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CSM. Un pugno sul tavolo

Gian Carlo Caselli il . Giustizia, Istituzioni

mattarellaL’accorato intervento del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella al CSM, mentre la magistratura e la giustizia italiana si trovano a vivere una fase di sbandamento quasi senza precedenti, costituisce, pur nella sua brevità, un prezioso e compatto manuale di indicazioni e precetti – sul piano costituzionale, ordinamentale e deontologico – valido ben oltre il perimetro del mondo giudiziario.

Un manuale che ha come preambolo la constatazione nuda e cruda – in termini doverosamente duri e spietati – di un quadro sconcertante e inaccettabile che suscita grande preoccupazione, per le devastanti conseguenze che sta producendo sul prestigio e l’autorevolezza dell’ordine giudiziario.

Nelle parole di Mattarella, l’elenco degli “addebiti” ha assunto le cadenze di una vera e propria invettiva, di un discorso di accusa e di acerbo rimprovero, imperniato su un coacervo di fatti gravi e concreti rievocati con freddezza, senza alcuno sconto o indulgenza: manovre nascoste; tentativi di screditare altri magistrati; millantata influenza; pretesa di orientare inchieste e condizionare eventi; convinzione di poter manovrare il CSM; indebita partecipazione di esponenti di un diverso potere dello stato.

In sostanza, la sintesi inesorabile e sconfortante di tutte le scelleratezze che le cronache di questi giorni hanno disvelato.

Nello stesso tempo il Presidente ha ricordato (non è stata una mera clausola di stile) che esistono gli anticorpi per voltare pagina contro le degenerazioni, a partire dal dato di fatto che è stata la stessa magistratura a scoperchiare il pentolone in cui ribollivano nefandezze varie. A patto ovviamente che si recuperino quei requisiti di disciplina, onore e disinteresse (sia sul piano personale che di gruppo) che devono caratterizzare non solo il Csm ma ogni altra istituzione pubblica, insieme alla trasparenza che si pone come assoluta esigenza per cambiare davvero passo.

Il Presidente infine ha proclamato l’opportunità e necessità di modifiche normative capaci di assecondare il rinnovamento. E ha garantito che seguirà le riforme con attenzione, pur essendo fuori delle sue competenze la formulazione di proposte o ipotesi specifiche. Sottolineando nel contempo un’ovvietà (l’esigenza che le riforme siano conformi alla Costituzione) che di questi tempi non è per niente pleonastica.

Perché è inutile giraci intorno: la crisi di fiducia dell’opinione pubblica è tale e tanta che non pochi cercheranno di piegarla a vantaggio dei propri interessi di bottega. Provando a infilare fra le giuste riforme anche cascami finalizzati ad ottenere (invece di più e migliore giustizia) meno giustizia.

A vantaggio, s’intende, di tutti coloro che la legalità gli dà l’orticaria e quindi è roba da evitare, riservandola agli sprovveduti. Per esempio quei cittadini che stranamente (in un paese di ciclici condoni) si ostinano a pagare le tasse.

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