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Bilancio antidroga, provvisorio, di fine anno

Piero Innocenti il . Droga, Mafie

downloadProviamo a fare qualche sintetica considerazione sul bilancio, provvisorio, dell’attività di contrasto al narcotraffico svolta dalle forze di polizia e dalle dogane nell’anno appena concluso (i dati statistici, non stabilizzati, sono ricavati dai report mensili elaborati dalla Direzione Centrale per i Servizi Antidroga del Dipartimento della Pubblica Sicurezza).

Nonostante gli “allarmi” lanciati, a ragione, sul consumo di stupefacenti (“in crescita esponenziale” come dichiarato dallo stesso ministro dell’interno Lamorgese ad ottobre scorso), sulla esigenza di attivare anche “piani speciali antidroga” (sempre Lamorgese, novembre scorso) ed almeno due direttive ministeriali, una di fine 2018 dell’allora ministro Salvini e l’altra di ottobre 2019 dell’attuale Ministro dell’Interno, finalizzate alla prevenzione e al contrasto dello spaccio con cui, tra l’altro, si sottolineavano “interventi straordinari di maggior impatto”, non si può certo dire che, complessivamente, siano stati conseguiti gli obiettivi auspicati (a parte il record nei sequestri di cocaina, oltre 7 tonnellate) rispetto ad un fenomeno sociale e criminale fuori controllo che richiederebbe più risorse umane per le forze di polizia, norme adeguate e più prevenzione.

Sono state, infatti, circa 24mila le operazioni antidroga effettuate nel 2019 contro le 25.999 del 2017 e le 25.596 del 2018 che hanno portato al sequestro complessivo di oltre 50mila chilogrammi di stupefacenti a fronte degli oltre 117mila kg del 2017 e dei 123mila kg del 2018.

Diminuite, quindi, anche le persone denunciate all’autorità giudiziaria per traffico/spaccio/associazione finalizzata al traffico, circa 29 mila (di cui 11.700 stranieri) contro le 35.745 (di cui 14.217 stranieri) del 2018 e 35.517 del 2017.

Diminuiti anche i sequestri di piante di cannabis coltivate tra le mura domestiche o nei campi, scese a poco più di 200mila a fronte delle 523.176 del 2018 e 269.781 del 2017. Sul punto, comunque, si è rilevato un incremento apprezzabile delle province coinvolte anche se, in diversi casi, si è trattato di sequestri di un numero minimo di piantine verosimilmente destinate alla produzione per il consumo personale del coltivatore.

Risultati decisamente interessanti invece sul fronte delle droghe sintetiche con oltre 51mila compresse sequestrate (record degli ultimi cinque anni) di cui 32mila nel solo mese di ottobre e più di 80kg di amfetamine in polvere (erano stati 76kg nel 2018 e 167kg nel 2017).

Diminuiti anche i sequestri di tutte quelle sostanze che la DCSA cataloga come “altre droghe” e che includono, ad esempio, bulbi di papavero da oppio, ketamina, khat, metadone, oppio, psilocibina, rivotril ecc.. che sono state pari a oltre 5mila compresse (7.534 nel 2018) e poco più di 650kg (contro i 799kg del 2018).

La cocaina domina il mercato degli stupefacenti in Italia

Stando ai dati, sia pure non consolidati, elaborati dalla Direzione Centrale per i Servizi Antidroga (DCSA) il 9 dicembre scorso sull’azione di repressione svolta dalle forze di polizia e dalle dogane in ambito nazionale, i sequestri di cocaina, 7.561,596kg di quest’anno, rappresentano il record assoluto per il nostro paese. In generale, infatti, negli ultimi venti anni la media annuale si era attestata intorno ai 4.500kg con il picco di 6.348,43kg del 2011.

Il mercato italiano continua ad essere rifornito per la maggior parte dalla cocaina di produzione colombiana che proviene, oltre che dalla stessa Colombia, dal Brasile, Ecuador, Spagna, Argentina, Repubblica Dominicana, Olanda.

Ai due ingenti sequestri avvenuti a gennaio nei due porti di Genova (oltre 2.000kg) e di Livorno (620kg), si sono sommati quelli di novembre, ancora a Livorno con oltre 450kg e nel porto di Gioia Tauro con 1.200kg. Le indagini sono ancora in corso ma è scontata la gestione della ‘ndrangheta per traffici di questa portata che interessano, in realtà, non soltanto alcuni porti italiani ma anche quelli di altri paesi dell’UE.

E’ quanto si rileva dalla Relazione europea sulla droga 2019 (ma i dati sono del 2017) curata dall’EMCDDA di Lisbona, secondo cui sono stati oltre 44mila i kg di cocaina sequestrati nei porti belgi, più di 40 mila quelli intercettati nei porti spagnoli, 17mila quelli scoperti nei porti francesi e oltre 14mila i kg bloccati in quelli olandesi, per un  totale in tutta l’UE di poco più di 140.000kg di cocaina.

Traffico e spaccio di cocaina che, da noi, vedono coinvolti in prevalenza italiani (circa il 60% sul totale delle persone denunciate all’autorità giudiziaria in questi primi undici mesi del 2019) mentre il restante 40% è di nazionalità straniera, in particolare albanese, marocchina, tunisina, nigeriana, senegalese.

Oltre ai sequestri delle droghe “tradizionali” (558kg di eroina, 19.523kg di hashish e 19.826kg di marijuana) e di quelle sintetiche (50.816 pillole e circa 75 kg in polvere), si rilevano incrementi apprezzabili anche nei sequestri che la DCSA cataloga come “altre droghe” e che nel 2019 sono già state 4.696 compresse e 560,917 kg. Si è trattato, per lo più di bulbi di papavero (una volta essiccati possono contenere tracce di morfina),di khat, di ketamina, di metadone, di rivotril (clonazepam), un farmaco a base di benzodiazepina venduto come droga di strada, di xanax (alprazolam), di oppio.

Cannabis: dopo lo “sdoganamento culturale” quello “giudiziario”?

Con un sorprendente (almeno per chi scrive) cambio di orientamento giurisprudenziale, il 19 dicembre scorso, la Corte di Cassazione, a Sezioni Unite, ha ritenuto non riconducibile alla sanzione penale le coltivazioni di minime dimensioni di cannabis fatte in casa e destinate esclusivamente all’uso personale del coltivatore.

Viene, così, superato il precedente orientamento del 2008 con cui la stessa Corte, sempre a Sezioni Unite, aveva ritenuto che la coltivazione di cannabis costituisse reato a prescindere dal fatto della sua destinazione ad uso personale. Si pone, così, fine alle precedenti oscillazioni giurisprudenziali delle singole Sezioni della Suprema Corte e, in attesa di conoscere le motivazioni di questa recente decisione, proviamo  a fare qualche sintetica considerazione.

Appare, intanto, fuorviante affermare che è legale coltivare marijuana per uso personale come è apparso nei titoli di alcuni quotidiani perché nella decisione della Corte si legge come il reato di coltivazione di stupefacenti sia configurabile “indipendentemente dalla quantità di principio attivo ricavabile nell’immediatezza” essendo “sufficienti la conformità della pianta al tipo botanico previsto e la sua attitudine a giungere a maturazione per produrre sostanza stupefacente”.

Tuttavia, ed è questa la novità rilevante, non sono sanzionabili penalmente, “le attività di coltivazione di minime dimensioni svolte in forma domestica che per le rudimentali tecniche utilizzate, per lo scarso numero di piante, per il modestissimo quantitativo di prodotto ricavabile, per la mancanza di ulteriori indizi di un loro inserimento nell’ambito del mercato degli stupefacenti, appaiono destinati in via esclusiva all’uso personale del coltivatore”.

Dunque, sarà necessario, di volta in volta, nelle varie situazioni di operazioni antidroga svolte dalle forze di polizia, verificare attentamente se ricorrono tutte quelle condizioni indicate dalla Cassazione. E non sarà affatto semplice per la polizia giudiziaria anche se non mancheranno le opportune direttive delle singole Procure della Repubblica per avere un quadro di riferimento uniforme nell’ambito del Circondario.

Quale sarà il numero di piante di cannabis per ritenere una coltivazione domestica di minime dimensioni? Un ambiente domestico, per esempio una cantina, un piccolo garage, attrezzati con un aspiratore d’aria, un paio di lampade alogene, un deumidificatore, un timer e un tubo per l’irrigazione, saranno considerati sistemi rudimentali o avanzati? La presenza di un bilancino di precisione e di un congegno per confezioni sottovuoto, saranno indizi di un prodotto destinato allo spaccio?

Di certo, elementi importanti potranno emergere da pregresse indagini e dall’eventuale coinvolgimento in attività di traffico/ spaccio della/e persone sottoposte ai controlli, ma non c’è dubbio che non mancheranno punti di contrasto. Gli stessi che continuano a rilevarsi a proposito della vendita della cannabis light in molti negozi italiani dopo che, a metà anno, le Sezioni Unite della Cassazione avevano sancito il divieto di vendita ex art. 73 del testo unico sugli stupefacenti di tali sostanze “salvo che i prodotti siano in concreto privi di efficacia drogante”.

Un bel grattacapo, anche questo, per gli operatori di polizia chiamati ogni giorno ad un’azione antidroga senza sosta. Il tema delle droghe, peraltro, di tanto in tanto, è oggetto di speciale attenzione politica con tentativi di realizzare quello “sdoganamento culturale”, molto pericoloso, cui aveva fatto cenno un paio di mesi fa lo stesso Capo della Polizia a San Patrignano.

E’, così, naufragato, almeno per ora, il tentativo di inserire la commercializzazione della cannabis light nella legge di bilancio approvata al Senato il 16 dicembre. Punto che ha indotto qualche parlamentare a parlare di pericolo scampato di uno “Stato spacciatore” dimenticando un altro aspetto, pure importante, ma ignorato che la ricchezza del nostro Paese (il PIL) si alimenta già, da alcuni anni, dei proventi illeciti (stimati) derivanti dal narcotraffico oltre che dalla prostituzione e dal contrabbando di sigarette. E su questo nessuno batte ciglio.

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