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La criminalità predatoria e quel senso di impunità per i delinquenti

Piero Innocenti il . Criminalità, SIcurezza

arresto_poliziaA distanza di molti anni ormai dal mio pensionamento dalla Polizia di Stato, non ho perso l’abitudine, ogni mattina di buon’ora, di dare una (attenta) sbirciata alla rassegna stampa locale di tutte le province pubblicata sul sito istituzionale.

Ho la possibilità, in questo modo, di avere un quadro generale, arricchito talvolta da alcune informazioni che riesco ad avere da qualche poliziotto ancora in servizio, sull’andamento della delittuosità e sulle iniziative che a livello centrale e periferico vengono eventualmente adottate per fronteggiarla.

Continuo, così, ad avere le ansie e le preoccupazioni che, sia pure attenuate, avvertivo in particolare negli ultimi nove anni della mia carriera quando ho assolto in tre città le funzioni di questore. Uno stato d’animo che non è imputabile a qualche forma di ossessione ma alla semplice e banale voglia di continuare a capire fino a che livello di negligenza politica si riesca ad arrivare nei confronti delle forze di polizia.

Soprattutto ora che alla ripresa della mobilità delle persone e del commercio in tutto il paese si cerca di tornare a quella “normalità” da tutti invocata e che per la delinquenza di strada (quella che maggiormente preoccupa la gente) significa tornare ad “arraffare”, a rapinare, a truffare, a fare razzie nelle case (vuote e con i proprietari, senza distinzione).

E, punto ancor più dolente, dover annotare sempre più spesso, da anni, come anche nei casi in cui i malviventi di strada vengono arrestati in flagranza da poliziotti e carabinieri, tutto si risolva con la convalida dell’arresto da parte del Gip, l’eventuale giudizio direttissimo con una condanna (nella stragrande maggioranza dei casi con la pena sospesa), gli arresti domiciliari (da dove si può tranquillamente continuare a delinquere, come l’esperienza dimostra) o altri obblighi disposti dal giudice (di presentazione alla polizia giudiziaria, divieto e obbligo di dimora, il divieto di espatrio) che non consentono quella opportuna e tranquillizzante per i cittadini “neutralizzazione” di un soggetto che ha compiuto delitti, anche gravi.

Da anni, ormai, le carceri italiane sono “sovraffollate” (oltre diecimila presenze in più) e anziché costruirne di nuove o ampliare quelle esistenti per portare la loro capacità ricettiva almeno a settantamila posti rispetto agli attuali  cinquantunomila circa, si è fatto ricorso a norme e procedure che hanno contribuito, involontariamente ma prevedibilmente, a far crescere la delinquenza di strada rendendo il nostro paese “tra quelli democratici” quello più appetibile per i criminali (come ci ha ricordato, oltre due anni fa, la Commissione parlamentare antimafia della Bindi con la sua relazione conclusiva, devo pensare poco letta da deputati e senatori).

Così,  tornando a questi ultimissimi giorni tanto auspicati di voglia di “normalità”, sono riprese le rapine in villa (a Ombriano, nel cremonese, con un anziano preso in ostaggio e ferito da due malviventi); alla periferia di Latina; a bancomat fatti esplodere nottetempo (a Brescia); a finti corrieri che rapinano una persona disabile dopo essersi introdotti nella sua abitazione (Casal Monastero, Roma); a rapinatori che assaltano il portavalori presso l’ufficio postale nel casertano; per arrivare agli omicidi a colpi di kalashnikov, a Cassano, nelle piane di Sibari, del figlio di un boss assassinato nel lontano 1992 e a quello di Trinitapoli, dove il cugino di un mafioso locale è  stato freddato con tre colpi di pistola al volto.

Una “normalità” che si dovrebbe auspicare pensando seriamente, non a chiacchiere, a dare “ossigeno” (risorse umane) alla Polizia di Stato e ai Carabinieri di cui la politica si ricorda con belle parole solo in occasione degli anniversari delle loro fondazioni.

La ripresa della criminalità di strada: c.v.d.

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