di un avvocato. Credo che questo parli da sé.

Lo aveva detto, del resto, che il processo di Bolzano è l’unico che persegue la verità.

Anche se la controparte mira a perdere tempo, a stroncarci, ostentando la loro potenza, i loro inesauribili mezzi economici con i quali retribuiscono consulenti su consulenti, tanto paga Pantalone. Mentre Schwazer si difende sborsando denaro solo di tasca sua. Nel frattempo però sono stati fatti passi avanti nel processo. Non c’è da confermare la veridicità delle e-mail scambiate fra Iaaf e Wada e hackerate dai russi, come ha detto l’altro ieri in aula l’avvocato Brandstätter. Le stesse Istituzioni sportive non le mettono in dubbio. In quel “carteggio”, quando parlano espressamente di complotto, c’è la chiave di tutto. Gli atti che sono seguiti configurano pienamente l’ipotesi della congiura. Poi in aula il perito Lago ha parlato espressamente di quella pseudo-prova prodotta dalla Wada su un’urina negativa di Alex, in cui i valori di concentrazione del Dna dell’atleta appaiono improbabili. Una prova che fu sventolata come fossimo in un telefilm americano dall’avvocato della Wada, basata su analisi condotte nel chiuso delle stanze delle organizzazioni sportive senza la presenza della controparte o perlomeno del perito del giudice, ad incidente probatorio già aperto.

Il colonnello Lago ha detto che la prova in questione era priva di documenti e indicazioni essenziali.

Non rivelava nemmeno i volumi di urina sui quali si era lavorato, né se si trattava di urina centrifugata o meno, ma soprattutto conduceva a risultati che il perito Lago ha definito impossibili. In altri termini si tratta di una falsa prova. Basterebbe questo a qualificare le Istituzioni sportive che difatti non hanno nemmeno controbattuto alla tesi del colonnello. Enti di quel calibro dovrebbero difendersi in maniera sostanziale, con argomenti forti, incontrovertibili, documentati. Hanno cercato invece di attaccarsi agli appigli più inverosimili, mentre con quanta leggerezza venne calata a suo tempo la condanna di otto anni su Schwazer.

Intanto la Wada, attraverso il suo consulente (la cui attendibilità, dato il curriculum, qualcuno ha già messo in discussione), ha negato la validità scientifica dello studio di Lago.

Wada e Iaaf sono abituati a essere l’organo unico al comando. Nel momento in cui diventano parte di un procedimento giudiziario tentano di risolverlo con prove fabbricate in casa. Ora, i magistrati non possono non tener conto del fatto che Lago abbia definito la prova prodotta dalla Wada inaccettabile, prova che fra l’altro già il giudice a suo tempo aveva anche definito chiaroveggente. Infatti solo a marzo del 2018, presso il RIS di Parma ci si è accorti con sorpresa che nel campione dell’urina di Schwazer, prelevata due anni prima, ebbene la “prova” prodotta dalla Wada aveva misurato il Dna di Schwazer ben sei mesi prima, è per questo che il giudice ha definito questo esame chiaroveggente. Ma vede, qui bisogna tenere conto di una cosa.

Quale?

Da una parte c’è Schwazer che è un singolo, un privato, e dall’altra ci sono istituzioni che gestiscono centinaia di milioni di euro all’anno. La Wada è finanziata da molti governi nel mondo ed è essenziale, restringendo il campo al nostro Paese, che l’esecutivo italiano, a fronte del finanziamento assegnato annualmente alla Wada, chieda conto del suo operato, piuttosto che lasciar mano libera su tutto. In una situazione di onnipotenza è facile puntare il dito su un singolo atleta come Alex e dare forza all’accusa dicendo: “Quello è già risultato dopato una volta”. È come se a uno con un precedente per rapina affibbiassero tutte le rapine che vengono compiute dopo il suo misfatto. Alex aveva invece intrapreso ben altro percorso che io sono in grado di garantire, sebbene nessuno mi abbia ascoltato finora. È stato esaminato 42 volte a sorpresa dall’ospedale San Giovanni di Roma e nel periodo in cui lo allenavo ogni 15 giorni lo sottoponevo a controlli in un laboratorio di fisiologia – ci sono tutti i dati disponibili ma nessuno della cosiddetta “giustizia sportiva” ha voluto vederli. Sono testimone della reale condotta di un atleta che è un grande campione e che è caduto in quell’errore (grave, indubbiamente) del 2012, a causa di una forte depressione e anche perché fu lasciato solo. Questi soloni dell’antidoping, invece, che per inciso non ho mai incontrato in trent’anni di lotta al doping, si autoproclamano unici detentori dell’etica. A chi vogliono darla a bere? Forse possono raccontarla a un pubblico disattento. O forse a qualche giornalista pronto a trasmettere le loro veline.

È ancora verosimile credere in una riabilitazione di Schwazer?

Su questo devono riflettere autorità altre rispetto a Iaaf e Wada. Proprio oggi a Parigi si arriverà a sentenza nel processo a carico dell’ex presidente della Federazione Internazionale di Atletica Leggera, Lamine Diack, e dell’ex responsabile antidoping Gabriel Dollé, entrambi accusati di truffa e di aver incassato soldi dai russi per insabbiare i loro casi di doping o per ritardarne l’esito, è di gente come questa che stiamo parlando. E non mi stupirebbe se i russi avessero elargito soldi anche ad altre Istituzioni sportive.

Sono accuse pesanti…

Ne parlerò a tempo debito, precisando quali altri soggetti hanno preso quei soldi e se mai li hanno giustificati, tutte cose che spesso ai media sembrano sfuggire. Il primo obiettivo di Wada e Iaaf è stato quello di colpire Schwazer, ma il secondo quello di mettere me nella condizione di dovermi difendere e di non poter più parlare delle corruzioni istituzionali.

Se Schwazer dovesse ottenere quella giustizia che chiede da anni pensa che monoliti come Wada e Iaaf potranno essere davvero scalfiti a quel punto?

Io dico di sì. Sarebbe un’occasione per i dirigenti più responsabili e onesti per attuare finalmente delle riforme. Parliamoci chiaro: nessuno può garantire che all’interno di queste grosse organizzazioni sportive non si annidi qualche disonesto. Basta una sola persona che per soldi “venda” una positività – cancellandola o costruendola – per distruggere una carriera. Occorre prevenire questo rischio.

Al momento attuale la prassi è questa: viene prelevata l’urina e suddivisa in due flaconi A e B che finiscono entrambi nelle mani di chi ha fatto il controllo antidoping, e all’atleta cosa rimane? Niente. Le provette sono manomissibili da parte di personale esperto, è stato dimostrato dalle ammissioni della stessa ditta che le realizza oltreché dal rapporto McLaren, ed è stato ammesso dalla stessa Wada in un comunicato diffuso in tutto il mondo. La verità è che una terza, piccolissima provetta che resta all’atleta – posto il deposito presso un laboratorio accreditato -, rappresenterebbe una garanzia rispetto a qualsiasi malintenzionato. Chi si azzarderebbe a quel punto a manipolare la provetta A o B o entrambe se la C può smentire tutto? Questo è il punto.

È evidente che fino ad oggi le autorità politiche si siano disinteressate dell’antidoping, delegando la “scocciatura” al Sistema sportivo che però fa acqua da tutte le parti, che consente troppe scappatoie, che fa pochi controlli a sorpresa. Pensiamo solo a questo periodo pandemico: i controlli a sorpresa sono pressoché zero, immaginiamoci perciò cosa sta succedendo nello sport a livello mondiale, ci sono Paesi che con estrema disinvoltura non si pongono problemi di etica o di tutela della salute e fanno quel che vogliono. Per questo occorre che l’ente pubblico entri all’interno del meccanismo sportivo. Come detto, bastano pochi corrotti per determinare un imbroglio. Questo è ciò che ci insegna la storia di Schwazer.

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