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Migranti, corriamo il rischio che il Governo finanzi l’irregolarità

Pierluigi Ermini il . Giustizia, Migranti, Società

migranti bracciantiLo scorso 30 giugno, a quasi un mese di distanza dall’apertura della procedura, le domande pervenute al Ministero dell’Interno per la regolarizzazione dei migranti sono state complessivamente poco più di 80mila. Tra queste 69mila sono già state perfezionate e circa 11mila erano in corso di lavorazione.

Il sistema ha iniziato a mettersi in moto e ci sarà tempo fino al prossimo 15 agosto per mettersi in regola, ma è probabile che neanche la soglia delle 200.000 persone previste dal governo potrà essere raggiunta a causa della disposizione che impedisce, alle persone diventate irregolari prima del 31 ottobre 2019, di poter presentare domanda.

Da tempo sia i sindacati che le associazioni che si occupano dei diritti dei profughi e dei cittadini stranieri stanno affermando la necessità di apportare emendamenti al testo del decreto rilancio che dovrà essere approvato dal parlamento entro il prossimo 19 luglio, ma quanto emerge dalla Commissione Parlamentare dove si discute del decreto, non sembra andare nella direzione auspicata; ad oggi la data del 31 ottobre 2019 non risulta che verrà cambiata, così come sembra non sarà comunque possibile per chi presenta la domanda di regolarizzazione, provvedere intanto ad iscriversi al sistema sanitario nazionale.

Inoltre dalle domande presentate emergono altri dati preoccupanti: sono in primo luogo colf e badanti, le persone straniere che stanno cercando di regolarizzare le loro posizioni, e dunque insieme a loro, sono soprattutto i singoli cittadini e le famiglie italiane che hanno il desiderio di sfuggire da forme di lavoro al nero e sottopagate.

Molti meno sono invece i braccianti e i lavoratori nei campi (per i quali si era soprattutto pensata la norma) a cercare la strada della regolarizzazione; di conseguenza anche i loro datori di lavori rimarranno nascosti nell’anonimato, continuando in quella che è un vero e proprio processo di sfruttamento e di non emersione dal lavoro al nero che spesso sfocia anche in vere e proprie forme di caporalato, oltre che di evasione fiscale e di mancati introiti del sistema previdenziale.

Infine c’è un altro elemento che dobbiamo considerare e che riguarda il mondo dell’edilizia dove si parla di decine di migliaia di lavoratori stranieri che vi lavorano in forma irregolare.

In questo caso, per tale settore, il decreto rilancio non prevede nessuna forma di regolarizzazione, a fronte di un governo che intende invece sbloccare gli appalti e i lavori edili e che soprattutto ha previsto, nello stesso decreto rilancio, la concessione di bonus al 110% da detrarre dall’Irpef dovuta per i prossimi 5 anni, per alcuni determinati lavori di ristrutturazione della propria casa. Dunque si prevede nei prossimi mesi anche una ripresa dell’attività nel campo dell’edilizia privata che è un dato certamente positivo.

Si arriva però all’assurdo in cui il governo darà la possibilità ad aziende e ditte edili, che magari al loro interno fanno lavorare persone non regolari, di incrementare le loro attività lavorative, continuando tranquillamente a utilizzare manodopera di cittadini stranieri irregolari.

Ci troveremmo di fronte a una situazione fantozziana per la quale lo stato stesso favorisce e implementa le forme di lavoro irregolare, utilizzando i soldi (e i debiti che per i prossimi anni stiamo accumulando a seguito dell’emergenza da covid19) di tutti noi cittadini.

Una vera e propria sconfitta della politica e della nostra società che si fonda sullo stato di diritto, impedendo a queste persone di avere un’assistenza medica (in tempi di covid19 e di necessità di una maggiore prevenzione sanitaria nei territori) e una residenza,  favorendo nel contempo forme di evasione fiscale e di sfruttamento del lavoro.

Film e storie già viste che aldilà dei tanti proclami di rilanci e semplificazioni sono la continuazione di un vecchio modo di fare politica a cui non sembra rinunciare neanche questo governo giallorosso.

D’altronde non riconoscere diritti agli altri molto spesso vuol dire anche iniziare a rinunciare ai nostri diritti e dare spazio a diseguaglianze sociali che portano un paese a una maggiore povertà di molti e a una maggiore ricchezza per pochi.

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Migrazione tra politica, giustizia e pubblica opinione

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