Almeno Bonafede ci prova
L’interazione tra crisi della giustizia (processi che costano troppo e non finiscono mai) e crisi della magistratura (effetti devastanti dello scandalo del CSM ) impone urgentemente severe riforme.
Il ministro Bonafede ha il merito di provarci. Siamo all’inizio di un lungo percorso (prima la legge delega; poi i decreti delegati), con una caterva di varianti possibili finché i testi non saranno scritti nero su bianco. Oltre tutto gli esordi sono burrascosi. Nel Consiglio dei ministri i rumors di rottura si alternato a quelli di accordo. Alla fine sembra prevalsa una approvazione “salvo intese” che sa tanto di escamotage.
Dunque parliamone, ma con tutte le riserve del caso. C’era il pericolo di una vendetta della politica, cioè di una riforma ispirata ad una sorta di regolamento di conti con la Magistratura (piena di difetti, ma ancora indipendente), profittando della situazione favorevole: una voragine che l’interazione fra crisi della giustizia e crisi della magistratura ha obiettivamente spalancato, fornendo ampie praterie a chi sia tentato di usare la clava invece del bisturi. Questo pericolo sembra scongiurato.
Non è infatti prevista la separazione delle carriere, che ovunque esiste (chi lo nega non sa quel che dice) comporta la subordinazione del PM – pubblico ministero – al potere esecutivo. Fine dell’indipendenza della magistratura. Un suicidio in un paese come il nostro, dove gran parte della politica guarda ancora alla magistratura come fosse terra di conquista. Rischi analoghi presenta la gerarchizzazione degli uffici: posto che una certa politica considera da sempre le cariche superiori come il mezzo più facile per provare ad ingerirsi negli affari giudiziari.
Quanto alla riduzione dei tempi delle indagini, lodevole proposito. Ma la prospettazione di sanzioni disciplinari deve essere calibrata con il massimo di cautela e attenzione. Altrimenti è un po’ come affrontare il problema delle liste di attesa negli ospedali chiamando a risponderne medici e infermieri.
In un qualche anticipo della bozza di riforma (non so se poi confermato), ho letto che si vorrebbe escludere l’esercizio dell’azione penale “quando gli elementi acquisiti nelle indagini, anche se confermati in giudizio, non consentano l’accoglimento della prospettazione accusatoria”. Francamente, così formulata mi sembra un’ipotesi astratta se non surreale.
Quanto al sistema elettorale del CSM, impossibile prendere posizione finché non si saprà (quanto meno) quale “quorum” sarà richiesto nella fase elettiva per poter accedere a quella dell’estrazione a sorte. E’ evidente infatti che tale “quorum” è decisivo per valutare il persistere o meno del condizionamento delle correnti.
Infine, inutile nascondere che sullo sfondo si staglia il vero nodo del contendere: quello della prescrizione.
La legge “spazzacorrotti” ha allineato il nostro sistema alle migliori democrazie occidentali, prevedendo che ad un certo punto (la sentenza di primo grado) la prescrizione si interrompa. Invece di decorrere all’infinito, inghiottendo – come oggi accade – un mare di aspettative di giustizia.
Il fatto di voler tenere fermo questo punto va anch’esso a merito del ministro Bonafede.
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