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LIBERA PRESENTA LA RICERCA
SULLA PERCEZIONE E PRESENZA DELLE MAFIE E DELLA CORRUZIONE IN LOMBARDIA
Un lombardo su tre (29,5%) considera la mafia un fenomeno marginale.
Tra le attività principali della mafia in Lombardia vi è innanzitutto il traffico di stupefacenti (64,3%), appalti truccati (36,5%) lavoro nero (26,8%).
Otto intervistati su dieci ritengono molto o abbastanza diffusa la corruzione a livello regionale.
Un intervistato su quattro dichiara di conoscere personalmente o di aver conosciuto in passato qualcuno che ha ricevuto o offerto tangenti o altri favori indebiti.
Otto intervistati su dieci ritengono che le persone non denuncino di fronte a fenomeni corruttivi per paura delle conseguenze.
Per otto intervistati su dieci i beni confiscati rappresentano una risorsa per il territorio.

La Lombardia: una regione in cui emerge una concezione della politica come di una sfera “altra” rispetto al proprio vissuto quotidiano, un tema sul quale ci si informa ma senza partecipazione diretta. Si riduce anche la tendenza all’associazionismo: Un rispondente su due non aderisce ad alcuna associazione, mentre la maggior parte degli associati dedica il suo tempo a un solo gruppo. Tra questi, prevalgono quelli di volontariato sociale (41,0%), sportivi (29,7%) e culturali (22,6%).
Una regione dove la mafia viene percepita come fenomeno marginale, o comunque non socialmente pericoloso. Una regione dove la corruzione è abbastanza diffusa nella percezione e nelle esperienze dei cittadini. Con una sfiducia soprattutto nei confronti di membri del governo e del Parlamento e dei partiti. E dove chi potrebbe o dovrebbe denunciarla ha paura delle conseguenze o sfiducia nelle Istituzioni.
La fotografia sulla percezione e presenza delle mafie e della corruzione in Lombardia è stata scattata da Libera che questa mattina, presso GRATTACIELO PIRELLI – VIA FABIO FILZI 22 SALA GHILARDOTTI – MILANO, ha presentato il rapporto LiberaIdee, una ricerca sociale su 495 questionari pari al 4,8% del campione nazionale.
Alla presentazione, aperta dai saluti di Monica Forte, Presidente Commissione Antimafia Lombardia e di Luigi Guarisco, Referente di Libera Lombardia hanno partecipato Fernando dalla Chiesa, sociologo e docente universitario e Lorenzo Frigerio, Coordinatore di Libera Informazione.

Il rapporto verrà inviato a tutti i Sindaci, Assessori e Consiglieri Comunali di tutti i comuni lombardi, oltre che al Presidente della Regione, agli Assessori e ai Consiglieri Regionali.
Politica. L’auto-collocazione politica dei rispondenti in Lombardia appare coerente con il quadro emerso a livello nazionale, ma con una quota più ampia di coloro che dichiarano di appartenere al centro-destra (20,8% a fronte del 14,0%). I giovani tra i 18 e i 25 anni si collocano in misura superiore alla media nel centro-destra, mentre i giovanissimi under 18 rifiutano più frequentemente la tradizionale ripartizione tra destra e sinistra. Gli adulti – dai 26 anni in avanti – appartengono più frequentemente al centro-sinistra, una tendenza che cresce all’aumentare dell’età.
I più giovani – soprattutto gli under 18 – sono in media meno politicamente impegnati, dichiarano in misura maggiore un generale disinteresse per la politica e ritengono che questa debba essere appannaggio di persone competenti.
Soltanto il 13,6% dei rispondenti si ritiene politicamente impegnato, mentre il 51,7% dice di tenersi informato ma senza partecipare. Il 22,1% dichiara che la politica non gli interessa o che genera disgusto.
Partecipazione ed associazionismo. Prevale una ridotta tendenza all’associazionismo, in linea con quanto emerge nella popolazione indagata a livello nazionale. Un rispondente su due non aderisce ad alcuna associazione, mentre la maggior parte degli associati dedica il suo tempo a un solo gruppo. Tra questi, prevalgono quelli di volontariato sociale (41,0%), sportivi (29,7%) e culturali (22,6%).
Globale è locale. Il fenomeno mafioso è percepito da otto intervistati su dieci come un fenomeno globale, mentre di fatto quasi nessuno ritiene che i gruppi mafiosi siano presenti solo nel Sud del paese.
Guardando alla presenza sul territorio, i lombardi intervistati considerano la mafia un fenomeno marginale (29,5%) o comunque non socialmente pericoloso (26,3%). Solo il 32,3% degli intervistati considera la mafia in Lombardia preoccupante e socialmente pericolosa.
Secondo i rispondenti, tra le attività principali della mafia in Lombardia vi sono il traffico di stupefacenti (64,3%), la turbativa di appalti (36,5%), il lavoro irregolare (26,8%), il riciclaggio di denaro (25,8%) e la corruzione dei funzionari pubblici (21,1%). Appalti truccati e riciclaggio di denaro, in particolare, sono segnalati in misura significativamente superiore alla media nazionale, insieme a alle false fatturazioni, false perizie e falsi collaudi, mentre i fenomeni di pizzo ed estorsione appaiono sottostimati rispetto a quanto emerge a livello nazionale.
Corruzione. La percezione della diffusione della corruzione in Lombardia risulta leggermente più elevata rispetto al campione nazionale (78,8% a fronte dal 73,4%). In particolare, oltre la metà dei rispondenti (56%) ritiene che la corruzione sia “abbastanza” presente nel territorio regionale, mentre oltre uno su cinque (22,8%) la ritiene molto diffusa.
Più convinti della limitata estensione del fenomeno sono i giovani e giovanissimi.
Circa un rispondente lombardo su quattro (23,6%) dichiara di conoscere personalmente o di aver conosciuto in passato qualcuno coinvolto in pratiche corruttive (aver ricevuto o aver offerto tangenti e/o favori indebiti): si tratta di una quota elevata ma inferiore a quella nazionale, pari al 30,5%. La conoscenza diretta è più diffusa tra gli adulti e gli ultra-sessantacinquenni.

Chi potrebbe o dovrebbe denunciarla ha paura delle conseguenze – 82,1% delle risposte – o ritiene corrotti anche gli interlocutori cui dovrebbe presentare la denuncia (35,0%), o pensa non succederebbe nulla (34,3%), o valuta la corruzione difficile da dimostrare (32,5%) o, ancora,ritiene la corruzione un fatto normale(22,4%).
È la sfera politica il principale bersaglio selettivo della sfiducia: il coinvolgimento nella corruzione viene considerato significativo nei confronti di membri del governo e del Parlamento (48,7%) e dei partiti (48,5%). Il distacco è evidente soprattutto nei confronti della politica più “distante”, basti pensare che la percentuale di sfiducia verso gli amministratori locali quasi si dimezza (27,3%). Mentre il settore degli appalti –con 47,5% –si conferma “area sensibile” al rischio corruzione, non ne sono immuni il mondo dell’imprenditoria (37,8%) e della finanza (17,8%), e appena il 10,5% indirizza il proprio malcontento sugli impiegati pubblici in generale.
Mafie straniere. Sette rispondenti su dieci ritengono che in Lombardia vi sia la presenza di organizzazioni criminali di origine straniera con caratteristiche similari alle mafie tradizionali italiane. Consistente è anche la percentuale di coloro che non sono in grado di prendere posizione sul tema. Più di quattro rispondenti su dieci affermano di non essere in grado di identificare esattamente l’origine dei gruppi mafiosi stranieri più diffusi nel territorio regionale. Tra coloro che rispondono in modo puntuale alla domanda, invece, prevale l’indicazione della mafia di origine cinese, in misura sensibilmente superiore alla media nazionale (25,4% a fronte del 16,6%), e a seguire quella albanese (12,6%) e balcanica (9,9%).
Beni Confiscati. Il 62,4% degli intervistati sanno che i beni che sono stati confiscati vengono poi dati in uso per fini istituzionali o sociali. Di rimando è poco diffusa la conoscenza relativa ai beni confiscati sul territorio regionale: il 41,0% non è a conoscenza di beni confiscati presenti sul territorio. Coerentemente sono scarse le conoscenze dei progetti di riutilizzo dei beni confiscati attivi in Lombardia (26,3%), mentre è alta la quota di coloro che non conoscono alcun progetto attivo in regione (43,6%). Per otto intervistati su dieci i beni confiscati rappresentano una risorsa per il territorio, capace di portare benefici all’intera comunità locale attraverso investimenti e progetti di riutilizzo. Minoritarie le posizioni di coloro che pongono in relazione il valore positivo dei beni confiscati alla possibilità di venderli per contribuire al bilancio pubblico (10,4%).
Secondo i rispondenti, i beni confiscati dovrebbero essere destinati in misura prioritaria a cooperative orientate all’inserimento lavorativo dei giovani (30,1%), a progetti di volontariato sociale (22,4%) e alla realizzazione di luoghi pubblici di aggregazione e di educazione alla cittadinanza (21,0%).

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