NEWS

Famà, Bodenza, Lizzio: tre omicidi, un unico disegno criminale

Giacomo Carpinteri il . Memoria, Sicilia

8novembreNell’aula “21 Marzo” del dipartimento di Scienze politiche e sociali dell’Università di Catania si è tenuto l’incontro dal titolo “1992-1995, Famà-Bodenza-Lizzio. Analisi di un unico disegno criminale”. L’attività rientra nei 100 passi verso il 21 marzo che Libera Catania sta portando avanti per la giornata nazionale che, nel 2020, si terrà proprio in Sicilia, a Palermo.

Ed è proprio confrontandosi con Palermo che la narrazione degli omicidi di Serafino Famà, Luigi Bodenza e Giovanni Lizzio viene portata avanti. Catania è una città in cui si è tradizionalmente detto che la mafia non esistesse. Si parlava di criminalità organizzata, anche specializzata, ma non mafiosa; e semmai si fosse dovuto parlare proprio di mafia, comunque questa non aveva mai raggiunto la violenza palermitana. Questa ricostruzione è stata ripetuta così tante volte, maliziosamente aggiungerei, che nell’immaginario collettivo l’unica vittima innocente uccisa a Catania è Pippo Fava. A Palermo, quindi, c’era la mafia, lì si moriva. E la strategia catanese ha funzionato, considerato che, mentre a Palermo le famiglie sono state azzerate, a Catania le strutture criminali sono rimaste in piedi.

In realtà la mafia aveva già colpito lo Stato il 10 Novembre 1979, quando per rapire Angelo Pavone, detto faccia d’angelo, aveva ucciso 3 carabinieri: Giovanni Bellissima, Salvatore Bologna e Domenico Marrara in quella che è conosciuta, o forse bisognerebbe dire “sconosciuta”, come la strage del casello di San Gregorio. E l’uccisione di queste altre tre persone, oltre quella conosciuta di Fava, dimostra come sia fondamentale svolgere un esercizio di memoria collettiva in una città che continua a vivere grandi contraddizioni e che, oltre a non fare i conti con il proprio passato, sembra aver lasciato immutati certi comportamenti molto utili alle mafie.

Il dottor Sebastiano Ardita ricostruisce la storia delle tre vittime. Giovanni Lizzio era un ispettore di polizia con un forte senso di attaccamento al dovere ed era specializzato nella lotta alle estorsioni, all’epoca considerate normali. La sua morte fu “necessitata”; i palermitani imposero tale omicidio per far allentare l’attenzione da Palermo, a seguito della strage di via D’Amelio. La morte di Luigi Bodenza, poliziotto penitenziario, rientra nell’ambito della strategia terroristica di Cosa nostra. All’atteggiamento prudente di Nitto Santapaola si sostituisce la politica corleonese dell’attacco frontale. Anche in questo caso era stata una scelta “necessitata”. Serafino Famà, avvocato penalista molto rispettato, ucciso perché era molto rigoroso nella sua professione. Sebbene in questo caso non si possa parlare di cosa nostra catanese, l’omicidio rientra nella mentalità mafiosa di punire colui che non si piega alle richieste di un boss.

Nel secondo momento dell’incontro si è dato voce ai famigliari che hanno raccontato la loro esperienza, mostrando come possa nascere qualcosa dal vuoto che una morte così violenta può lasciare. Da Antonio Guglielmino, ragazzo 16nne che ha scoperto la storia di suo nonno e ha deciso di raccontarla, facendo notare come il maggior dolore è proprio non averlo potuto conoscere, a Flavia Famà, che per dieci anni ha “negato” il suo dolore di figlia che perde il padre a 13 anni e che grazie a Libera ha trasformato quel dolore in impegno, spingendosi all’infuori dei confini nazionali con Libera Internazionale, per finire con Pietro Bodenza che ha perso il fratello e che, grazie a Libera, ha trasformato il ricordo personale in condivisione ed è entrato nel carcere dove il fratello lavorava per raccontare la propria storia. Libera è specializzata nel coltivare la memoria per trasformarla in qualcosa di positivo, e come soci di Libera abbiamo il dovere di mantenere questa qualità.

Vorrei concludere riprendendo le considerazioni che il dottor Ardita faceva: “ipotizzare che si possa combattere cosa nostra coi carri armati è sbagliato”. Diciamo spesso che la memoria deve diventare impegno, e questo impegno deve mirare alla giustizia sociale. L’antimafia è facile quando si parla con chi ha il portafoglio pieno; noi dobbiamo cercare di entrare nei quartieri dove Cosa nostra, e le mafie in generale, “offrono” ai giovani una soluzione alla povertà che la società ha lasciato loro.

Trackback dal tuo sito.

Premio Morrione

Premio Morrione Finanzia la realizzazione di progetti di video inchieste su temi di cronaca nazionale e internazionale. Si rivolge a giovani giornalisti, free lance, studenti e volontari dell’informazione.

leggi

LaViaLibera

logo Un nuovo progetto editoriale e un bimestrale di Libera e Gruppo Abele, LaViaLibera eredita l'esperienza del mensile Narcomafie, fondato nel 1993 dopo le stragi di Capaci e via D'Amelio.

Vai

Articolo 21

Articolo 21: giornalisti, giuristi, economisti che si propongono di promuovere il principio della libertà di manifestazione del pensiero (oggetto dell’Articolo 21 della Costituzione italiana da cui il nome).

Vai

I link