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Emergenza Covid-19 e tutela dell’ordine pubblico

Piero Innocenti il . Istituzioni, SIcurezza, Società

polizia_controlli_covid_194Mentre gli uffici delle Procure della Repubblica si andavano ulteriormente ingolfando con le decine di migliaia di denunce ex art.650 del c.p. (norma che prevede sanzioni modeste) fatte dalle forze di polizia e da quelle locali per inosservanza dei divieti sulla mobilità connessi all’emergenza sanitaria e qualche p.m (Milano, Genova) ipotizzava l’applicazione di norme più severe (l’art.260 del testo unico delle leggi sanitarie del 1934), il Governo ha deciso, saggiamente, di introdurre sanzioni amministrative per le violazioni delle misure di contenimento dell’epidemia.

E lo ha fatto con il decreto legge n.19 del 25 marzo scorso – entrato in vigore il 26 – stabilendo, appunto, che da quella data, ai comportamenti che costituiscono violazione delle misure disciplinate con DPCM o di quelle previste nei provvedimenti temporanei delle Regioni o dei Sindaci, “non si possono applicare le pene previste dall’art.650 c.p., né qualsiasi altra pena o sanzione amministrativa prevista da leggi speciali per violazione delle prescrizioni imposte da emergenze sanitarie”.

In questo senso la circolare del Dipartimento della Pubblica Sicurezza emanata il 27 marzo e indirizzata a tutte le Prefetture, Questure, ai Comandi Generali dell’Arma dei Carabinieri e della Guardia di Finanza, ai Ministeri delle Infrastrutture e dei Trasporti e della Giustizia. Circolare con la quale vengono date “indicazioni operative” per fare in modo che ci siano uniformi procedure di contestazione di tali illeciti amministrativi nell’azione di controllo che debbono svolgere le forze di polizia e quelle locali e nella competenza ad irrogare le relative sanzioni.

Sanzione di 400 euro per il trasgressore che non utilizza un veicolo (il pedone che circola in strada, all’interno di una stazione ferroviaria) ma con la riduzione del 30% (quindi 280 euro), quando il pagamento è effettuato entro 30 giorni dalla contestazione o notificazione del verbale (il termine di 5 giorni previsto dall’art.202 del Codice della Strada è stato dilatato a 30 giorni e fino al 31 maggio p.v. con il decreto legge 18/2020). E’ prevista la maggiorazione di 1/3 della sanzione da pagare (533 euro) nella ipotesi in cui il trasgressore sia conducente del veicolo o sia semplicemente passeggero, ma anche in questi casi è possibile il pagamento in forma agevolata con la riduzione del 30% (373,34 euro) secondo i tempi sopra indicati.

Le procedure per le applicazioni delle sanzioni sono quelle in vigore con la legge 689/1981 e, quindi, spetta al Prefetto per le violazioni del DPCM ricevere il rapporto nel caso di mancato pagamento in misura ridotta per adottare l’ordinanza-ingiunzione di pagamento. La competenza, invece, è del Presidente di Regione o del Sindaco nella ipotesi di violazioni relative a provvedimenti temporanei da loro adottati.

Va anche ricordato che in questa fase di perdurante emergenza sanitaria è sospeso il procedimento di irrogazione delle sanzioni fino al 15 aprile p.v (sono prevedibili ulteriori proroghe). Il decreto legge 19/2020 stabilisce, inoltre, che per il pagamento in misura ridota si faccia riferimento all’art.202 del Codice della Strada che prevede, alternativamente, che ciò possa avvenire, in contanti o con strumenti di pagamento elettronico, presso l’ufficio da cui dipende l’accertatore o tramite versamento in conto corrente postale o, se l’amministrazione lo consente, tramite conto corrente bancario (quest’ultima è l’unica modalità di pagamento per le violazioni accertate dalle forze di polizia, i cui proventi sono destinati allo Stato, con IBAN IT2A0100003245350014356006, intestato alla Tesoreria Centrale di Roma).

Tutto questo mentre si è in attesa di direttive sul “declassamento a violazione amministrativa” delle denunce ex art.650 c.p. inoltrate all’autorità giudiziaria sino al 25 marzo scorso.

L’impiego delle Polizie municipali

Quante volte abbiamo sentito parlare negli ultimi anni, anche ai massimi livelli istituzionali, della necessità di coinvolgere di più nella generale azione di tutela dell’ordine pubblico e della sicurezza anche le polizie locali?

Direi spesso ed io stesso, pur avendo avanzato alcune riserve in relazione, in particolare, ad una non adeguata preparazione specifica del suddetto personale, le cui funzioni prioritarie sono rivolte all’azione di polizia amministrativa in generale nelle tante dimensioni e rilievi che ha, penso che nella attuale gravissima emergenza epidemica il loro coinvolgimento sia essenziale.

Coinvolgimento che deve avvenire in ogni provincia “nel contesto delle prerogative riservate dalla legge al Prefetto quale autorità provinciale di pubblica sicurezza, cui compete la funzione di coordinamento dei compiti e delle attività degli ufficiali e agenti di pubblica sicurezza”. E’ il passaggio di una nota del Gabinetto del Ministro dell’Interno, a firma del prefetto Piantedosi, inviata un paio di giorni fa a tutti i Prefetti e per conoscenza al Capo della Polizia-Direttore Generale della Pubblica Sicurezza, dopo che al Viminale erano pervenuti “anche in via informale, numerosi quesiti” (alcuni Presidenti di Regione e Sindaci) sulla possibilità da parte delle Polizie locali di procedere – come fanno tutti gli appartenenti alle Forze di polizia – agli accertamenti e alle contestazioni delle violazioni amministrative in tema di divieti di mobilità recentemente disposte dallo Stato con il decreto legge 19/2020.

Quesiti ai quali ha sollecitamente risposto il Ministro dell’Interno con la suddetta nota ma che, francamente, evidenziano anche la carenza dei “fondamentali” in tema di conoscenza di leggi, per esempio quella sulla depenalizzazione (689/1981), sul sistema dell’Amministrazione della pubblica sicurezza (121/1981). E, dunque, riepiloga il Viminale, ricordando subito come con il provvedimento normativo suindicato (e con la direttiva dello stesso Ministro dell’8 marzo) si richiamino per tutti funzioni e prerogative del Prefetto, a cominciare dalla tutela dell’ordine pubblico e della sicurezza “rispetto ad eventuali turbative che dovessero derivare sia dal mancato rispetto delle misure stabilite a salvaguardia della salute dei cittadini, sia dalla compromissione del buon funzionamento di tutte quelle attività e iniziative adottate dalle Istituzioni per il superamento della presente fase emergenziale”.

E si ricorda come spetti ai Prefetti la funzione di assicurare l’esecuzione delle misure emergenziali avvalendosi delle Forze di polizia e, più in generale, di tutti coloro che hanno la qualifica di ufficiali e agenti di pubblica sicurezza, qualifica che il Prefetto conferisce al personale di Polizia municipale che, perciò, collabora nel territorio di competenza con le forze statali a garanzia dell’ordine pubblico e della sicurezza.

Relativamente, quindi, all’accertamento delle violazioni amministrative su richiamate e sanzionate ai sensi dell’art.4, tutto il personale delle Polizie municipali con la qualifica di agente di pubblica sicurezza può procedere in tal senso, tanto più che già con legge 1989/681 gli ufficiali e agenti di polizia giudiziaria (e quelli delle polizie locali vi rientrano) possono già procedere ad accertare violazioni punite con la sanzione amministrativa. Per le irrogazioni di tali sanzioni rimane la distinzione tra il ruolo dei Prefetti cui compete l’applicazione per le violazioni delle misure disposte dalle Autorità statali e quello di Regioni e Comuni di gestire i procedimenti sanzionatori per le violazioni di eventuali provvedimenti limitativi emessi.

La “passeggiata” dei bambini e la “frittata ormai fatta”

Ha suscitato diverse polemiche, soprattutto di alcuni Presidenti di Regione e di  Sindaci, la circolare del 31 marzo del Ministero dell’Interno, inviata a tutti i Prefetti, contenente “chiarimenti sul divieto di assembramento e spostamenti di persone fisiche” in relazione alla emergenza epidemiologica da Covid-19 ed in particolare sulla possibilità di una “passeggiata” all’aria aperta per i bambini che era stata sollecitata, nei giorni scorsi, anche da diverse associazioni e famiglie.

Molti hanno criticato la ministra dell’interno Lamorgese per questa nota, diretta ad estendere tali indicazioni alle forze di polizia “quotidianamente impegnate nella ricerca di un giusto equilibrio tra l’attenta vigilanza sulla corretta osservanza delle misure (..) e la ragionevole verifica dei singoli casi”. La nota, a firma del Prefetto Piantedosi, Capo di Gabinetto del Ministro dell’Interno, leggendola bene, consente “ad un solo genitore, camminare con i propri figli minori in quanto tale attività può essere ricondotta alle attività motorie all’aperto, purché in prossimità della propria abitazione”.

Un’attività, dunque, di media intensità (camminare) svolta limitatamente nei pressi della propria casa soprattutto  per dare un “sollievo” ai tanti bambini che stanno vivendo questo dramma nazionale.

Era prevedibile che la nota avrebbe determinato le reazioni di molti amministratori e, francamente, penso che sarebbe stato meglio non farla.

Non mi stupirei, peraltro, se la ministra Lamorgese, sempre molto prudente e lungimirante, sia venuta a conoscenza di questa nota solo quando era stata già inoltrata dal suo diretto collaboratore Piantedosi che già in passato, lo ricordiamo, quando svolgeva la stessa funzione con l’allora ministro Salvini, era quello che firmava spesso circolari attesa la modesta presenza in ufficio del Ministro. Ma, si sa, in queste situazioni tutto è imputabile al vertice istituzionale che, comunque, è rimasto silenzioso.

Per lei ha parlato il Presidente del Consiglio che in una diretta serale televisiva del primo aprile, annunciando lo spostamento in avanti, sino al 13 aprile, delle restrizioni adottate su tutto il territorio nazionale, ha categoricamente sottolineato a “frittata ormai fatta” e vestendo la toga di abile avvocato quale è, di  non aver autorizzato l’ora del passeggio con i bambini “ma di aver soltanto detto che quando un genitore va a fare la spesa, se è da solo, si può consentire anche l’accompagno di un bambino”. Una precisazione di cui non si rileva traccia nella nota ministeriale suddetta.

L’emergenza sanitaria e la tenuta “emotiva” del Paese

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