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Nell’America dei muri, gli Oscar della tolleranza

Pierluigi Ermini il . Migranti

27-greenbook.w700.h700E’ notizia di pochi giorni fa l’assegnazione dell’Oscar al film “Green book” un’opera bellissima che narra la storia e l’incontro tra un musicista afroamericano e un uomo italoamericano che lo accompagnerà come autista lungo una sua lunga tournè negli stati del Sud America negli anni ’60, in città e paesi dove il razzismo ancora era molto presente e pesante. Vivere due mesi insieme permetterà ai due di conoscersi, di uscire da vecchi stereotipi e dai pregiudizi sulla diversità e a diventare amici.

E’ sempre notizia contemporanea l’assegnazione di alcune statuette anche al film “Roma”, un altro capolavoro incentrato sulla storia di una famiglia sudamericana al cui interno vive una giovane governante di origine asiatica che diventerà un punto di riferimento per tutti. Addirittura salverà dall’annegamento alcuni dei bambini della famiglia.

Sempre tra gli Oscar consegnati la scorsa settimana, come non ricordare le statuette assegnate al film “Bohemian Rapsody” dove l’artista Ramy Malek (artista di origine egiziana) ha interpretato la figura di Freddie Mercury, la cui famiglia era di origine parsi, seguaci della religione Zorastrianiana i cui antenati provengono dalla Persia (l’attuale Iran).

Tre film, tre storie dove forte è il rapporto con culture, tradizioni, colori della pelle diversi, ma dove sempre si riesce a superare i limiti della diversità, trasformandola in una ricchezza, in un momento di crescita per tutti i protagonisti.

Sono invece storia di questi giorni in Italia i tanti casi di razzismo che si vanno moltiplicando: dagli attacchi social verso la cantante Emma solo per aver chiesto di tenere i porti aperti, al giovane nero che in un letto di ospedale si sente ripetere più volte da una donna “devi morire”, alla squadra di basket che in un paese del sud ha deciso di interrompere la partita e di uscire dal campo perchè un loro giovane atleta, straniero, veniva deriso dal pubblico, alla famiglia milanese che ha adottato un ragazzo senegalese e che ha trovato vicino caso scritte ostili e minacce come “ammazza il negro”, fino all’insegnante di Foligno che ha messo in un angolo e umiliato un bambino nero di fronte a tutti i suoi compagni di classe.

Intanto a Sanremo vince il cantante Mahmood, ragazzo con padre egiziano e madre italiana, tra mille polemiche e pochi giorni dopo addirittura membri autorevoli di un partito politico hanno pensato di presentare una proposta di legge per obbligare le radio a trasmettere almeno una canzone italiana ogni due straniere.

E non sono mancate critiche anche al mitico Commissario Montalbano per la recente puntata in cui si è affrontato il tema dei migranti, dove il poliziotto addirittura si è buttato in mare per salvare un povero profugo che stava per annegare. In questo caso la più bella risposta è venuta proprio da Camilleri che ha scritto: “Nel mio libro ho raccontato esattamente quello che avveniva alcuni anni fa quando la guardia costiera portava a terra centinaia di migranti raccolti in mare. Allora era possibile. Se questo è polemica, non so che farci. È cronaca, è storia. Allora forse avevamo più cuore di quanto non abbiamo oggi”.

Quanto sta accadendo fa capire sempre più come il mondo della cultura, dove maggiore è l’apertura al confronto, sia determinante nel favorire la convivenza pacifica tra le persone.

Cinema, musica, teatro, letteratura, in altre parole la conoscenza e l’apertura all’altro, sono il modo principale per uscire da una spirale che sta facendo tornare indietro di anni anche il nostro paese, alimentata da un clima politico che tollera tutto quanto sta accadendo, che spinge a trasformare in nemico coloro che fino a poco tempo fa non lo erano.

E visto che la politica sembra non avere interesse a fermare questa pericolosa spirale, spetta alla società civile, alla scuola, al mondo della cultura intervenire.

E mi sembra veramente bello che nel paese di Trump, dell’uomo che vuole costruire il muro tra America e Messico, che più di tutti sta cercando di chiudere le porte allo “straniero”, il mondo del cinema decida di assegnare la maggior parte delle statuette a film che trattano il tema dell’integrazione, della lotta al razzismo, dell’incontro tra uomini come momento di conoscenza della diversità, richiamando tutti noi, amanti del cinema, a una riflessione personale e a una ribellione delle proprie coscienze verso chi ci sta portando nuovamente a stagioni di conflitto e di intolleranza.

Genova e l’Italia pensando a Fabrizio De Andrè

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