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Il principio di legalità vale anche per Salvini

Gian Carlo Caselli il . Istituzioni

costituzioneIl ministro dell’Interno attacca la procura di Agrigento. Ma i politici dovrebbero essere i primi a sottoporsi al controllo di legalità. Un sistema che in un modo o nell’altro premia chi più piace al potere mette in pericolo la democrazia

Non è vero che le cose si ripetono uguali.

Prendiamo il tema, piuttosto logoro, dei rapporti tra politica e magistratura.

Un tempo i magistrati alle prese con processi “sgraditi” a questo o quello venivano a volte indicati come avversari da colpire, anche fisicamente. Due esempi: Bossi che non esitava a “ricordare” ai Pm il costo esiguo delle pallottole; più di recente, il leghista abruzzese che ha minacciato i magistrati agrigentini del caso Diciotti con le parole (di stampo squadristico) “se toccate il Capitano vi veniamo a prendere sotto casa…occhio”.

Oggi invece non si parla né di pallottole né di agguati. Più semplicemente si ammonisce il magistrato che nell’esercizio delle sue funzioni prenda decisioni non collimanti con una certa linea politica, che “dovrà vedersela con la legge”E’ quanto ha dichiarato il ministro degli Interni Salvini – il Capitano – riferendosi anche in questo caso alla magistratura di Agrigento (caso Sea Watch).

Ora, “vedersela con la legge” è il mestiere del magistrato. Nel senso che – per legge – le sue decisioni devono sempre essere motivate e sono assoggettate ad un sistema persin troppo elaborato di verifiche e controlli interni al processo. Ma non credo che il ministro volesse dire soltanto questo. Altrimenti sarebbe banale ricordare (senza entrare più di tanto nel merito) che la legge prevede anche lo “stato di necessità” quando occorra salvare una persona dal pericolo attuale di un grave danno. Le parole del ministro hanno infatti un significato politico, che porta a chiedersi – superate le prospettazioni sul piano “fisico” – quali problemi pongano quelle sul piano “istituzionale”.

Di queste preoccupa soprattutto la curvatura che potrebbero innescare.

La Costituzione repubblicana vigente disegna una democrazia pluralista, basata sul primato dei diritti eguali per tutti e sulla separazione dei poteri, senza supremazia dell’uno sugli altri. A questa concezione si vorrebbe sostituirne un’altra, basata sul primato della politica (meglio, della maggioranza politica del momento).

Ora, è vero che in democrazia la sovranità appartiene al popolo, per cui chi ha la maggioranza ha il diritto-dovere di operare le scelte politiche che vuole. E’ però altrettanto vero che ogni potere democratico incontra dei limiti prestabiliti.

Quello principale è il principio di legalità, in base al quale tutti – nessuno escluso – debbono accettare il controllo di legalità che spetta alla magistratura, astenendosi da contestazioni astiose se non peggio.

Un obbligo che vale in massimo grado per i politici. Perché dietro l’angolo può sempre spuntare il rischio di una sorta di cooptazione del Palazzo. Cioè un sistema che in un modo o nell’altro premia chi più piace al potere (non importa, ovviamente, quale: il discorso è di architettura costituzionale, non di questa o quella maggioranza contingente).

Con grave pregiudizio per l’uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge e la qualità della democrazia.

Salvini scopre l’antimafia il 25 aprile

Huffington Post, il blog di Gian Carlo Caselli

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