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Ustica, una pista alla ricerca della verità

Antonella Beccaria * il . Giustizia, Informazione, Memoria

strage-ustica-l-oraAlghero e Pantelleria. A quarant’anni dal disastro di Ustica – il Dc 9 Douglas della compagnia Itavia inabissatosi nel Mar Mediterraneo la sera del 27 giugno 1980 con 77 passeggeri e quattro persone dell’equipaggio -, potrebbe passare anche da queste due località un pezzo della verità che sta dietro alla strage.

Le cita un ex maresciallo dell’Aeronautica militare. Si chiama Giuseppe Dioguardi, 59 anni, in pensione dal 2008 “un po’ per mia scelta, un po’ per opportunità”. Lasciato il mondo militare, oggi fa l’agente televisivo e già nel 2013 era stato sentito in procura a Roma dai pubblici ministeri Maria Monteleone ed Erminio Amelio.

In quell’occasione, a cui seguì un’intervista all’Huffington Post rilasciata ad Andrea Purgatori, aveva parlato di due Mirage di nazionalità francese, un Tomcat americano e un Mig libico. Lo sapeva perché la sera del 27 giugno 1980 si trovava per caso nella sala operativa della Prima regione aerea a Milano. Con le sue dichiarazioni, aveva avvalorato la pista del missile o più in generale di un’operazione di guerra nei cieli italiani.

E a distanza di anni, Dioguardi – figlio di un militare e con una carriera in uniforme iniziata a 16 anni – torna sull’argomento e insiste su un tema: “Occorre sapere come andare a cercare la documentazione”.

I registri

La documentazione è proprio il tema che lega Alghero e Pantelleria, nelle parole dell’ex maresciallo.

Lo sa perché, nel gennaio 1982, venne trasferito dalla Prima regione aerea di Milano a Roma, venendo assegnato alla segreteria particolare del ministero della Difesa. In quella sede, rimase al servizio di cinque ministri (Lelio Lagorio, Giovanni Spadolini, Remo Gaspari, Valerio Zanone e Mino Martinazzoli) e gli venne assegnato un Nulla osta sicurezza (Nos) al massimo livello. Poi chiese il trasferimento a Bari, sua città d’origine, alla segreteria particolare del comandante della Terza regione aerea che, come le altre presenti sul territorio (una a Roma e tre in altrettante città), “sono i custodi della documentazione classificata della Forza Armata”.

“I documenti classificati”, afferma Dioguardi, “ma soprattutto i documenti di alta classifica esistono a vita perché vengono catalogati non solo nei registri di protocollo, ma anche nei registri di controllo. Qui si annotano tutte le visioni, i passaggi, le copie e il luogo in cui sono conservati fisicamente”.

Nel 2013 disse che gli uomini della polizia giudiziaria che lavoravano con il giudice istruttore Rosario Priore, il magistrato che più in sede penale si è avvicinato alla verità sul Dc9, “arrivarono a cinque centimetri” da una ricostruzione completa di ciò che avvenne il 27 giugno 1980, ma la mancata conoscenza del funzionamento dei registri impedì loro di individuare documenti utili ancora esistenti.

Il carburante

Ma a parlare non ci sarebbero solo questi.

Anche i documenti distrutti lasciano una traccia, un verbale che “viene firmato da tre persone distinte, separate e che non hanno catena gerarchica tra di loro. Tutto questo lo conosce solo chi ci ha lavorato all’interno”. Dioguardi li ha visti, quei verbali, e nel periodo in cui ha prestato servizio a Bari ha anche avuto modo di apporre la sua firma.

In base a questo retroterra professionale parla di Pantelleria e Alghero. L’isola in provincia di Trapani fino al 2016 aveva un aeroporto militare poi convertito al traffico civile. Qui, secondo Dioguardi, sarebbe atterrato un Mig libico – il secondo di cui si è parlato nella vicenda di Ustica, l’altro invece sarebbe quello precipitano sulla Sila – per fare rifornimento. “Se è atterrato perché non controlliamo? Avendo consumato carburante, perché non vediamo il deposito carburanti? Tra i documenti che non vengono distrutti ci sono quelli dei rifornimenti perché significano denaro che deve rientrare. La legge aerea prevede che ci sia il mutuo soccorso del carburante e poi si chiedono i soldi alla nazione dell’aereo”.

A Pantelleria e Ustica si legherebbe, nella ricostruzione dell’ex maresciallo, anche il decesso di un generale, ai tempi colonnello. È Antonio Scarpa, morto il 2 dicembre 2010 nel reparto di rianimazione del Policlinico di Bari. Era ricoverato lì dal 27 settembre precedente, quando era stato ritrovato con gravi ferite alla testa in un appartamento della città vecchia. All’inizio non si escluse l’aggressione, ma poi si parlò di incidente in casa.

I piani di volo

Qualcosa di analogo a quello che sarebbe accaduto a Pantelleria potrebbe essere successo al distaccamento militare di Alghero, dove la sera del 27 giugno 1980 sarebbe atterrato un aereo da guerra francese in deficit di carburante al punto da non poter raggiungere la base corsa di Solenzara, quella da cui – testimoniò il generale di carabinieri Nicolò Bozzo – ci fu molto movimento di caccia a ridosso dell’abbattimento del Dc9.

Anche qui sarebbe rimasta traccia di un rifornimento e traccia potrebbe essere rimasta anche dei piani di volo, altro documento che non può sparire nel nulla e che rogatorie italiane avrebbero chiesto a Parigi.

A partire dal 27 giugno 1980 e negli anni a seguire, dice ancora Dioguardi, ci sarebbe stata infine una moria – o una riconversione – di strutture militari sensibili per i fatti di quella sera. Tra queste il centro radar di Crotone, da dove si avrebbe potuto ricostruire cos’era accaduto sulla Sila, e quello di Jacotenente, vicino a Foggia. In parallelo, nel gennaio 1981, è stata smantellata anche la squadriglia radar di Lamezia Terme.

“In quegli anni lì”, conclude Dioguardi, “l’Aeronautica veniva vista da tutti come un posto pieno di gente che mistificava la verità. Non è così. Solo alcuni, pochi, lo hanno fatto. Perché? Un generale non agisce di suo impulso, prende ordine da un politico”.

* Fonte: Antimafia Duemila

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