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Rimpatri e “paesi sicuri”, continua la propaganda

Piero Innocenti il . Migranti, SIcurezza

Individuati-13-Paesi-sicuri-espulsioni-e-rimpatri-facili-dei-richiedenti-la-protezione-internazionale-777x437Alcuni giorni fa il Ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, ha annunciato, esultando, che i rimpatri degli stranieri irregolari dal nostro Paese verso quelli di origine aumenteranno a breve grazie al decreto che ha adottato di concerto con i Ministri dell’Interno e della Giustizia.

Si tratta di uno stringato provvedimento (4 articoli in tutto ed un preambolo) in fase di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale con cui vengono indicati tredici Paesi ritenuti “sicuri” e verso i quali, quindi, si possono ipotizzare “rimpatri” con maggiore sollecitudine, dopo altrettante rapide istruttorie, di quei stranieri ai quali le Commissioni territoriali avranno respinto le domande eventualmente presentate per il riconoscimento dello status di rifugiato o di altre forme di protezione internazionale.

Le informazioni su questi Paesi “sicuri” sono state acquisite, tramite Ministero dell’Interno, dalla Commissione Nazionale per il diritto d’asilo, mentre con un appunto (numero 167189 dell’1 ottobre scorso) di cui è ignoto l’autore, sono stati trasmessi gli elementi di valutazione redatti dai competenti uffici del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale.

Dei tredici Paesi considerati “sicuri” (Albania, Algeria, Bosnia-Erzegovina, Capo Verde, Ghana, Kosovo, Macedonia del Nord, Marocco, Montenegro, Senegal, Serbia, Tunisia e Ucraina), solo tre (Tunisia, Algeria e Marocco) sono tra i primi dieci Paesi di provenienza degli stranieri soccorsi/sbarcati sulle nostre coste  (poco meno di diecimila nel corrente anno) con una incidenza numerica di circa un terzo sul totale.

Questa puntualizzazione sulla “sicurezza” dei Paesi di origine è stata fatta introducendo l’art.2bis al decreto legislativo 28 gennaio 2008 n.25 di attuazione della direttiva 2005/85/CE recante norme minime per le procedure applicate negli Stati membri ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di rifugiato.

Si tratta, ancora, di tentativi sostanzialmente inefficaci per affrontare le straordinarie problematiche collegate all’ultra ventennale fenomeno migratorio proveniente dall’Africa che sta riguardando il nostro Paese ed altri dell’UE. Un fenomeno che assumerà dimensioni ancora maggiori nei prossimi anni con probabili ripercussioni sociali perché non ci saranno espulsioni e rimpatri che tengano per alleggerire l’impatto su tutto il Continente europeo.

Rimpatri già difficili oggi per la mancanza di accordi con i Paesi di provenienza degli stranieri, accordi politici (ma anche semplici intese, accordi tecnici o memorandum) che riesce sempre più difficile raggiungere come dimostrano i casi con la Costa d’Avorio (un negoziato, per la conclusione di un accordo tecnico in materia migratoria e di rimpatrio, che va avanti dal 2015), con il Ghana (negoziato avviato nel dicembre 2015), con il Senegal (avviato nel marzo 2016), con Skri Lanka ed Ucraina (ancora si stanno esaminando bozze di anni fa di protocolli esecutivi in tema sempre di rimpatri).

Rimpatri (forzati e volontari) per i quali è possibile attingere da un apposito Fondo Europeo (diverse decine di milioni di euro ogni anno) formalmente istituito nell’ambito del programma quadro “Solidarity and Management of Migration Flows” con la Decisione n.575/2007/CE del Parlamento europeo e del Consiglio.

Tutto avendo sempre presente quei principi di solidarietà, di umanità e di rispetto dei diritti inviolabili dell’uomo – che spesso restano solo sulla carta – e che sono stati richiamati (così la coscienza è a posto) anche nel decreto interministeriale sopra indicato.

Immigrazione clandestina e rimpatri, tra progetti e proclami

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