NEWS

Falcone e quella notte al CSM/3

P. Filippi, R. Conti e M. Maddalena * il . Giustizia, Istituzioni, Mafie

meliIntervista di Paola Filippi e Roberto Conti a Marcello Maddalena

Giustizia Insieme ripercorre la vicenda della mancata nomina di Giovanni Falcone alla funzione di Consigliere Istruttore del Tribunale di Palermo attraverso alcuni dei protagonisti che vissero quella notte del 19 gennaio 1988 consumata all’interno del plenum del CSM.

Carlo Smuraglia, Stefano Racheli, Marcello Maddalena e Vito D’Ambrosio, membri alcuni togati (D’Ambrosio, Racheli e Maddalena), alcuni laici (Smuraglia) del CSM che si occupò di quella  pratica, hanno accettato di rileggere quegli avvenimenti a distanza di oltre trentadue anni.

Con ognuna delle quattro interviste che saranno pubblicate abbiamo riportato alcuni documenti storici che Giovanni Paparcuri, testimone vivente delle stragi mafiose e custode delle memorie raccolte nel museo “Falcone Borsellino” ha gentilmente messo a disposizione della Rivista. Documenti che offrono, in cifra, l’immagine dell’uomo e del magistrato Falcone.

In calce, la nota inviata dal Consigliere Istruttore Dr. Antonino Meli all’Ispettore del Ministero di Grazia e Giustizia – Dr. Rovello – in data 30 luglio 1988, avente ad oggetto le notizie di stampa riguardanti il funzionamento dell’Ufficio Istruzione di Palermo.

MaddalenaFalconeLa terza intervista è del Cons. Marcello Maddalena, già Procuratore della Repubblica Aggiunto presso la Procura di Torino, Procuratore della Republica di Torino e Procuratore Generale presso la Corte d’appello di Torino. Membro togato del CSM durante il quadrienno1986-1990, attualmente Presidente dell’Associazione DAFNE di Torino.

1) Il contesto ed il clima  nel quale si discusse il conferimento dell’incarico di Consigliere istruttore del Tribunale di Palermo nel gennaio 1988 ed il suo prodromo – la nomina di Paolo Borsellino a Procuratore della Repubblica di Marsala. Cosa ricorda?

Maddalena: Per quanto riguarda la nomina di Paolo Borsellino a Procuratore della Repubblica di Marsala, ricordo che anche quella nomina non fu senza contrasti. La ragione risiedeva nel fatto che a quell’epoca la “regola” che imperava nella scelta dei Dirigenti degli uffici direttivi era rappresentata dalla “anzianità senza demerito”. Era una regola – di per sé certamente molto criticabile – che peraltro assicurava, in certo qual modo, la “pace” all’interno del corpo giudiziario, perché, da un lato, era “accettata” dalla grande maggioranza dei magistrati e, dall’altro, permetteva ai componenti del CSM di sottrarsi molto più facilmente alle segnalazioni, raccomandazioni, rivendicazioni, pressioni da qualsiasi parte provenienti. Era un criterio oggettivo e quindi di per sé idoneo, nella gran parte dei casi, a troncare sul nascere le discussioni.

Nel caso della Procura della Repubblica di Marsala, vi  era un concorrente che, se ben ricordo, vantava quattro anni di anzianità in più rispetto a Paolo Borsellino e che quindi sarebbe stato “scavalcato” da Borsellino nel caso di sua nomina. E tuttavia il divario di “merito” e di “attitudini” era tale da giustificare l’eccezione. Va aggiunto che sicuramente per Magistratura Indipendente Borsellino era una “bandiera” (non ricordo l’appartenenza correntizia dell’altro concorrente) e quindi umanamente era istintivamente più “facile” giustificare l’eccezione (che peraltro, per quel che ricordo, era pur essa “prevista” dalle circolari in caso di meriti assolutamente eccezionali – rispetto a quelli dei concorrenti – del magistrato meno anziano). Di conseguenza la nomina di Paolo Borsellino non determinò, all’interno delle “correnti”, quel terremoto che avrebbe poi provocato la nomina di Antonino Meli (invece che di Giovanni Falcone) come Consigliere istruttore del Tribunale di Palermo. E quindi fu, sia pure con qualche mugugno, “assorbita” in tempi relativamente brevi.

Molto più complessa si presentò la situazione per il posto di Consigliere istruttore presso il Tribunale di Palermo. Sia  perché si trattava di un posto ritenuto di estrema rilevanza (ovviamente molto maggiore rispetto a quella della Procura della Repubblica di Marsala) sia perché la “attenzione” e la “pressione” (un po’ da tutte le parti: partiti politici, mass-media, magistrati con le loro correnti associative) furono infinitamente superiori. Ricordo al riguardo che in molte sedi giudiziarie si tennero, a livello delle singole correnti e forse anche  di Sezioni locali della A.N.M.,, delle riunioni in cui i componenti magistrati del Consiglio ebbero a consultare la loro “base”: e non v’è dubbio, per quel che ricordo (e, quanto meno, per quel che riguarda Magistratura indipendente e forse anche Magistratura democratica) che la maggioranza dei magistrati si espresse a favore della osservanza del criterio della “anzianità”.

2) Media e partiti politici prima, durante e dopo il voto consiliare: quale peso giocarono? Quali furono le posizioni dei consiglieri laici? Quali quelli delle correnti? E della Presidenza della Repubblica con i suoi consiglieri giuridici? Ebbe un peso l’opinione pubblica?

Maddalena: Per quel che è il mio particolare ricordo, e per quanto mi riguarda personalmente, i media ed i partiti politici non ebbero alcun peso nella decisione. Se ben ricordo, i consiglieri laici votarono tutti a favore di Falcone, anche se ebbi l’impressione che qualcuno in realtà preferisse personalmente venisse votato Meli. Quanto alle correnti, in tutte e tre (Magistratura democratica, Unità per la costituzione e Magistratura indipendente) vi furono delle spaccature, nel senso che in tutte e tre la maggioranza si espresse nettamente a favore di Meli (perché la regola era quella della “anzianità senza demeriti”) mentre vi furono 1 componente di MD ed MI e due (o tre non ricordo) di Unicost che votarono per Giovanni Falcone. A favore di Meli, sempre per quel che ricordo, votò anche l’unico magistrato che all’epoca rappresentava il c.d. “Sindacato” (poi scomparso). A mio avviso, la Presidenza della Repubblica (Presidente della Repubblica era Cossiga) non giocò alcun ruolo: né personalmente né tramite i suoi consiglieri giuridici. Parimenti non ebbe alcun peso, per quanto mi risulta, l’opinione pubblica. Ne ebbe invece molta l’opinione dei magistrati la cui maggioranza non vedeva di buon occhio il superamento del criterio della anzianità.

3) La composizione del Consiglio superiore della magistratura come influì sulla scelta?

Maddalena: Premesso che secondo me all’epoca il sistema elettorale non favoriva (e non favorì) nessuna estrazione localistica (al contrario) la composizione del CSM non influì in alcun modo nella scelta, se non nel senso che fece prevalere la linea della maggioranza dei magistrati che accettavano di buon grado il criterio della “anzianità senza demeriti” (perchè non “delegittimava” nessuno e non amavano molto i magistrati “protagonisti” (sia che lo fossero per loro “colpa” sia che lo fossero a causa dei procedimenti che trattavano).

4) Quali furono le ragioni espresse del voto e quali gli schieramenti che si manifestarono nel corso del Plenum. Ricorda qualche episodio in particolare che possa risultare, oggi, significativo?

Maddalena: Come ho già  detto, le ragioni di coloro che sostennero la candidatura di Meli erano rappresentate dal criterio della maggiore anzianità senza demerito (ed, anzi, in realtà, nel caso concreto, con molti meriti) di Antonino Meli mentre i sostenitori di Giovanni Falcone facevano leva sulla sua maggiore attitudine specifica e la “superiorità” dei suoi meriti (sicuramente aveva una “marcia in più”). Non ricordo in particolare qualche episodio che oggi possa risultare significativo. Può essere però interessante sapere qualche cosa dei retroscena della vicenda.

Per quel che ricordo io, in un primo momento i concorrenti al posto non erano Falcone e Meli ma Falcone e Marcantonio Motisi, che era il consigliere istruttore aggiunto e cioè il diretto superiore di Falcone, che era stato il vice di Antonino Caponnetto il cui posto, rimasto vacante, era quello oggetto del concorso. Ricordo che qualche tempo prima della delibera in Commissione mi aveva telefonato Paolo Borsellino (che era un rappresentante di spicco di Magistratura indipendente) per “raccomandarmi” Giovanni Falcone (che, sia detto per inciso, all’epoca era componente attivo e di grande rilievo della corrente di “Unità per la costituzione”) in quanto ritenuto dai componenti dell’ufficio il più idoneo. Dato che l’alternativa si poneva allora tra Falcone e Motisi chiesi a Borsellino il suo personale giudizio su Motisi: e Borsellino mi disse che era un magistrato eccezionale sotto tutti i profili, sia come giudice istruttore sia come dirittura e integrità morale (ricordo che mi disse che era un magistrato che mai avrebbe fatto o avrebbe fatto fare neppure  una telefonata a chicchessia per sostenere una sua candidatura a qualsiasi posto: e infatti nessuno lo conosceva, perché non si era rivolto mai a nessuno). Inoltre non aveva “correnti” di appartenenza a sostenerlo. Mi disse che, per rigore, onestà intellettuale e dirittura morale, era un personaggio addirittura ottocentesco che però aveva un unico difetto: che era un “solitario”, non capace o scarsamente capace di lavorare con gli altri, per cui in ufficio non “legava” tanto con gli altri magistrati (al contrario di Giovanni Falcone). Ed ecco perché gli altri componenti dell’ufficio “tifavano” per Falcone.  Motisi era però più anziano e quindi secondo il criterio della “anzianità senza demeriti” avrebbe dovuto prevalere lui. Anche perché un suo “scavalcamento” proprio da parte di un suo diretto “inferiore”, nel suo stesso ufficio,  sarebbe apparso come uno “schiaffo” ed una “delegittimazione” non meritata. Ricordo che della cosa io parlai molto con alcuni colleghi ed in particolare con Mario Agnoli e Pino Cariti con cui durante l’intera consiliatura alloggiavo in una “casa” di suore (Regina Pacis) e con cui condividevo quindi tutta la giornata. Pino Cariti faceva parte della Commissione uffici direttivi. Ricordo che alla fine il nostro gruppo (di Magistratura indipendente) si orientò nel senso di sostenere in commissione – attraverso appunto Pino Cariti – la candidatura di Motisi (credo peraltro che all’epoca Stefano Racheli avesse già manifestato il suo personale intendimento di sostenere comunque quella di Falcone). Fatto sta che personalmente rimasi convinto che il gruppo avrebbe “portato” Motisi (sul che ero d’accordo). Senonchè in Commissione spuntò, del tutto inaspettata, la candidatura di Antonino Meli, fortemente sostenuta (nonostante la presenza della candidatura di Giovanni Falcone) dalla maggioranza di Unicost.

La vicenda – davvero singolarissima – era stata la seguente. Antonino Meli aveva fatto domanda (ed era addirittura in pole position) per il posto di Presidente del Tribunale di Palermo (posto assai più importante e ben più prestigioso di quello di Consigliere istruttore dell’Ufficio istruzione dello stesso Tribunale!!!). Senonchè, avendo “fiutato” che probabilmente Motisi sarebbe stato “scavalcato” da Giovanni Falcone, aveva deciso di rinunciare al posto più prestigioso ed importante per concorrere a quello meno prestigioso ed importante di Consigliere istruttore dell’Ufficio istruzione: e questo per impedire, lui che era nettamente più anziano sia di Motisi che di Falcone, che al “povero” Motisi venisse fatto l’“affronto” dello scavalcamento da parte di un magistrato più giovane nel suo stesso ufficio. Vicenda degna di un personaggio di Pirandello che non per nulla era siciliano al pari di tutti gli altri protagonisti della vicenda!

Si aggiunga che – per quello che venni a sapere dai colleghi siciliani – Antonino Meli era tutt’altro che un personaggio di scarso spessore. Durante l’ultima guerra mondiale in cui era impegnato come pilota di aerei era stato catturato e deportato in Germania dai tedeschi in un campo di concentramento dove aveva scelto il trattamento “peggiore” per aver rifiutato ogni tipo di attività lavorativa a favore del Governo tedesco. E, in Italia, nel suo ruolo di magistrato, come Presidente della Corte di assise di Caltanissetta aveva inflitto “tonnellate” di ergastoli ai vertici di  “Cosa nostra” recandosi quotidianamente con la corriera di linea, senza alcuna scorta, da Palermo (dove abitava) a Caltanissetta (dove presiedeva la Corte di assise). Quindi, un magistrato ed un uomo di tutto rispetto, non un Carneade qualsiasi.

Fatto sta che in Commissione alla fine la maggioranza –abbandonato Motisi – si concentrò sul più anziano Meli che quindi venne al Plenum con il maggior numero di voti. Prima del Plenum vi fu una riunione di corrente dove, a maggioranza, si decise di avallare la scelta di Pino Cariti e di appoggiare la candidatura di Meli. Nonostante le mie personali riserve (Meli, a differenza di Motisi, non aveva mai fatto il giudice istruttore) e per non provocare una scissione, dagli esiti imprevedibili, della corrente (che subito dopo si verificò infatti per l’uscita dalla stessa di Stefano Racheli; e lo stesso accadde in Unità per la Costituzione da cui si distaccarono Pietro Calogero e Vito D’Ambrosio che, unitamente a Racheli, diedero vita ad una nuova organizzazione associativa, ben presto trasformatasi in vera e propria nuova corrente) accettai le indicazioni della grande maggioranza del gruppo e quindi alla fine votai per Antonino Meli.

Con il senno del poi, ho compreso – molto  tempo dopo – che in terra di Sicilia (cosa che sicuramente non sarebbe stata in Piemonte) il non votare Falcone equivaleva, agli occhi di Cosa nostra, a delegittimarlo ed isolarlo, impedendogli di continuare ad essere quello che era stato come semplice giudice istruttore:  tanto che Falcone – dopo un breve passaggio come Procuratore aggiunto alla Procura di Palermo, e dopo aver vanamente tentato di essere eletto al CSM : ma gli elettori della sua stessa corrente gli preferirono nettamente il consigliere Alfonso Amatucci, peraltro degnissima persona ed eccellente magistrato!- decise di “passare” al Ministero della giustizia, dove – con l’ostilità, per la verità anche con qualche valido motivo, della quasi totalità dei  magistrati – riuscì, nel 1991, a far nascere la “sua creatura”, la Procura generale antimafia, cui comunque non sarebbe mai riuscito ad arrivare, sia per la sua prematura uccisione, sia perché in precedenza, in una votazione della Commissione Uffici Direttivi del CSM, gli era stato comunque preferito  altro concorrente, e cioè Agostino Cordova.

5) Quale ruolo giocò il parametro dell’attitudine ovvero della specializzazione nell’attività di contrasto  alla criminalità mafiosa nel giudizio di comparazione tra i magistrati che concorrevano alla direzione dell’ufficio istruzione (e)  quanto il parametro dell’anzianità? Quali erano le regole della circolare dell’epoca sul conferimento degli incarichi direttivi, quale lo spazio rimesso alla discrezionalità del Consiglio?

Maddalena: Come ho detto rispondendo alle precedenti domande il ruolo decisivo lo giocò il criterio della maggiore anzianità. Ciò sicuramente rispondeva alle regole della circolare del CSM di quell’epoca, che tuttavia lasciava aperta qualche varco per delle eccezioni. E’ ovvio che poi anche la  sussistenza, nel caso concreto,  della eccezione che giustificasse l’abbandono della regola era rimessa alla valutazione soggettiva, molto discrezionale e poco ancorabile a parametri oggettivi, dei componenti del Consiglio.

6) Si assistette ad una votazione nella quale i componenti delle correnti non votarono in maniera compatta. Quale significato si sente di attribuire a questo fatto storico? Ebbero, in altri termini, un peso rilevante le convinzioni personali dei consiglieri o prevalsero motivazioni espressive comunque, nella diversità delle opinioni, della normale dialettica dell’esercizio dell’autogoverno della magistratura?

Maddalena: E’ vero che in quella occasione i componenti delle correnti non votarono in modo compatto. Ma non è stata quella l’unica volta. Ce ne sono state molte altre, prima e dopo. Ma vero è, invece,  che, trattandosi di una votazione in una vicenda di eccezionale importanza “politica”, ciò ebbe conseguenze deflagranti, come la scissione di ben due correnti su tre e la formazione di una nuova corrente (poi, di fatto confluita, a distanza di anni, in quella unitaria di Area, di orientamento chiaramente “di sinistra”). Difficile dire quale peso abbiano avuto, nel voto,  le convinzioni personali di ciascun componente del Consiglio e quelle espressive della normale dialettica dell’esercizio dell’autogoverno della magistratura. Certo è, a mio avviso, che il risultato finale rappresentò quello che era il sentimento diffuso all’interno del corpo magistratuale e cioè che andasse privilegiata la anzianità senza demeriti e che tendenzialmente questa regola non dovesse subire eccezioni di sorta, perché ogni eccezione poi provocava problemi insuperabili (o quasi).

7) Anche in quel caso si ventilò che l’adesione all’una o all’altra proposta avrebbe determinato uno scostamento dalla disciplina regolamentare. Allora come oggi si evocarono precedenti scelte per legittimare le rispettive posizioni.  Cosa è cambiato negli anni successivi rispetto al tema delle scelte dei posti direttivi e semidirettivi?

Maddalena: Per la verità, come ho detto sopra, tutti coloro che ebbero ad intervenire nel dibattito (io non intervenni perché restai incerto fino all’ultimo) motivarono nel senso che la loro scelta meglio rispondeva alla disciplina regolamentare. E certamente si invocarono precedenti in un senso o nell’altro.

Da allora le cose sono cambiate, ma, a mio avviso, in peggio. Nel senso che, se da un lato si è abbandonato del tutto il criticabile criterio della anzianità senza demerito, si è però andati alla ricerca di criteri oggettivi idonei a determinare il “merito” dei singoli concorrenti. Peraltro tali criteri si sono dimostrati molto velleitari e quasi  impossibili in una materia in cui la “qualità” del lavoro (che è o dovrebbe essere l’elemento fondamentale) non si può determinare, se non in minima parte, sulla base di numeri, statistiche e cose del genere. Il che appesantisce ogni pratica di carte su carte, pareri su pareri, autorelazioni su autorelazioni (io le vieterei addirittura), statistiche di qua e di là, ma alla fine non rendono veramente il profilo di ciascun candidato: anche perché i giudizi di valore sono espressi da organi e persone diverse ognuna delle quali ha i suoi personali criteri di valutazione che differiscono da persona a persona. Per cui alla fine ci si rifugia nel confronto (e quindi, poi, nella “trattativa”) tra i componenti del Consiglio e  i gruppi che costituiscono l’espressione dei vari orientamenti ideali, deontologici, professionali che ci sono (e sempre ci saranno) all’interno della magistratura.

Difficile – anche se non del tutto impossibile – trovare rimedi e correttivi veramente efficaci.

* Fonte: Giustizia Insieme

CSM Nota Meli Rovello 30 luglio 1988

giovanni-falcone

Falcone e quella notte al CSM/2

falcone csm

Falcone e quella notte al CSM/1

Trackback dal tuo sito.

Premio Morrione

Premio Morrione Finanzia la realizzazione di progetti di video inchieste su temi di cronaca nazionale e internazionale. Si rivolge a giovani giornalisti, free lance, studenti e volontari dell’informazione.

leggi

LaViaLibera

logo Un nuovo progetto editoriale e un bimestrale di Libera e Gruppo Abele, LaViaLibera eredita l'esperienza del mensile Narcomafie, fondato nel 1993 dopo le stragi di Capaci e via D'Amelio.

Vai

Articolo 21

Articolo 21: giornalisti, giuristi, economisti che si propongono di promuovere il principio della libertà di manifestazione del pensiero (oggetto dell’Articolo 21 della Costituzione italiana da cui il nome).

Vai

I link