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Foggia, la “quarta mafia” fa squadra

Paolo Borrometi il . Puglia

Un carabiniere in servizio presso la stazione di Cagnano Varano, in provincia di Foggia, e' rimasto ucciso durante un conflitto a fuoco avvenuto nella piazza principale del paese, 13 aprile 2019. La vittima è un maresciallo di 45 anni. I carabinieri hanno bloccato e portato in caserma un uomo che sarebbe fortemente indiziato dell'uccisione e che si trova sotto interrogatorio. ANSA/FRANCO CAUTILLO

Un carabiniere in servizio presso la stazione di Cagnano Varano, in provincia di Foggia, e’ rimasto ucciso durante un conflitto a fuoco avvenuto nella piazza principale del paese, 13 aprile 2019. La vittima è un maresciallo di 45 anni. I carabinieri hanno bloccato e portato in caserma un uomo che sarebbe fortemente indiziato dell’uccisione e che si trova sotto interrogatorio. ANSA/FRANCO CAUTILLO

L’uccisione brutale del vicecomandante della stazione di Cagnano Varano, Vincenzo Di Gennaro, riporta all’attenzione nazionale Foggia e provincia.

L’uomo arrestato, il pluripregiudicato Giuseppe Papantuono, nel corso di una perquisizione per droga appena pochi giorni fa aveva minacciato di morte i militari dell’Arma: “ve la farò pagare” aveva detto. E la reazione, purtroppo, non si è fatta attendere. Seppur un delitto, come spiega il Procuratore di Foggia Ludovico Vaccaro, che “non si inserisce in logica della criminalità organizzata”, è indice di una metodologia mafiosa ed un uso sconsiderato delle armi, propria della subcultura mafiosa.

Nel foggiano e, in particolare, nel Gargano, la Direzione Investigativa Antimafia (nella Relazione semestrale sullo stato delle mafie) aveva lanciato l’allarme: “va rilevato che le principali consorterie foggiane hanno confermato il massimo interesse verso la gestione (diretta o per il tramite della delinquenza comune) del mercato degli stupefacenti, che vanno dalla produzione e l’approvvigionamento, allo spaccio e alla distribuzione, anche extraregionale, confermando quindi un’evoluzione del fenomeno mafioso foggiano verso posizioni paritetiche con altre organizzazioni mafiose più strutturate”.

Il mercato della droga, in un territorio sempre più “zona franca dello Stato”, la fa da padrone con la violenza terrificante di clan che si spartiscono il territorio, favoriti da una subcultura strisciante che ne agevola la presenza capillare. Non solo, il forte radicamento dei clan sul territorio è determinato anche dalla matrice familiare che contraddistingue gran parte dei sodalizi mafiosi, in particolar modo dell’area garganica). Le manifestazioni mafiose sempre più presenti, e poco denunciate dai cittadini, si determinano con danneggiamenti e atti intimidatori ai danni di operatori del commercio, dell’edilizia, del turismo e dell’agricoltura, settori trainanti dell’economia del territorio.

Più in generale le mafie pugliesi fanno squadra, per la Dia, che fotografa un “avvicinamento tra camorra barese, mafia foggiana e sacra corona unita”, al punto che, in alcuni casi, la cerimonia di affiliazione di sodali baresi è stata celebrata alla presenza di un rappresentante della SCU. “Una circostanza che assume, anche sul piano simbolico, un valore non trascurabile”, lanciano l’allarme gli investigatori della Dia.

Le organizzazioni mafiose, rimanendo autonome soprattutto nel controllo militare del territorio, sono proiettate, sotto il comando delle famiglie dominanti presenti, “alla realizzazione di una sinergica struttura multi-business, con una mentalità criminale più moderna e specializzata” che consente ai clan di spaziare nei vari ambiti dell’illecito (come quello delle scommesse illegali on-line) e di affermare una tendenza espansionistica verso i settori in crescita dei mercati legali. Non bastasse tutto ciò è in atto una crescente infiltrazione negli enti locali, testimoniate anche dal numero crescente di scioglimenti per mafia, con particolare attenzione verso il business dei business delle mafie: il settore dei rifiuti.

L’economia pugliese, in gran parte basata sull’agricoltura, favorisce inoltre le finalità criminali relative allo sfruttamento umano, con su tutte il caporalato. È sempre la Dia ad affermare che vi è un accordo fra le mafie pugliesi e quelle transnazionali che “si occupano del trasporto dall’estero e dell’ingresso clandestino in Italia di immigrati” poi sfruttati nelle campagne.

Ma la vera emergenza rimane, appunto, la mafia foggiana che è tanto sconosciuta da non avere neanche un vero e proprio nome. La quarta mafia, viene chiamata, è una criminalità che unisce alla tradizione del familismo mafioso di ‘ndrangheta e camorra la modernità rappresentata dalla vocazione agli affari e all’infiltrazione nel tessuto economico-sociale. Un’attività mafiosa che spaventa – e tanto – i cittadini. Basti pensare agli attentati dinamitardi che, dall’inizio del 2019, hanno già superato la decina tra le strade del capoluogo dauno.

A differenza della mafia siciliana, che da tempo cerca la strategia della sommersione, qui la mafia sembra avere voglia di ostentare la propria forza, un po’ come accade nel napoletano.

E non è un caso se proprio la Provincia di Foggia, come Napoli, abbia un triste primato, ovvero il territorio con più persone uccise con colpi di arma da fuoco. Esattamente come accaduto con il compianto Maresciallo Vincenzo Di Gennaro.

¿Qué es la mafia foggiana?

La criminalità foggiana sottovalutata per troppo tempo

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